La Chiesa tra silenzio e scomunica, difficile rapporto coi mafiosi

Cultura | 7 febbraio 2020
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Dalla Chiesa del silenzio alla scomunica: il rapporto tra mafia e Chiesa è passato dalla complicità all'anatema portando in dote, come pegno del cambiamento, il sangue di due suoi figli, padre Pino Puglisi e don Peppe Diana. È un passaggio dell'”Evoluzione dell'impegno antimafia delle religioni nell'Italia repubblicana”, tema al centro della quinta conferenza del Progetto educativo antimafia e antiviolenza promosso dal Centro studi Pio La Torre.

A discuterne, al cinema Rouge et noir di Palermo sono stati: Peter Ciaccio, pastore della Chiesa Valdese di Palermo e Adham Darawsha, assessore alla Cultura del Comune di Palermo, moderati dal vicedirettore del Giornale di Sicilia, Marco Romano.

“C'è stato per anni questo falso mito del 'mafioso benigno', a fronte di un delitto considerato come un fatto individuale di fronte al quale si era solo personalmente responsabili, senza alcuna responsabilità sociale. Oggi invece parliamo di peccato strutturale: il nostro è un popolo che si deve liberare dalla schiavitù della mafia”. È l'appello lanciato da Padre Francesco Michele Stabile e che sintetizza l'evoluzione della percezione del fenomeno mafioso.

Padre Stabile, che è stato vicario episcopale del cardinale Salvatore Pappalardo, autore della durissima omelia contro la mafia pronunciata ai funerali del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa e della moglie Emanuela Setti Carraro, ha ricostruito il clima di oppressione di quegli anni, “A partire da quel cortile deserto al carcere Ucciardone dove la messa della vigilia di Pasqua fu disertata dai detenuti, come risposta all'omelia di Pappalardo. Per questo – ha concluso – è una memoria di lotta e liberazione quella che portiamo avanti oggi nelle scuole”. Un rapporto, quello tra mafia e chiesa, definito “viscerale” da Marco Romano, sia in termini di opposizione che di complicità”.

“Nei secoli non sempre le Chiese sono state attente: è successo con le dittature, ma anche con la mafia – ha detto Peter Ciaccio – la mancata comprensione del fenomeno ha portato a una sua sottovalutazione. Per fortuna c'è stata una presa di coscienza della stessa Chiesa: come rappresentante di quella Valdese cito il manifesto affisso da Pietro Valdo Panascia a Palermo nel 1963, dopo la strage di Ciaculli, che ricordava il comandamento divino 'Non uccidere'”.

“La mafia è prevaricazione e il terrorismo islamico che ha usato la dottrina per giustificare ogni crimine, come l'Isis, per me è mafia. L'errore comune che si fa è l'indifferenza o la sottovalutazione dietro l'alibi 'non ci riguarda', ha detto l'assessore Adham Darawsha.

Circa 800 i partecipanti all'incontro, tra studenti siciliani presenti in sala, alunni in videoconferenza di altre regioni, e detenuti dalle carceri di Trieste e Catania che hanno potuto rivolgere anche domande ai relatori. “La Chiesa è più potente della Mafia?” è una delle domande arrivate dall'utenza in videoconferenza. “Potremmo considerare il potere come un valore aggiunto, una presa di coscienza per la Chiesa?”, ha chiesto il vicedirettore Romano a padre Stabile. “La parola potere mi fa paura – è stata la risposta del sacerdote – meglio usare 'autorevolezza'. Il valore lo dà la dignità umana”.

“Abbiamo lanciato un appello trasversale ai rappresentanti di diverse fedi religiose per confrontarci sul contrasto alla mafia - ha detto Vito Lo Monaco, presidente del centro Pio La Torre - per ribadire che ogni Chiesa ha l'autorità morale nella prevenzione della criminalità. Un messaggio che ribadiremo con la riedizione della marcia antimafia da Bagheria a Casteldaccia il prossimo 26 febbraio alla quale parteciperanno credenti e non, e con la prossima conferenza il 6 marzo sulla violenza di genere, perché ogni violenza è un brodo di coltura delle mafie”.

Antonella Lombardi



Anche alcuni studenti presenti alla conferenza hanno detto la loro riguardo al tema trattato: “La mafia utilizza la religione come strumento per ripulire le proprie coscienze da quegli atti disumani di cui abbiamo parlato e che abbiamo analizzato oggi” - risponde Giulia, studentessa dell’Istituto Pio La Torre, a cui era stato chiesto del motivo per cui la mafia ricercasse l’appoggio della chiesa, mentre Francesca della VB del Liceo F. Scaduto sottolinea la strumentalizzazione dell’apparato ecclesiastico solo a fini politici: “La chiesa, avendo un forte impatto sulla gente, è ancora oggi uno dei più forti strumenti che la mafia utilizza per accaparrare credibilità, visibilità e potere”

Federica, anch’essa studentessa del Liceo di Bagheria, evidenzia quanto sia difficile per la chiesa dare un forte segnale di repulsione, data la nuova natura delle organizzazioni criminali che agiscono in modo più velato e nascosto rispetto al passato: “Nonostante gli sforzi di Papa Francesco, che in discorsi pubblici come quello fatto al Foro Italico l’anno scorso e in altre occasioni che abbiamo avuto modo di vedere nei contenuti video proiettati oggi ha sottolineato la negazione e la scomunica alle organizzazioni di stampo mafioso, nel concreto la chiesa trova tante difficoltà nel controllo dei propri organi”.

Parla Dean, ragazzo guineano studente al quinto anno dell’Istituto F. Ferrara che sottolinea quanto la natura delle organizzazioni mafiose sia di base opposta e contraria ai principi fondanti della religione tutta: “Io penso che la religione abbia un ruolo importantissimo nel cambiare la situazione attuale: penso anche che sia fondamentale conoscere i valori della religione, indipendentemente dal credo personale, per poter capire quanto la mafia e la chiesa siano diverse. Nella storia abbiamo avuto Padre Pino Puglisi, Padre Diana e Papa Francesco, personaggi che sono stati protagonisti dell’antimafia non solo nelle istituzioni della chiesa”.

Marco La Piana

 di Antonella Lombardi

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