Spataro: così la rete sviluppa il senso della politica tra i giovani

“Il ruolo dei cristiani nella democrazia italiana” è il titolo dell’incontro
tra i responsabili dell’associazionismo cristiano organizzato
dalla Consulta delle Aggregazioni Laicali, l’Istituto Gonzaga, La Civiltà Cattolica,
l’Istituto Arrupe e Aggiornamenti Sociali presso l’Istituto di
Formazione Politica “Pedro Arrupe” di Palermo. Dopo i saluti di monsignor Corrado
Lorefice, Arcivescovo di Palermo, è intervenuto Antonio Spadaro SJ, gesuita,
giornalista e teologo, attuale direttore de “La Civiltà Cattolica”.
Il contesto
politico in cui viviamo sembra avere perso ogni contatto con la realtà:
apparire anche dal punto di vista delle fede religiosa, più che “essere” o
“fare”, sembra essere il segno distintivo. Qual è il suo punto di vista?
Il
rischio in questo momento è di avere una visione falsa della realtà. Cioè che
per il successo elettorale si fornisca uno sguardo sulla realtà che non è uno
sguardo oggettivo, che non è uno sguardo soprattutto aperto alla speranza, al
futuro, ma uno sguardo che accentua molto le paure, le divisioni e le ansie.
Ansiogeno, sostanzialmente. Che fa spaventare la gente e che quindi spinge a
fare delle opzioni di conservazione che non servono poi a molto. Quindi, a ragione,
c’è uno scarso senso della realtà nel senso che viene esagerata la
conflittualità, la tensione, gli elementi di ansia e di paura.
Come
valorizzare e organizzare le nuove e molteplici forme di partecipazione alla
vita politica?
Non
c’è una ricetta unica. Mi sembra interessante verificare come la rete sia
indubbiamente un luogo molto rischioso, ma anche molto interessante. E’ grazie
alla rete che purtroppo si diffondono sentimenti di odio e di conflittualità,
ma allo stesso tempo è anche grazie alla rete che è possibile aggregarsi e
diffondere messaggi differenti. E’ importante oggi, secondo me, anche
incontrarsi, usare o vivere la rete come un luogo di aggregazione anche fisica.
Lo vediamo oggi con tanti fenomeni: quello delle sardine può essere giudicato
in un modo o in un altro, ma certamente c’è una dimensione fisica di
aggregazione che permette alle persone di condividere, di confrontarsi, di
dialogare sui temi. E questo, secondo me, è importante.
Quali sono i
segni di speranza e le possibili alleanze?
Bisogna
vedere nel concreto. Una cosa che mi sento di poter dire è che c’è
un’italianità che è fatta di umanità, di apertura, di valutazione della
situazione dell’altro, di disponibilità nel momento del bisogno, che sono quei
valori fondamentali, di base, che costruiscono la nazione come una comunità di
vita.
Quali sono i
segni distintivi nei quali riconoscersi effettivamente popolo di Dio?
Certamente
uno di questi segni è la solidarietà. Se c’è solidarietà, se ci si fa carico
del problema dell’altro allora significa che ci sono dei legami sociali vivi.
Se non altro si è attenti. Cioè se io vedo una persona che sta affogando e la
prima cosa che penso è che quello è un nemico, significa che stiamo
distruggendo la nostra umanità. Allora è chiaro che l’accoglienza pone dei
problemi che vanno affrontati. Ma se la prima reazione del cuore è quella di
vedere in quell’uomo che sta affogando un pericolo e che quindi bisogna
lasciarlo affogare, allora qui stiamo distruggendo una dimensione fondamentale
dell’essere umano. Quindi la solidarietà è un segno fortissimo.
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