Cuffaro, la mafia e la politica ovvero il “ritorno del principe”
L'analisi | 6 marzo 2024
“La mafia fa schifo”, dice Salvatore Cuffaro. E lo dice in diverse occasioni, costretto a calcare le tavole dei vari palcoscenici per dare corso alla campagna elettorale per il Parlamento europeo.
Che la mafia faccia schifo, per fortuna, lo sappiamo in molti e non avvertiamo il bisogno di sentircelo dire da Totò Cuffaro da cui certamente la società civile non ha nulla da imparare. Peraltro anche se il termine è particolarmente abusato, non mi pare che sia idoneo a manifestare la propria contrarietà alla mafia.
Ma Per Totò Cuffaro quest’affermazione rimane uno slogan di presentazione, quasi fosse un motto da scrivere nel proprio biglietto da visita; come se volesse ricordare a tutti che lui i contatti con la mafia li ha chiusi da tempo.
Eppure ora apprendiamo con inaspettato stupore, che Cuffaro è un uomo libero in tutti i sensi.
“Ma come?”, si chiede qualcuno un po’ più informato degli altri. Vero è che ha scontato la pena a sette anni per favoreggiamento alla mafia ma gli rimane, pur sempre, da scontare la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
E allora ricostruiamo la vicenda anche per venire incontro a chi, appresa la sgradevole notizia, rimane ad arrovellarsi il cervello per cercare di capire come possano verificarsi certi “miracoli” all’insaputa di tutti.
Avviene dunque che il Tribunale di sorveglianza, con apposito provvedimento, concede a Cuffaro – scontata la pena – la riabilitazione, senza però dichiarare estinta la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tuttavia lo stesso Tribunale, con ordinanza integrativa rispetto al precedente provvedimento, dichiara estinta anche la pena accessoria perpetua dell’interdizione dai pubblici uffici, ritenendo non applicabile la cosiddetta legge “Spazzacorrotti” perché ritenuta norma più sfavorevole, non ancora vigente al momento della sentenza e dei fatti di reato contestati. La cosa strana è che il Tribunale del riesame emette l’ordinanza in assenza di giurisprudenza a favore o contro e in assenza di dottrina.
Dunque il giudice, utilizzando retroattivamente una legge non ancora in vigore e in assenza di altre pronunce, ha applicato il principio del “favor rei”.
“Cos’è?”, si chiede il cittadino comune che, al di là della traduzione letterale non saprebbe trovare una interpretazione soddisfacente. È quel principio per il quale in presenza di approvazione di una nuova legge che ne sostituisca la precedente per uguali fattispecie di reato, si applica al condannato quella più favorevole, anche retroattivamente.
Ecco, in questi casi, il reo non può non godere di quelle condizioni favorevoli. E così dunque per motivi assolutamente casuali che non hanno a che vedere con il merito della condanna, l’interdizione dai pubblici uffici, non è più perpetua. E Cuffaro può dunque essere totalmente riabilitato.
Ma non basta, perché questa nuova situazione gli consente potenzialmente di candidarsi alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.
E allora dobbiamo fare un altro tipo di ragionamento che non riguarda più solamente Cuffaro ma Cuffaro e la “democrazia cristiana”. Perché non credo di sbagliarmi se noto che il “mitico ex governatore della Sicilia” sia proiettato verso questo obiettivo. Anche perché non possiamo negare che l’ex presidente non ha mai fatto un chiaro atto di contrizione; si è solo limitato a dire che, poiché c’è un Tribunale che lo ha condannato definitivamente, è giusto scontarne la pena. Come se fosse una forma di (falso) rispetto per le istituzioni.
Però è sempre rimasto della sua idea secondo la quale non avrebbe mai posto in essere un patto con cosa nostra al fine di poterne ottenere vantaggi politico-elettorali. Piuttosto, continua a sostenere che la condanna che lo riguarda è inerente a un singolo episodio soltanto, verificatosi nei confronti del suo amico medico Mimmo Miceli (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) e, indirettamente, nei confronti di Giuseppe Guttadauro (capomandamento di Brancaccio). Tutte le affermazioni di tal genere rese da Cuffaro, invero cozzano con le motivazioni scritte dalla Cassazione, dove si evidenzia che Cuffaro sapeva perfettamente che stava fornendo aiuti concreti al sodalizio mafioso.
Ma in fin dei conti, non è neanche questo l’argomento importante in questo momento. L’argomento più preoccupante è piuttosto il “ritorno del principe”. Proprio così: il principe è tornato, più in forma che mai, rinfrancato, rigenerato e purificato da ogni colpa; con la spada sguainata, pronto a ricominciare daccapo perché lui è pur sempre il capo della democrazia cristiana in Sicilia; la gente plaude ed è felice di avere ritrovato il condottiero senza il quale nessuno avrebbe potuto riaprire il percorso politico che Cuffaro si accinge a compiere.
