La crisi di identità che blocca il Pd
Sinora il dibattito precongressuale del Pd siciliano sembra aggiungere solo confusione a quello nazionale con il risultato di allontanarlo ulteriormente dalle esigenze concrete dei cittadini. Il Pd siciliano si divide sulla natura assunta dal Megafono di Crocetta: neopartito o lista temporanea? A sua volta Crocetta accusa il Pd, suo partito, di ostacolare le sue riforme e la sua rivoluzione alla guida della Regione. Tutte due i litiganti però concordano che c'è una questione morale aperta nella Regione frutto di tanti anni di compromessi al ribasso tra opposizione e maggioranza sulla spesa pubblica usata come lenitivo della sofferenza socialelenitiva della sofferenza sociale ma anche quale utile strumento di conquista del consenso sociale. Lo sconquasso emerso nella formazione professionale, che coinvolge anche componenti rilevanti del Pd, è un esempio chiaro. Nessuno si s'interroga come mai si sia giunto a questo punto di degrado e corruzione presunta senza che si siano attivati rigetti e ripudi soprattutto a sinistra. Tanto per non dimenticare: il Governo Lombardo, succeduto a Cuffaro finito in galera, ha estremizzato il processo corruttivo e di asservimento dei comandi burocratici della Regione, ma ieri era sostenuto anche da alcuni che oggi troviamo tra i "puristi" del Pd. Ieri sostenevano la necessità di appoggiare Lombardo per spezzare il centrodestra, oggi appoggiano Crocetta e il suo maldestro tentativo di autonomia rispetto al Pd con la pretesa di svuotare il centrodestra. Non si può negare la bravura mediatica di Crocetta e la sua volontà di introdurre un'operazione di cambiamento rispetto a un gruppo dirigente del Pd siciliano privo di guida autorevole e soprattutto privo di unità d'intenti. A dire il vero è anche privo di analisi seria perché sinora vince solo se gli avversari si sfaldano e se gli elettori votanti superano di poco il cinquanta per cento. Questo partito non riesce a sorreggere né sa utilizzare i risultati dell'azione di governo del quale è il principale sostegno né alimenta con proposte parlamentari e legislative il collegamento con le istanze sociali degli agricoltori come delle imprese che chiudono, dei precari come degli occupati, dei pensionati come dei giovani costretti a scappare dalla Sicilia. L'interlocutore più ascoltato dal Governo regionale oggi è la Confindustria mentre sindacati e associazionismo sono tenuti lontani da una vera concertazione accusati, a volte con più di una buona ragione, di corporativismo e di conservatorismo. È possibile un processo di cambiamento senza queste forze? È possibile senza un Pd che si dia ragione della sua esistenza con una un'identità di partito di massa del ventunesimo secolo coeso su valori e prassi democratica interna? Un partito di fazioni è un partito plurale o un coacervo di gruppi che lottano solo per il proprio potere? Appare più giovane di tanti rinnovatori il "vecchio" Reichlin quando chiede al Pd di definire nel prossimo congresso la sua identità anche europea sul blocco sociale che intende rappresentare e sul tipo di società solidale che vuole realizzare. Furbizie e slogan a vantaggio dei media non creano un corpo condiviso di valori e di partecipazione per cambiare l'Italia impoverita dal ventennale neoliberismo e dalla mediacrazia berlusconiana, erede fedele di quel craxismo capace di distruggere il glorioso Partito socialista. Da più parti è stata richiamata la fine di quel partito, ma anche della Dc per paventare una simile fine per un Pd incapace di uscire dall'attuale secca. La fine della Dc, del Psi, ma anche del Pci seguì a una crisi e un abbandono dei valori fondanti dei rispettivi partiti: il solidarismo cattolico e quello di classe.
Il risultato è stato l'imperio del pensiero unico neoliberista che ha soggiogato anche la sinistra in nome di un pensiero ammantato di nuovismo, interpretato, in Italia, prima da Craxi e poi da Berlusconi. Il nuovismo di oggi somiglia molto, anche se ammantato di neosinistrismo, a quello di ieri. Il problema è che i nuovisti di allora sono ancora sulla scena contendendola ai "rottamatori"di oggi rivendicando la riscoperta di valori di sinistra non meglio indicati. Tutto ciò è una pura lotta per il potere interno già vista che non coinvolge la gente con i suoi problemi di esistenza, di sopravvivenza. Non si convince la gente promettendo il cambiamento futuro senza iniziare dal presente. Fuor di metafora è credibile un partito lacerato tra un Crocetta rivoluzionario, che usa lo stesso metodo Lombardo per uniformare a se i vertici della burocrazia e lo scandalo di una parte della sua classe dirigente travolta dalla questione morale? Un partito di cambiamento non si rifugia in un astratto garantismo senza provvedere a un risanamento della sua vita interna. Intanto elimini le correnti e le fazioni, ma non il pluralismo. Riscopra il valore dell'analisi scientifica della società, non si rifugi dietro i populismi mediatici, impari a riutilizzare la cultura e gli intellettuali non sostituibili dai tecnici. Tra l'altro il subbuglio precongressuale rischia di offuscare quanto di buono fa il Governo del Pd. Infatti, Crocetta con le accuse, non del tutte ingiustificate al gruppo dirigente del Pd, rischia di indebolire la sua stessa azione di rinnovamento. L'"io e loro"può catalizzare l'attenzione mediatica, ma non accresce il consenso popolare.
È stato evocato l'esempio del Pci di Pio La Torre che sapeva di parlare al paese con rigore morale e capacità organizzativa popolare. Oggi cosa è il Pd e cosa vuole diventare?
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