Fiorisce il seme dell'antimafia
Dopo sette anni consecutivi di rilevamento della percezione del fenomeno mafioso da parte dei giovani che hanno seguito il progetto educativo del Centro Studi Pio La Torre, alcuni temi appaiono consolidati e anche positivamente, scontato lo scorrimento generazionale. Gli intervistati, dal Nord al Sud, confermano a stragande maggioranza un’opinione molto negativa del fenomeno visto come condizionamento frenante dell’economia e dello sviluppo civile della società italiana. Essi attribuiscono alla politica la responsabilità della persistenza del fenomeno mafioso, sino al punto di pensare che esso sia più forte dello Stato.
Questo è l’aspetto più negativo registrato dall’indagine sul quale dovrebbe riflettere tutta la classe dirigente del Paese, soprattutto alla luce dei risultati delle elezioni di febbraio. Esse, infatti, hanno dimostrato una grande mobilità degli elettori, disponibili a premiare i nuovi fenomeni di populismo esasperato, e pronto a raccogliere i frutti del disorientamento provocato dalla crisi economica, dalle politiche del Centrodestra, dal governo dei tecnici e dalla persistente contraddittorietà delle proposte del Centrosinistra, diviso e perciò poco credibile.
L’altro tema, che ci preme sottolineare, è la riconferma del ruolo che svolge la scuola, pur con difficoltà già note, di educazione antimafia, nel quadro generale della legalità e della promozione della cultura della cittadinanza attiva ispirata alla Costituzione. Queste brevi considerazioni di carattere generale tengono conto di quanto scrivono gli esperti che hanno analizzato i risultati dell’indagine riconfermando tutti i limiti del rilevamento, realizzato solo grazie alla collaborazione volontaria (e gratuita) di docenti, studenti ed esperti di tutta Italia. I risultati dell’indagine rafforzano la convinzione, di gran parte del movimento antimafia, che la questione mafia attiene alle scelte della Politica che deve considerarla tra le priorità dell’azione del Parlamento e del Governo. Tanto più che è storicamente accertato come durante i periodi di crisi le mafie mostrano una maggiore pericolosità in funzione destabilizzante e l’opposizione ad ogni possibile cambiamento progressista. Tesi confermata, nell’attuale crisi di sistema, dalle minacce di nuovi attentati politico-mafiosi e dall’espansione della criminalità politico-economica a livello nazionale e internazionale. Tutto ciò dovrebbe indurre ad una riflessione più attenta le forze politiche coerentemente (e non retoricamente) antimafiosa per non indebolire l’efficacia repressiva dello Stato e l’azione della magistratura e delle forze dell’ordine.
L’indagine, infine, per il Centro Studi è l’occasione per ribadire la validità delle proposte elaborate, con il suo contributo, dallo schieramento antimafia, per migliorare la legislazione, per colpire duramente i nuovi reati legati alla finanziarizzazione e alla corruzione del sistema politico-mafioso. Occorre uscire dalla logica degli interventi legislativi e repressivi legati agli eventi delittuosi per elaborare un’ordinaria azione di prevenzione e di repressione antimafia. In questa logica rientra tutta la problematica relativa ai beni confiscati, dalla necessità di semplificare la procedura per il riuso sociale produttivo alla destinazione esclusiva delle risorse confiscate ai mafiosi e ai corrotti e alla crescita del paese attraverso l’economia legale, premiando istituti, comunità e enti preposti al sequestro, alla confisca e alla gestione.
Se fino a ieri, la crescita dell’economia criminale ha indebolito quella del sistema Italia e la democrazia, oggi il nuovo Governo e il Parlamento devono preporsi l’obiettivo di cancellare il circuito dell’economia criminale per rafforzare il sistema legale e democratico del Paese. È un punto che qualifica un vero programma di rinnovamento e di cambiamento capace di rispondere alla crisi. Senza alcuna retorica, strumentalizzazione ideologica, politica, elettorale della lotta antimafia, il Centro Studi pur con mille difficoltà finanziarie, anche con l’indagine sulla percezione di questi anni, pensa di contribuire a continuare quel filone storico-politico che ha considerato e considera la mafia quale fenomeno afferente alle classi dirigenti (dalla relazione di minoranza della Commissione antimafia del 1976 firmata da Pio La Torre, Cesare Terranova ed altri).
Ultimi articoli
Carnevale stritolato dall’abbraccio mortale tra la mafia e la Dc
La libertà di stampa arretra in Italia
Un canto per la libertà delle donne afghane
Sicilia 1943, guerra
e desiderio di paceLe ragioni dell’antimafia presidio delle norme volute da Pio La Torre
Mattarella: cercavano la libertà dalla mafia
Progetto politico eversivo dietro al delitto
Il ricordo di Pio e Rosario: “La legge antimafia va difesa e potenziata”
I miti oscuri e il branco tra valori intossicati
Il Centro Pio La Torre in una nuova sede “L’impegno continua”