Carnevale stritolato dall’abbraccio mortale tra la mafia e la Dc

Società | 18 maggio 2025
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Abbiamo celebrato, come ogni anno, il sacrificio di Salvatore Carnevale, ucciso dai campieri mafiosi di Sciara, condannati prima e assolti poi, in un processo che vide in campo Sandro Pertini nella funzione di parte civile di Francesca Serio, la madre, e di Giovanni Leone a difesa degli imputati dell’omicidio.
Diverranno ambedue Presidenti della Repubblica. Certo che fu un processo fortemente politico, non solo perché Carnevale venne ucciso per le sue battaglie in favore dei mezzadri contro nobili e mafiosi, ma anche perché la loro presenza, erano al tempo parlamentari, rese inevitabilmente il processo più rovente. In ogni caso l’uno, Sandro Pertini, difendeva il lavoratore-sindacalista e socialista ucciso e l’altro, Giovanni Leone, i presunti omicidi, a difesa di fatto di un vecchio ordine in cui ceti nobiliari e parassitari, e mafia, negavano il diritto di tanti lavoratori a rendere produttiva la terra.
È bene ricordare che siamo ancora nel dopoguerra, tanta gente è rientrata dal fronte e l’agricoltura, per tanti di loro, in tutto il meridione, è la possibilità, al tempo tra le poche, di vivere una vita migliore. E se nel resto del Mezzogiorno saranno le forze dell’ordine a sparare, qui sarà la mafia. Al Nord, invece, la terra e i suoi frutti diventavano già un bene produttivo, per agrari e salariati. Qui no, nella Sicilia che aveva dato la maggioranza alla monarchia nel referendum costituzionale, un pugno di nobili intendono mantenere la Sicilia nel vecchio mondo dove la terra era loro per diritto “divino”. A costo di allearsi e subire, alla fine, l’abbraccio mortale della mafia.
Non siamo più a Portella della Ginestra, al tempo della strage che preparerà il 18 aprile del 1948 dopo l’esito clamoroso delle elezioni regionali siciliane vinte dal blocco del popolo. Al tempo, cioè, del mantenimento, " atutti i costi", degli equilibri internazionali scaturiti dalla sconfitta del nazi-fascismo. Siamo nel 1955; lo scontro è di classe ed è a difesa del diritto alla terra contro il blocco democristiano-monarchico-liberale e mafioso di quegli anni.
Una cosa è certa: la mafia, da Portella in poi, è stata protetta, ha goduto di immunità completa ed ha visto crescere negli anni sempre più la sua funzione politica, la sua natura di “fenomeno delle classi dirigenti”, così come fu definita nel1976 dalla relazione di minoranza all’Antimafia. Sciara non fa eccezione. Un pugno di mafiosi, al servizio dei Notarbartolo e della Lambertini, importante impresa edile del Nord, incrociano Salvatore Carnevale nella lotta del sindacato per conquistare il diritto al lavoro ed il diritto a coltivare la terra. Del resto, lo prevedevano una legge dello Stato e una legge della Regione. E lo incrociano alla Lambertini, dove Carnevale ha condotto vertenze e promosso accordi sindacali per migliorare la condizione di vita e di lavoro. Le otto ore, rivendicazione di tutti i lavoratori, la sicurezza sul lavoro sono il cuore dello scontro, in Sicilia come in Lombardia, in Italia come in Inghilterra. E Salvatore Carnevale, nella Sciara del feudo, dei nobili ormai in decadenza, e della mafia; militante del Psi e della Cgil, prova a cambiare la vita dei lavoratori. Ed incontra la morte, come l’avevano trovata prima e la troveranno poi decine di sindacalisti, a Palermo ed in Sicilia.
Il processo finirà male, nonostante una importante sentenza di primo grado raggiunta grazie all’impegno del procuratore Pietro Scaglione. Alla fine, sarà la solita “insufficienza di prove”, quell’abominio giuridico che, finché non fu abolita, ha segnato la storia delle più vergognose assoluzioni. Dovremo aspettare la legge Rognoni La Torre per avere un quadro giuridico all’altezza della pericolosità della mafia.
Francesca Serio non è stata soltanto una madre affranta dal dolore, come tante, come tutte. Fu la madre coraggio che combatté per avere giustizia, la madre che firmò la denuncia contro i mafiosi, ingaggiando (nel 1955!), una battaglia senza precedenti per avere giustizia. Sfidò la mafia e i residui della monarchia di quelle parti, i Notarbartolo, ed i nuovi potenti della Dc che aveva raccolto tutte le forze reazionarie per vincere nel 1948. Ed ora era costretta a difenderle. Ecco, questa è la storia di un grande processo e di una grande battaglia, dove si affacceranno, quasi a scadenzarne le tappe, Ignazio Buttitta e Carlo Levi, Giorgio Napolitano e Bertold Brecht, Emanuele Macaluso e Pio La Torre. Tre futuri Presidenti della Repubblica, un pezzo della cultura europea, il meglio della Sicilia del tempo. Per l’omicidio di un lavoratore, di un socialista, di un antifascista. Di un uomo che trovò la morte per liberare la Sicilia dalla mafia e dallo sfruttamento.
 di Emilio Miceli

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