L’antimafia e il ritorno
della zona grigia

Società | 20 luglio 2025
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La lotta alla mafia, sicuramente in Sicilia, è connaturata alla lotta politica per ragioni storiche, per la compromissione di classi dirigenti politiche, imprenditoriali, e per quella “neutralità cattiva” di una parte del mondo professionale che abbiamo imparato a definire “borghesia mafiosa”. Il mondo dell’antimafia, che sia sociale piuttosto che politica ed economica, educativa o territoriale, a parte alcune fasi acute della storia di Palermo, è costantemente segnato dalla ricerca di differenze tra chi milita nello stesso campo.
Vocazione minoritaria, settarismo o elogio della chiarezza? Forse tutte le cose insieme. In ogni caso, il grande tema è quello di sfondare il muro dell’indifferenza se si intende “muovere” la città.
Padre Scordato e padre Romano, e su queste pagine Alfredo Morvillo ed un qualificato gruppo di dirigenti scolastici impegnati a fondo dentro la scuola, luogo tra i più significativi dell’impegno antimafia, hanno deciso di rompere il silenzio per cambiare il “registro” dell’attuale dibattito, che si presenta sempre più povero di idee ma ricco di distinguo.
Nel frattempo, a Roma, presso la più inconsistente delle Commissioni antimafia a memoria d’uomo, si tenta di fare riscrivere al generale Mori la storia della mafia e dell’antimafia attraverso una ricostruzione offensiva dell’azione giudiziaria di Borsellino e una sottovalutazione interessata della strategia eversiva di quei due anni. Seppellire ancora una volta la verità sulle stragi: questo sembra, come fu a partire da Portella della Ginestra, il vero obiettivo che viene perseguito. Sarà bene che le opposizioni comincino a scriverla, la prossima relazione di minoranza alla Commissione antimafia.
E poi, quel certo “garantismo” che trasuda in Parlamento teso a ridimensionare la legge Rognoni-La Torre ed il codice antimafia. Su questi grandi temi si giocherà la partita e andrà combattuta fino in fondo.
L’associazionismo antimafia, lungi dall’essere moderna “cinghia di trasmissione” del sistema dei partiti, o del governo di turno, deve sapere tracciare una propria rotta e proprie discriminanti sapendo che ormai è sostanzialmente sulle sue spalle che regge l’iniziativa antimafia. Ed ha il compito di pretendere almeno una verità storica su quello che è successo negli anni ‘80/’90 e di impedire che la morsa di cosa nostra torni ad essere padrona della scena.
La ferita dello scorso 23 maggio è dura da superare perché ha umiliato tante ragazze e ragazzi che sono impegnati in questa battaglia. Ma c’è ancora un obiettivo più alto ed è quello di costruire un “programma” dell’antimafia, al cui centro ci sia il territorio, la scuola e l’università, il mondo del lavoro. E la verità. Loro, quelli che Attilio Bolzoni titola “Immortali”, hanno un peso nelle decisioni, sanno gestire il lavoro sporco “tra le linee”, hanno saputo ricostruire la “governance” dell’area grigia. Sono il punto d’incontro tra politica e mafia. E su questo nesso devono sapere intervenire la società civile e l’associazionismo. Questo deve essere il posto dell’antimafia, quello di sapere interpretare movimenti e novità dell’azione mafiosa. Ed a questo appuntamento non può mancare.
Palermo sta diventando una città di violenza diffusa; le estorsioni sembrano essere tornate quelle di un tempo mentre i luoghi dello spaccio si moltiplicano. Ma un governo che si professerebbe per l’ordine e la sicurezza non dice una parola, neppure di circostanza. Il ministro degli Interni ha qualcosa da dire? Il capo della polizia ed il comandante dei carabinieri hanno qualcosa da fare? Il sindaco di Palermo ha lanciato l’allarme: ci saranno conseguenze tangibili oltre le prevedibili riunioni del comitato per l’ordine e la sicurezza come da prassi? Bisogna riconnettere tutti i fili dell’antimafia, insomma, e per farlo è necessaria capacità di ascolto e chiarezza di obiettivi. Palermo è l’unica città d’Italia che ha mantenuto una forte tradizione del movimento antimafia. Nostra responsabilità comune sarà quella di non disperderla.
Testo pubblicato da Repubblica Palermo il 18 luglio 2025

 di Emilio Miceli

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