Crocetta, il Pd e la Sicilia basita

27 settembre 2013
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Assisto basito a quanto sta avvenendo a Palermo. Mai iscritto al folto elenco dei sicofanti della “rivoluzione” siciliana, avevo per tempo evidenziato i limiti di una vittoria priva di una solida maggioranza parlamentare e paventato i rischi che il gracile risultato elettorale e la tracimante personalità del governatore avrebbero fatto correre alla coalizione. Penso, tuttavia, che il modo in cui l'intera vicenda del rimpasto è stata condotta sia sintomo evidente della sindrome masochistica che ha colpito il centrosinistra siciliano e la sua principale forza politica.

Se si guarda oltre gli “effetti speciali” di cui Crocetta ammanta le sue esternazioni, risulta evidente che il suo governo ha prodotto in alcuni settori risultati di notevole interesse, mentre in altri campi l'azione si è rivelata contraddittoria e per certi versi confusa. Per esempio, l'intervento sul delicatissimo settore della formazione si sta rivelando più serio e profondo di quanto potesse sembrare e le motivazioni che lo ispirano trovano conferma in quanto va emergendo dalle inchiesta avviate da diverse Procure della Repubblica dell'isola. V'è stata, all'inizio. da parte dell'Assessorato competente una pericolosa sottovalutazione delle conseguenze a carico dei lavoratori, successivamente in parte recuperata dal confronto con i sindacati confederali; ma è fuor di dubbio che il sistema della formazione professionale è uno dei buchi neri della Regione Siciliana ed ha rappresentato uno tra gli strumenti più raffinati di costruzione del consenso clientelare.

A chi fa aleggiare il sospetto di un utilizzo spregiudicato della vicenda della formazione per colpire gli avversari politici, consiglio di guardare la luna e non il dito: il sistema della formazione professionale in Sicilia è o meno un fomite di corruzione? Se lo è, bisogna intervenire drasticamente ed è bene lo faccia la politica prima ancora della magistratura. L'altro comparto in cui il governo regionale ha ben operato è stato quello finanziario. L'assessore Luca Bianchi (tanto estraneo alle camarille siciliane che -a quanto si mormora- qualcuno lo aveva designato prima vittima del rimpasto) trovò una situazione prossima alla bancarotta, sulla quale ha saputo intervenire- pur nei limiti della condizione data -con coerenza e coraggio; ma va ricordato che i disegni di legge governativi per bilancio e finanziaria furono modificati in peggio proprio dall'ARS.

Continuare con determinazione nell'opera di risanamento, seppellendo il cadavere putrefatto dell'antico scialo della spesa pubblica regionale - vero motore del modello distorto di sviluppo dell'economia siciliana- è indispensabile per evitare il default dei conti regionali che ancora incombe. L'immagine in politica ha un ruolo fondamentale: al “Governatore” farebbe bene un corso accelerato di sobrietà e a tutta la sua Giunta sarebbe utile un sano bagno di realismo, per riflettere sugli obiettivi mancati e rilanciare una una seria strategia riformista, che è tutt'altro dal velleitarismo che ha caratterizzato alcuni provvedimenti. Cito per tutti, il fatto che la riforma delle province sta per arenarsi perché sta risultando assai complicato elaborare in modo condiviso la normativa che dovrebbe riempire di contenuti la legge manifesto tanto strombazzata, con il rischio di una soluzione asfittica, priva di un disegno organico di ridisegno delle autonomie locali, di redistribuzione di funzioni e risorse, di utilizzo razionale del personale.

In ogni caso, nell'esperienza di governo, dalle elezioni ad oggi i tratti positivi prevalgono, senza alcun dubbio, di gran lunga su quelli negativi e trovo insensato aprire una crisi che rischia di riconsegnare la Sicilia al peggior centrodestra. Per questo ritengo un errore politico il documento della Direzione regionale del PD che toglie l'appoggio al presidente. C'è una sola strada per salvare l'immagine e la speranza di un futuro diverso: abbassare i toni- tutti- e tornare ad utilizzare le armi della dialettica al posto della dialettica delle armi (come diceva il grande vecchio barbuto). Confrontarsi, insomma, nel merito dei problemi e individuare soluzioni che rompano con i vecchi assetti di potere e diano nuovo slancio e capacità riformatrice al governo regionale. Non è con raccogliticce maggioranze d'aula che ciò sarà possibile, ma rimettendo al centro i bisogni e gli interessi di una Sicilia che è defedata dalla più grave crisi economica e sociale del dopoguerra e ha bisogno di legalità, di sviluppo, di scelte nuove e coraggiose di rottura con il passato. A questo compito il centro sinistra siciliano dev'essere pari: non sarà facile, ma ogni altra strada porterebbe solo al disastro.

 di Franco Garufi

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