Peraltro mi è capitato di leggere un’agenzia Ansa che virgoletta: “È una DC nuova che fa ammenda delle responsabilità e degli errori del passato e vuole riprendere il filo della storia di Sturzo, De Gasperi, Aldo Moro. Vuole tornare a essere un partito che difende i valori non negoziabili, come la famiglia, l’accoglienza, la solidarietà”.
L’accostamento della nuova Dc a guida Cuffaro con Sturzo, De Gasperi e Moro fa venire la pelle d’oca. Non basta. Totò Cuffaro (che della nuova democrazia cristiana è il nuovo commissario) vuole fare rinascere un partito che stia “dentro i cardini e i princìpi della legalità”. Cosa che sarebbe non solo assolutamente auspicabile ma anche fuori discussione; un partito che fondi i propri principi nella legalità non fa niente di trascendentale se non stare nelle logiche della politica (quella onesta, integra, incorruttibile).
Ma davvero Cuffaro pensa che avere scontato la condanna penale per i reati commessi voglia significare aver dato un colpo di spugna al passato?
O non è forse vero che, al di là della questione penale, c’è una questione morale che non può essere sottovalutata?
E con quale coraggio – o forse dovremo aspettarci che tiri fuori la pur vecchia ma sempre utile arroganza? – pensa di presentarsi alla collettività, alla società civile alle quali dovrà dare lezioni di democrazia e di legalità.
E comunque mi pare che proprio in questo campo non inizi proprio bene, se è vero che in tema di campagna elettorale pensa a una eventuale alleanza con l’europarlamentare Francesca Donato, siciliana eletta nelle liste della Lega. Sarebbe un accoppiamento veramente improbabile accogliere nel proprio partito un soggetto che viene da un mondo politico assolutistico e dispotico.
Io credo che se veramente Cuffaro avesse voglia di riaccreditarsi nella società civile, farebbe bene a lasciare la politica, ringraziare la Dea fortuna per aver potuto usufruire del diritto del “favor rei” e godersi la vita da pensionato in libertà magari frequentando la “bocciofila”.
Per quanto riguarda l’ordinanza di revoca dell’interdizione dai pubblici uffici, rimango in uno sconsolato ma riflessivo silenzio.
di Elio Collovà
Che la mafia faccia schifo, per fortuna, lo sappiamo in molti e non avvertiamo il bisogno di sentircelo dire da Totò Cuffaro da cui certamente la società civile non ha nulla da imparare. Peraltro anche se il termine è particolarmente abusato, non mi pare che sia idoneo a manifestare la propria contrarietà alla mafia.
Ma Per Totò Cuffaro quest’affermazione rimane uno slogan di presentazione, quasi fosse un motto da scrivere nel proprio biglietto da visita; come se volesse ricordare a tutti che lui i contatti con la mafia li ha chiusi da tempo.
Eppure ora apprendiamo con inaspettato stupore, che Cuffaro è un uomo libero in tutti i sensi.
“Ma come?”, si chiede qualcuno un po’ più informato degli altri. Vero è che ha scontato la pena a sette anni per favoreggiamento alla mafia ma gli rimane, pur sempre, da scontare la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
E allora ricostruiamo la vicenda anche per venire incontro a chi, appresa la sgradevole notizia, rimane ad arrovellarsi il cervello per cercare di capire come possano verificarsi certi “miracoli” all’insaputa di tutti.
Avviene dunque che il Tribunale di sorveglianza, con apposito provvedimento, concede a Cuffaro – scontata la pena – la riabilitazione, senza però dichiarare estinta la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Tuttavia lo stesso Tribunale, con ordinanza integrativa rispetto al precedente provvedimento, dichiara estinta anche la pena accessoria perpetua dell’interdizione dai pubblici uffici, ritenendo non applicabile la cosiddetta legge “Spazzacorrotti” perché ritenuta norma più sfavorevole, non ancora vigente al momento della sentenza e dei fatti di reato contestati. La cosa strana è che il Tribunale del riesame emette l’ordinanza in assenza di giurisprudenza a favore o contro e in assenza di dottrina.
Dunque il giudice, utilizzando retroattivamente una legge non ancora in vigore e in assenza di altre pronunce, ha applicato il principio del “favor rei”.
“Cos’è?”, si chiede il cittadino comune che, al di là della traduzione letterale non saprebbe trovare una interpretazione soddisfacente. È quel principio per il quale in presenza di approvazione di una nuova legge che ne sostituisca la precedente per uguali fattispecie di reato, si applica al condannato quella più favorevole, anche retroattivamente.
