Cuffaro, fenomenologia
di un sistema di potere
Società | 13 novembre 2025

Che Totò Cuffaro fosse irredimibile, potevamo immaginarlo. Nessuno ha mai creduto a quella favola metropolitana secondo cui, dopo avere scontato quattro anni di carcere, si sarebbe appartato in un “buen retiro”, sicuro e tranquillo, per riflettere sulla sua vita privata e su quella politica, sui rapporti intrattenuti con soggetti poco raccomandabili e sulle accuse contestategli dalla Procura di Palermo che lo hanno visto imputato e poi condannato a sette anni per favoreggiamento alla mafia. Eppure abbiamo dovuto riconoscere – forse rapiti da pura illusione – che il Cuffaro post espiazione della condanna mostrava evidenti segni di pentimento e di riconoscimento degli errori commessi al punto di volere espiare la pena anche da un punto di vista esclusivamente mistico. Più volte ha pubblicamente dichiarato che “la politica attiva è un ricordo bellissimo che non farà più parte della mia nuova vita. Ora ho altre priorità. Ho amato la politica e non rinnego nulla di ciò che ho fatto, non mi sento tradito”. E allora stiamo tutti tranquilli, abbiamo pensato: Cuffaro è un uomo che ha sbagliato molto ma ha accolto la sentenza di condanna con spirito remissivo e con assoluto rispetto per le istituzioni. Ha utilizzato il suo periodo di internato nel miglior modo possibile: ha studiato, ha scritto, ha riflettuto; insomma tutte pratiche tendenti al cambiamento, alla trasformazione della persona.
Si può dire che il caso Cuffaro rifletta lo spirito della legge quando contempla la vera funzione del carcere indirizzata verso la rieducazione del detenuto per il suo reinserimento nella comunità civile. E invero l’ex presidente della Regione Sicilia, dopo avere lasciato il carcere, si è dedicato ad attività di volontariato in Burundi, fino a diventare presidente della Onlus “aiutiamo il Burundi”, da lui stesso fondata. Sembra essere un’attività di tutto rispetto che attraverso una buona gestione sostiene ospedali, orfanatrofi e quant’altro possa essere utile per dare aiuto a quelle popolazioni sottosviluppate.
I viaggi in Burundi erano abbastanza frequenti e consentivano al “Cuffaro medico” di rispolverare le proprie nozioni medico-sanitarie per metterle al servizio delle popolazioni bisognose.
Ma le cose non sempre vanno per il verso giusto. E mentre noi confidavamo in un Cuffaro redento, lontano dalla politica per sua stessa ammissione e dedito al volontariato, in effetti sembra che sotto quelle sembianze si rinfocolava la vecchia passione per la politica.
Io penso, che quella vecchia passione non si sia mai sopita e che, durante la carcerazione sia rimasta pronta a ridiscendere in campo, con il principe “lancia in resta”.
Carcerazione e consenso
In effetti sembra che Totò Cuffaro non abbia mai smesso di esercitare il proprio potere, neanche nel periodo della detenzione, fornendo disposizioni ai propri amici politici, al fine di tenere sotto controllo il consenso popolare e le istituzioni stesse. Perché, non v’è dubbio che il potere esercitato da Cuffaro nella vita pubblica viene dal consenso popolare, è ben radicato nel territorio ed è stato costruito nel tempo dall’ex presidente con il coinvolgimento di altri fedeli e fidati soggetti.
Prima del processo la carriera di Cuffaro fu velocissima sia all’interno del partito (Democrazia cristiana) che anche all’esterno. Prima dell’espiazione della condanna il suo ufficio era frequentatissimo da politici, assessori, sottosegretari, ministri e financo funzionari della pubblica amministrazione. Una sorta di porta girevole sempre in movimento per consentire il passaggio a tutti i visitatori. E questo sistema clientelare fu duraturo anche dopo avere scontato la condanna in carcere, tanto da poter dedurre che la macchina che faceva muovere il sistema politico siciliano abbia operato con continuità senza alcuna interruzione.
Il presidente aveva le idee chiare e le dichiarazioni pubbliche circa il suo disinteresse a scendere nuovamente in politica, altro non erano che depistaggi preconfezionati in attesa che si presentasse il momento più appropriato.
Il ritorno alla politica
Orbene, almeno su una cosa si poteva sperare: che l’ex presidente avesse il pudore di rientrare in politica utilizzando quella trasformazione delle proprie peculiarità che aveva maturato in carcere. E quindi, dopo qualche anno dalla scarcerazione e dopo molteplici viaggi in Burundi, forse percepisce che la politica gli avrebbe restituito molte più soddisfazioni del volontariato; e quindi prende la decisione: torno in politica.
Totò decideva tutto, dall’assegnazione dei burocrati presso gli enti ospedalieri o altre postazioni istituzionali, alla promessa di posti di lavoro. Per mezzo di questo sistema era nelle condizioni di rastrellare consenso soprattutto in previsione delle scadenze elettorali.
