Rubrica



Lo Monaco: le nuove mafie sparano di meno e corrompono di più

Il presidente del Centro Pio La Torre all'Agora palermitana del Pd: una efficace politica di contrasto alla criminalità organizzata deve partire dai diritti sociali, dagli esclusi, dal dialogo

Alida Federico

Un documentario per Pio La Torre e Rosario Di Salvo

Minerva Pictures annuncia un biopic scritto e diretto da Walter Veltroni: a 40 anni dalla scomparsa, il ritratto di un eroe della lotta alla mafia


Palermo ricorda la strage senza verità Mattarella: impegno per sconfiggere la mafia

A 29 anni dall'eccidio di via D'Amelio il presidente della Repubblica sottolinea che "Paolo Borsellino, e come lui Giovanni Falcone, sapevano bene che la lotta alla mafia richiede una forte collaborazione tra Istituzioni e società. Per questo si sono spesi con ogni energia. Onorare quei sacrifici, promuovendo la legalità e la civiltà, è un dovere morale che avvertiamo nelle nostre coscienze". Lo Monaco: lo Stato s'impegni ad eliminare le ombre su quei tragici fatti

Angelo Meli

Il virus mafioso che uccide le aziende al Nord


Isaia Sales

Green Spass, a Catania una patente per il teatro

Ironia e intelligenza nel teatro del Giardino Fava. Nove spettacoli e quarantacinque repliche organizzati da Fabbricateatro, Cts e Gruppo Iarba/Gria


Un filo nero lega i delitti La Torre e Mattarella

Verità inquietanti dalla ricostruzione che il giudice Giovanni Falcone fa, il 22 giugno del 1990, davanti alla Commissione Antimafia dell’omicidio dell’ex presidente della Regione siciliana: «Nel corso di faticose istruttorie abbiamo trovato tutta una serie di riscontri che per brevità ometto e che ci hanno portato a dover valutare il fatto che queste risultanze probatorie fossero conciliabili con una matrice e quindi con dei mandanti sicuramente all’interno della mafia, oltreché ad altri mandanti evidentemente esterni»

Angelo Meli

Il silenzio dei giorni antichi per comprendere come cambia la società

Il romanzo di Rosa Maria Di Natale parte da un caso di cronaca per raccontare il dramma mai risolto della vita omosessuale. Il paesino di Giarre diventa Giramonte e Matteo e Saverio hanno le sembianze dei ragazzi Giorgio e Toni, assassinati


In memoria di Borsellino e della sua scorta



Giustizia penale in affanno, i ritardi della Sicilia

Con quasi 25 mila procedimenti pendenti l'Isola si pone tra le regioni più disagiate. Una montagna di fascicoli che non rispetta i due anni di tempo che la riforma della giustizia penale assegna come limite tollerato per la definizione, pena l’improcedibilità. In testa spicca Catania con 13.582 processi pendenti e 1247 giorni medi di attesa per arrivare a sentenza; segue Palermo con 7179 procedimenti e 445 giorni; Messina 1901 processi e 228 giorni e Caltanissetta 1274 cause e 293 giorni. In tutta Italia le cause in attesa sono quasi 190 mila


La vulnerabilità delle straniere in Italia

Oltre la metà degli immigrati è di sesso femminile, 2.607.959 pari al 51,8%, e in una situazione di maggiore fragilità rispetto agli uomini per quanto concerne la condizione professionale. Che, come spiega Openpolis, aumenta nel caso delle giovani (15-34 anni) che né lavorano né sono inserite in un percorso di studio o formazione (Neet) e che, nel 2020, sono state circa 214mila, più del doppio dei maschi (104mila). Scontano una doppia fragilità: la condizione di donna e quella di straniere. La prima le espone di più all’inattività, la seconda alla disoccupazione


La legge dell'Ars contro la povertà è povera

Anche se in forte ritardo, l'Assemblea regionale ha approntato i primi strumenti per lenire il disagio in cui vive quasi un milione di siciliani. Stanziando, però, solo 15 milioni di euro. Una cifra simbolica rispetto alle reali necessità. Occorre mettere in campo tutti gli strumenti disponibili, a partire dal Reddito di cittadinanza che va rivisitato, e sfruttare le significative disponibilità finanziarie messe a disposizione dall'Europa su cui si gioca il futuro dell'intero Paese

Franco Garufi

Canicattì adotta il supertestimone di Livatino

Pietro Ivano Nava, l'uomo che incastrò i killer del giudice ora beato, a 31 anni dall'agguato diventa cittadino onorario del comune agrigentino. “Quel giorno sono morto assieme a lui, mi sono caricato sulle spalle una croce che continuo a portare ancora oggi”, rivela l'ex rappresentante di commercio originario di Sesto San Giovanni che si trovò passare sulla strada maledetta nel momento dell'assassinio

Enzo Gallo