Giornata della memoria con i giovani, "La mafia è nell'economia"
Sono stati i giovani i protagonisti del 42° anniversario dell’uccisione politico-mafiosa di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. L’incontro è stato organizzato dal Centro studi Pio La Torre nell’aula magna del Dipartimento di Architettura Unipa.
La mattinata è ststa moderata con emozione e professionalità dalla giornalista Giuseppina Tesauro, che ha regalato numerosi momenti di riflessione, affidati al racconto di testimoni come Franco e Tiziana, i figli di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. Ma anche alle analisi di protagonisti della lotta alla mafia. Due i punti sui quali si sono ritrovate molte assonanze: la salvaguardia della legge sulla confisca dei beni mafiosi, preparata e promossa da Pio La Torre, il mantenimento degli strumenti antimafia e un loro adeguamento ai nuovi profili della mafia sempre più protesa verso una penetrazione del sistema economico legale.
Un applauso scrosciante ha preceduto e concluso il messaggio del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Eccolo.
«Nel 42mo anniversario dell’uccisione per vile mano mafiosa di Pio La Torre e Rosario Di Salvo, le Istituzioni e la società civile si uniscono nell'esprimere sentimenti di grande riconoscenza alla loro memoria. La fermezza e l'abnegazione nel contrastare la criminalità organizzata ne fanno figure emblematiche dei valori di giustizia e legalità che sono a fondamento di una convivenza civile basata sullo stato di diritto. La lotta alle mafie necessita soprattutto dell'acuta consapevolezza della loro pervasività, in particolare da parte delle giovani generazioni, al fine di consolidare quei principi alla base di una società costruita sul rispetto della dignità di tutti i cittadini e libera da ogni forma di intimidazione. In questo spirito esprimo apprezzamento per il Progetto educativo Antimafia che si prefigge di promuovere tra gli studenti i valori che Pio La Torre e Rosario Di Salvo hanno testimoniato con tenacia e sacrificio. La Repubblica li ricorda con rispetto».
La grande lezione di vita
Memoria che passa come un testimone ai giovanissimi, per esempio quegli studenti della 5C della direzione didattica Ragusa Moleti che hanno consentito di entrare nel vivo della giornata con il loro “Canto legalità e Libertà” che ha coinvolto tutti ricordando che l’istruzione e la cultura rendono liberi.
«Grazie intanto a questi giovani – ha detto Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro Pio La Torre – scelti attraverso il nostro lavoro di trasferimento della memoria, insieme ai quali seminare concetti fondamentali di democrazia, libertà, partecipazione dal basso, legalità. Grande la lezione di vita che ci ha lasciato Pio La Torre, introdotto nel ’43, quindi in piena guerra, dal professore Scaglione alla conoscenza dei fenomeni da lui poi combattuti strenuamente. Cito Scaglione perché la figlia ci ha donato la sua biblio9teca come atto di continuità storica. Ripeto sempre che, senza la legge Rognoni-La Torre non si sarebbe stato il maxi processo, il più grande processo mondiale contro la mafia. Per la prima volta dopo 122 anni, grazie a quella legge, il reato di associazione mafiosa è entrato nel codice penale del nostro Paese dimostrando che per combattere le mafie bisogna confiscare i loro beni e spezzare il rapporto con la classe dirigente. In questo percorso di riscatto attraverso la consapevolezza, un ruolo fondamentale lo hanno le scuole con cui interagiamo da anni attraverso un’azione di democrazia dal basso. I ragazzi devono imparare a conoscere il fenomeno in tutti i suoi aspetti e il fatto che oggi siamo qui a celebrare due grandi esempi di coraggio e moralità come Pio e Rosario proprio insieme ai ragazzi ci dice che siamo nel posto giusto».
Non solo parole, ma pratiche concrete.
“Gli strumenti messi in piedi 42 anni fa da Pio La Torre per combattere la mafia sono ancora quelli più efficaci: riconoscere la mafia come organizzazione mafiosa e colpire i patrimoni dei boss. Oggi – ha sottolineato Antonello Cracolici, presidente della Commissione Antimafia all’Ars – siamo di fronte a una mafia che non spara quasi più, si respira ma non si vede. Abbiamo però il dovere di comprenderla per individuare nuovi strumenti - anche di tipo legislativo - per contrastarla efficacemente. Una frontiera su cui dobbiamo lavorare di più è il riuso dei beni confiscati. Oggi alcuni dati ci dicono che su questo fronte lo Stato non ha avuto un grande successo: oltre il 95% delle società vengono messe in liquidazione e allo stesso tempo gran parte dei beni confiscati non sono restituiti alla comunità. Su questo versante dobbiamo impegnarci di più e meglio»
Quella legge consentì il maxiprocesso
«Senza la legge Rognoni-La Torre non si poteva celebrare il maxiprocesso». È la testimonianza che ha portato Pietro Grasso, che è stato il giudice a latere proprio del maxiprocesso e poi procuratore nazionale antimafia e infine presidente del Senato. Grasso ha ricordato che solo con quella legge fu possibile giudicare i protagonisti di un terribile ventennio e fare luce su oltre 120 omicidi dei quali furono vittime anche tanti uomini delle istituzioni, del giornalismo, delle forze di polizia e della politica.
«L'importanza di quella legge, che ha introdotto anche la confisca dei beni, venne colta dai vertici di Cosa nostra. “Salvatore Greco - ha detto Grasso - aveva intuito che l'aria politica era cambiata: proprio La Torre aveva in qualche modo preso per il bavero tanti deputati per fare passare la legge presentata due anni prima».
