Agnello Horby: coltivare la felicità dell’ospite

Minimo comun denominatore fra la conduttrice di un programma su Real Time e una bimba – innamorata di Marlon Brando e Charly Gaul – che, accompagnata dal padre, alla Valle dei Templi si sentiva «parte della storia del mondo» è la scrittrice siculo-britannica Simonetta Agnello Hornby, eclettica, sempre sull’orlo di un pozzo pieno di storie. Quelle della sua famiglia non sono ancora finite, tanto più quelle intrecciate con la convivialità, il buon cibo, le ricette della tradizione siciliana (tramandate dalla sorella Chiara, come per i volumi “Un filo d’olio” e “La pecora di Pasqua”); ecco come nasce l’ennesimo ibrido di Agnello Hornby, edito come “La mia Londra”, da Giunti: l’opera più recente si chiama “Il pranzo di Mosè” (211 pagine, 16 euro) ed è il frutto cartaceo nato dall’omonima trasmissione sull’emittente della piattaforma di Sky dedicata alle donne.
“Il pranzo di Mosè”,
con gustosa appendice di ricette e di fotografie, è un tuffo nel passato e un inno
alla buona tavola, ma con precise regole: «… preparare pranzi gustosi con
ingredienti locali e senza sprechi, creare una tavola in cui la conversazione
sia piacevole, fare star bene i commensali. […] Cucinare è un compito piacevole
e importante, ma bisogna prenderlo con un pizzico di umorismo: se si prende
troppo sul serio, diventa tedioso». Regole seguite ancora adesso a Mosè, vicino
Agrigento, nella tenuta della famiglia materna dell’autrice, trasformata in azienda
agrituristica biologica, quanto di più lontano potesse immaginare l’avo
dell’autrice che l’acquistò (il medico Gerlando Giudice), e di più lontano dalla
cucina global dei nostri giorni: «Dovunque in Europa oggi si trova tutto e
sempre […] Per settimane a Mosè si mangiano gli stessi prodotti, maturati tutti
assieme; si conservano sotto sale, sott’olio, sotto aceto, e si elaborano, si
cucinano, si surgelano. Tutto a un tratto sulle piante non ce ne sono più.
Altri prodotti prendono il loro posto».
Storia d’affetti, di
alimenti e di un’idea di accoglienza che prevedeva – secondo gli insegnamenti
di mamma Elena e zia Teresa – anche l’imitazione di certe cattive abitudini
degli ospiti (come mangiare con le mani), “Il pranzo di Mosè” non è un
ricettario, né un diario, ma è il racconto di sogni, utopie, memorie, con un
pizzico d’ironia. Stupenda la copertina – in linea con certa moda
post-Solitudine dei numeri primi – incarnata dalla bellezza dolente di Elena
Giudice, madre della Agnello Hornby.
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