Appalti e politica, luci su un sistema marcio

Società | 14 novembre 2025
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Gli ultimi casi giudiziari ci consegnano ancora una volta un quadro gravissimo di commistione e connivenza tra esponenti politici della maggioranza, funzionari pubblici, imprenditori, che maneggiano fondi pubblici e cariche per scopi personali e di consenso. Questo è ancora più grave se associato al malgoverno, al fatto che non c’è soluzione ai problemi economici e sociali aperti. Prendiamo ad esempio la sanità: vicende eclatanti vengono alla luce in continuazione, dall’Asp di Trapani a quella di Palermo per citarne due. Come Cgil da tempo abbiamo chiesto che le nomine di vertice avvenissero nella totale trasparenza, senza ombre di appartenenza e fedeltà politica, ma su criteri puramente meritocratici. Le richieste sono rimaste lettera morta e adesso è la magistratura ad accendere i riflettori su questo sistema marcio, auto rigenerante, che non garantisce i diritti dei cittadini, né le prospettive di crescita della nostra regione. La situazione è ancora più grave, visto che chi è artefice e ha un ruolo in questo sistema non esita a commettere illeciti in un contesto che, va sempre sottolineato, vede la presenza della mafia pronta a ricavare benefici laddove ci siano finanziamenti pubblici.
Basta in un quadro così grave, destituire qualche assessore e rimuovere qualche funzionario? Sarebbe stata opportuna anche una rotazione di tutte le cariche di vertice dell’amministrazione, ma anche questo non è sufficiente. Di fronte alla perdita di credibilità delle istituzioni non credo basti fare la voce grossa quando esplode un caso, perché questo è maturato in un’unica cucina, in uno stesso tavolo, al quale fino a pochi giorni fa ha partecipato una forza politica, la Dc, che vede suoi esponenti coinvolti nell’indagine della magistratura. Non si può che guardare con stupore a una politica che si autoassolve mentre emerge un sistema le cui finalità sono gli arricchimenti illeciti, il consenso politico per potere continuare a manovrare. Un sistema che è opportuno che salti, con buona pace del presidente della regione, “colpevole”, almeno di incaute alleanze, se non di avere garantito e alimentato il detto sistema.
Come si può immaginare un futuro per la Sicilia quando, come rileva la relazione finale della commissione antimafia, i controlli non vengono svolti, le stesse leggi non sono applicate, e mentre la legislazione nazionale antimafia fa paurosi passi indietro col governo di centrodestra? Se immaginavamo una Sicilia zona franca non è in questo senso. Mentre è certo che questo sistema, qui in Sicilia, presta il fianco alle infiltrazioni mafiose.
Pio la Torre aveva immaginato una Sicilia senza la mafia, gettando le basi di una legislazione antimafia efficace. Seguire il denaro, i flussi finanziari per intercettare i movimenti illeciti, un’intuizione più che mai valida oggi. Riprenderne le fila significa rimettere al centro la questione degli appalti e delle catene di subappalti, in epoca di liberalizzazione per le gare sotto una certa soglia. Liberalizzazione che rende più facili le incursioni clientelari, con la spalla della corruzione, e della mafia che certo guarda con interesse anche ai cantieri delle grandi opere. Allargando la prospettiva, si vede come il sistema marcio di cui stiamo discutendo è ancora più grave e riguarda la gestione complessiva della cosa pubblica e delle risorse pubbliche.
Come Cgil abbiamo nel recente passato presentato una proposta di protocollo per la legalità nel sistema degli appalti, molto apprezzata in maniera bipartisan, ma rimasta lettera morta. La nostra attività per la legalità nel lavoro è incessante: contro lo sfruttamento, per la sicurezza per l’applicazione di leggi e contratti, per la modifica di leggi sbagliate che lasciano spazi alle pratiche illegali.
Il tema che si pone urgente è cosa fare complessivamente per una inversione di rotta rispetto alla situazione attuale. Ritengo che non si possa intestare alcun progetto di cambiamento chi ha rappresentato, rappresenta e ha finora alimentato il sistema oggi sotto la lente della magistratura. La Sicilia ha bisogno che si volti pagina. Di una politica diversa al governo, della ristrutturazione della pubblica amministrazione, che con evidenza non è più solo problema di competenze giuste al posto giusto, ma anche di epurazione dal marcio, dal sistema dei favori, dalla sistematica corruttela, dalle infedeltà amministrative verso i cittadini perpetrate per curare interessi particolari. Bisogna evitare che la situazione degeneri ulteriormente. Ci vogliono legalità, efficacia dell’azione di governo ed efficienza amministrativa per una Sicilia diversa che abbia prospettive di crescita. Se il disagio sociale aumenta , per come sta aumentando e cresce la sfiducia nelle istituzioni e nei sistemi legali cambiare può diventare più difficile.
È il momento che le forze sane e democratiche discutano insieme di cosa ognuno per le proprie di aree azione può mettere in campo per un’iniziativa congiunta.
La Sicilia in momenti cruciali, come dopo le grandi stragi di mafia del 1992, ha messo in campo una inedita capacità di reazione che si rende necessaria anche ora. La mobilitazione è indispensabile e deve assumere un carattere popolare. Il 12 dicembre, giorno dello sciopero generale proclamato dalla Cgil su scala nazionale per rivendicare diverse politiche economiche del governo, sarà l’occasione qui in Sicilia per rivendicare una svolta che dia prospettive alla regione e futuro alle giovani generazioni. Chiediamo dunque che alla mobilitazione, che vedrà anche la partecipazione delle associazioni giovanili, aderiscano le forze democratiche, le associazioni antimafia tutti coloro che vogliono una Sicilia nuova e diversa.

* L'autore è segretario generale della Cgil Sicilia
 di Alfio Mannino

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