«Quegli strumenti hanno avuto un'importanza fondamentale ma oggi, ha osservato ancora Grasso, si assiste allo smantellamento del sistema di contrasto a suo tempo creato mentre la mafia rafforza il suo potere con il metodo della sommersione. In questo modo è entrata in modo strutturale nel sistema economico del Paese mentre la politica mira a modificare la disciplina sui beni sequestrati per consentire le confische solo quando c'è una condanna penale». Sulla stessa linea l'intervento di Gaetano Paci, procuratore capo a Reggio Emilia. "La mafia non spara - ha ribadito - e ha cambiato la sua strategia: ora mira
non solo all'infiltrazione ma a un ruolo strutturale nel sistema economico
legale". Paci ha poi segnalato i rischi di un processo politico che
mira a smantellare la legge sulla confisca dei beni che tanto aveva allarmato la mafia, a cominciare da Totò Riina.
La regressione del sistema di strumenti antimafia costruito
nel tempo passa, secondo Paci, anche attraverso il tentativo di fermare le
misure interdittive adottate dalle prefetture nei confronti delle aziende
inquinate. "Curiosamente, ha osservato, sono nate associazioni che nel
nome dell'antimafia mirano a fermare le interdittive".
Momenti di grande consapevolezza, ma anche di profonda emozione.
«Grazie veramente a tutti – ha sottolineato Loredana Introini, presidente del Centro Pio La Torre – perché dietro a un’organizzazione ci sono tante persone. Il lavoro di un presidente ha tante responsabilità, ma ogni cosa si realizza grazie alla collaborazione di tutti i soci ispirati dall’esempio di Pio La Torre. Lui percepiva la pervasività che opprime la nostra società e ha operato tutta la vita per creare condizioni di pari dignità per chiunque. A lui non interessava la mafia in quanto tale ma perché bloccava la possibilità di evolverci e vivere in maniera dignitosa. Riteneva che la dignità con cui i cittadini vivevano caratterizzava lo stesso Stati e la qualità della vita della comunità. Ricordare Pio serve a noi, serve ai giovani. Lui ha vissuto una vita impegnativa, splendida, ricca di affetti e di soddisfazioni. Lo ricordiamo quando perdiamo fiducia nelle Istituzioni. Se c’è stato qualcuno che ha incarnato i valori e la professionalità di Pio la Torre questo è stato il nostro socio e amico Angelo Meli che aveva una riservatezza pari solamente alla sua professionalità. Lui ci avrebbe odiato per questo premio, ma ovviamente siamo felici di averlo istituito».
Il premio Angelo Meli
Il premio è andato ai ragazzi della terza D dell’Istituto superiore Failla Tedaldi di Castelbuono, vincitori della prima edizione del Premio dedicato a Meli, prematuramente scomparso il 29 settembre scorso. Momenti di commozione si sono vissuti anche con l’intervento di Tiziana Di Salvo.
«Mi sono chiesta ultimamente – ha detto – cosa vuol dire oggi antifascismo e, considerato che siamo tra il 25 aprile e l’1 maggio, parlarne non è assurdo pensando che quello che facciamo ogni anno il 25 aprile non è solo commemorare chi ha sacrificato la propria vita per renderci liberi, ma celebriamo una mentalità che si oppone al fascismo fatta di solidarietà umana, rispetto per gli altri, dando voce alle lotte contadine e dei braccianti per i loro diritti. Significa accogliere e non respingere, significa la pace in un momento come questo in cui vediamo scoppiare delle guerre. Parlo di pace che non va difesa con le armi, come la lotta per lo smantellamento delle basi Nato in Sicilia portata avanti anche dallo stesso Pio La Torre. Parlo, infine, di legalità, quel rigore morale irrinunciabile, la difesa anche a costo di subire condanne di buon grado per il rispetto che si ha nei confronti delle istituzioni».
In questa giornata di piena memoria non poteva mancare il ricordo di chi ci ha appena lasciati avendo lottato tutta la vita per chiedere verità e giustizia. «Vorrei che dedicassimo un istante alla barba più lunga del movimento antimafia - ha aggiunto Franco La Torre -, a Vincenzo Agostino che ci ha lasciato un’eredità straordinaria, quella per la battaglia per la verità e la giustizia. È morto e ancora non si sa chi ha ucciso suo figlio, la nuora e il bambino che portava in grembo. Per noi il 30 aprile è tutti i santi giorni. Importante ricordare tutti insieme Rosario e Pio e di questo ringrazio il Centro Pio La Torre. Rosario e Pio ci dicono che è possibile cambiare. Loro ci hanno insegnato che è possibile rendere migliore Palermo, la Sicilia e l’Italia. Lo hanno pensato sino all’ultimo secondo della loro esistenza. Avevano fiducia nella possibilità di cambiare le cose, al contrario della mafia, di quel sistema di potere che ci vuole ignoranti, che ci vuole fare credere che gli asini volano. Ci vogliono sfiduciati perché in quel modo ci possono cedere favori. Ragazzi, dovete credere che potete cambiare le cose perché, se ci credevano Pio e Rosario, il miglior modo per onorare la loro memoria è essere protagonisti senza lasciare che altri decidano il vostro presente e il vostro futuro».
Invito alla consapevolezza raccolto anche dagli studenti dell’Iti “Vittorio Emanuele” presenti a questa giornata di memoria rafforzando il messaggio lanciato anche il giorno prima con l’inaugurazione del murale su una delle facciate del loro istituto. Messaggio di speranza e di gioia come quello regalato anche dagli alunni della direzione didattica “Arculeo” che hanno preparato e messo in scena la drammatizzazione di un dialogo immaginario tra Pio La Torre e un mafioso, rendendo ancora più evocativa questa giornata.
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