Ecco, in questi casi, il reo non può non godere di quelle condizioni favorevoli. E così dunque per motivi assolutamente casuali che non hanno a che vedere con il merito della condanna, l’interdizione dai pubblici uffici, non è più perpetua. E Cuffaro può dunque essere totalmente riabilitato.
Ma non basta, perché questa nuova situazione gli consente potenzialmente di candidarsi alle prossime elezioni per il Parlamento europeo.
E allora dobbiamo fare un altro tipo di ragionamento che non riguarda più solamente Cuffaro ma Cuffaro e la “democrazia cristiana”. Perché non credo di sbagliarmi se noto che il “mitico ex governatore della Sicilia” sia proiettato verso questo obiettivo. Anche perché non possiamo negare che l’ex presidente non ha mai fatto un chiaro atto di contrizione; si è solo limitato a dire che, poiché c’è un Tribunale che lo ha condannato definitivamente, è giusto scontarne la pena. Come se fosse una forma di (falso) rispetto per le istituzioni.
Però è sempre rimasto della sua idea secondo la quale non avrebbe mai posto in essere un patto con cosa nostra al fine di poterne ottenere vantaggi politico-elettorali. Piuttosto, continua a sostenere che la condanna che lo riguarda è inerente a un singolo episodio soltanto, verificatosi nei confronti del suo amico medico Mimmo Miceli (condannato per concorso esterno in associazione mafiosa) e, indirettamente, nei confronti di Giuseppe Guttadauro (capomandamento di Brancaccio). Tutte le affermazioni di tal genere rese da Cuffaro, invero cozzano con le motivazioni scritte dalla Cassazione, dove si evidenzia che Cuffaro sapeva perfettamente che stava fornendo aiuti concreti al sodalizio mafioso.
Ma in fin dei conti, non è neanche questo l’argomento importante in questo momento. L’argomento più preoccupante è piuttosto il “ritorno del principe”. Proprio così: il principe è tornato, più in forma che mai, rinfrancato, rigenerato e purificato da ogni colpa; con la spada sguainata, pronto a ricominciare daccapo perché lui è pur sempre il capo della democrazia cristiana in Sicilia; la gente plaude ed è felice di avere ritrovato il condottiero senza il quale nessuno avrebbe potuto riaprire il percorso politico che Cuffaro si accinge a compiere.
Peraltro mi è capitato di leggere un’agenzia Ansa che virgoletta: “È una DC nuova che fa ammenda delle responsabilità e degli errori del passato e vuole riprendere il filo della storia di Sturzo, De Gasperi, Aldo Moro. Vuole tornare a essere un partito che difende i valori non negoziabili, come la famiglia, l’accoglienza, la solidarietà”.
L’accostamento della nuova Dc a guida Cuffaro con Sturzo, De Gasperi e Moro fa venire la pelle d’oca. Non basta. Totò Cuffaro (che della nuova democrazia cristiana è il nuovo commissario) vuole fare rinascere un partito che stia “dentro i cardini e i princìpi della legalità”. Cosa che sarebbe non solo assolutamente auspicabile ma anche fuori discussione; un partito che fondi i propri principi nella legalità non fa niente di trascendentale se non stare nelle logiche della politica (quella onesta, integra, incorruttibile).
Ma davvero Cuffaro pensa che avere scontato la condanna penale per i reati commessi voglia significare aver dato un colpo di spugna al passato?
O non è forse vero che, al di là della questione penale, c’è una questione morale che non può essere sottovalutata?
E con quale coraggio – o forse dovremo aspettarci che tiri fuori la pur vecchia ma sempre utile arroganza? – pensa di presentarsi alla collettività, alla società civile alle quali dovrà dare lezioni di democrazia e di legalità.
E comunque mi pare che proprio in questo campo non inizi proprio bene, se è vero che in tema di campagna elettorale pensa a una eventuale alleanza con l’europarlamentare Francesca Donato, siciliana eletta nelle liste della Lega. Sarebbe un accoppiamento veramente improbabile accogliere nel proprio partito un soggetto che viene da un mondo politico assolutistico e dispotico.
Io credo che se veramente Cuffaro avesse voglia di riaccreditarsi nella società civile, farebbe bene a lasciare la politica, ringraziare la Dea fortuna per aver potuto usufruire del diritto del “favor rei” e godersi la vita da pensionato in libertà magari frequentando la “bocciofila”.
Per quanto riguarda l’ordinanza di revoca dell’interdizione dai pubblici uffici, rimango in uno sconsolato ma riflessivo silenzio.
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