Fu così che in occasione delle elezioni regionali del 2022, Cuffaro (ormai libero e redento ripulito dei peccati mortali mediante le opere di carità prestate in Burundi), presenta una lista di candidati nella Democrazia cristiana con lo scopo di sostenere la candidatura di Renato Schifani alla presidenza della Regione.
I siciliani più accorti cominciano a capire che Totò Cuffaro non ha mantenuto l’impegno a tenersi lontano dalla politica. Infatti la questione si aggrava: Totò Cuffaro è indagato dalla Procura di Palermo – insieme a un folto gruppo di altri soggetti – con il suo amico Saverio Romano, uomo dal curriculum eccellente (deputato nazionale, ex ministro, presidente di commissione parlamentare).
Le nuove norme inerenti alla riforma della Giustizia prevedono che il pm, prima di procedere all’arresto, debba convocare l’indagato per sottoporlo all’interrogatorio di garanzia in via preventiva. Se fossimo ancora nel regime della vecchia legge il presidente Cuffaro sarebbe già in carcere a scontare la custodia cautelare.
Insomma, visto lo stato delle cose anche in considerazione degli esiti delle perquisizioni, la Procura si trova costretta a chiedere gli arresti domiciliari per Cuffaro ritenuto molto concreto il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. D’altro canto, a sostegno di questa ipotesi, interviene lo stesso presidente indagato quando, parlando al telefono (sotto controllo) dice testualmente: “Invece di starci dieci giorni in Burundi, ci sto tre mesi”.
Le accuse della Procura sono gravissime: associazione a delinquere, corruzione e turbativa d’asta. Sono tutti reati contro la pubblica amministrazione che Cuffaro avrebbe commesso, con grande spudoratezza dopo la riabilitazione ottenuta dal tribunale del riesame.
In buona sostanza Cuffaro, nonostante la precedente condanna, nonostante l’esperienza carceraria, continua a rimanere un centro di interessi nell’ambito della vita pubblica siciliana, in particolare nel settore della sanità. Il suo straripante potere gli consente di avere un ruolo di preminenza che utilizza con sfrontatezza entrando a gamba tesa nella regia della distribuzione dei posti più ambiti nella pubblica amministrazione.
E quindi, nel ritenere che fosse finalmente il momento giusto, rifonda la Democrazia cristiana, insieme agli uomini più forti del panorama politico siciliano. In primo piano sosterrà, con ottimi risultati, la campagna elettorale di Renato Schifani, candidato alla presidenza della Regione siciliana; e quindi riesce a piazzare due uomini a lui vicini – Andrea Messina e Nuccia Albano – nella giunta di governo.
Dagli atti dell’inchiesta – lo scrivono i pm – emerge che Cuffaro aveva intessuto un programma con finalità ben precise; pare pertanto che tutte le operazioni politiche compiute – dalla rifondazione della Democrazia cristiana in poi – avessero come obiettivo la crescita del consenso popolare per ritornare a presiedere la Regione.
Irredimibile Totò
Ecco Salvatore Cuffaro, detto Totò. Un uomo irredimibile che, nonostante le condanne e la carcerazione, non demorde e continua imperterrito a gestire quel grande potere a cui la stessa popolazione guarda con simpatia e appoggio. Potremmo continuare all’infinito a raccontare le varie vicende politiche vissute e costruite da Cuffaro; per esempio l’infiltrazione nella Protezione civile, la gara per servizi di ausiliariato, le gare di appalto pilotate nella sanità e tante altre occasioni. C’è una locuzione pronunciata da Cuffaro che, da sola, basta a definire la sua dipendenza dalla politica corrotta: “Prima di pubblicarli, mandiamoli a tutti inostri amici”, dice a proposito dei bandi di gara appena approvati.
Termino citando Antonello Cracolici, presidente della Commissione antimafia regionale, quando, nella relazione periodica, sostiene: “Come da tempo avevo denunciato, il ‘cuffarismo’ come metodo e sistema di governo che ha come protagonisti diversi esponenti dei partiti e dell’amministrazione pubblica, è tornato ad essere il tratto distintivo di questa fase politica. Serve una svolta, innanzitutto tra gli elettori ma serve anche una classe politica che possa essere da esempio e da riferimento per una rigenerazione. Altrimenti questa nostra terra è destinata ad una marginalità sempre più crescente e alla dannazione di un passato che ogni giorno mangia il futuro!”.
Riflettiamo.
Ultimi articoli
Nuccio, su Comiso La Torre riuscì a coagulare esperienze diverse
Lo Monaco, cittadino onorario “contro la mafia e per il riscatto della Sicilia”
Altavilla, cittadinanza onoraria a Vito Lo Monaco
Progetto educativo, c’è
il vuoto dietro la violenza
che brucia tanti giovani
Giovani e violenza Progetto educativo antimafia
Azzolini, così Tele L'Ora accese le luci sui missili
Lo Monaco, dai missili tracce del delitto La Torre
I fronti sempre caldi di Gaza e Ucraina
Si ferma (per ora)
il ddl contro
Roberto Scarpinato
L’uccisione del procuratore Costa, un’inchiesta
nella palude