La libertà di stampa arretra in Italia

Cultura | 10 maggio 2025
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L’Italia è passata dalla 46a alla 49a posizione nella classifica globale 2025 stilata da Reporters sans frontières sulla libertà di stampa. A determinare lo scivolone italiano sarebbero la minaccia delle “organizzazioni mafiose, in particolare nelle regioni meridionali” e quella rappresentata da “diversi gruppuscoli estremisti che esercitano violenze”. Tuttavia, “i giornalisti lamentano anche tentativi della classe politica di ostacolare la libera informazione in materia giudiziaria”. Il riferimento è alla cosiddetta ‘legge bavaglio’, che vieta di pubblicare le ordinanze cautelari e gli altri atti delle indagini che non sono coperti da segreto, ma anche al tentativo di attaccare il principio della segretezza delle fonti giornalistiche per alcune società pubbliche con il decreto sicurezza, oltre che alla normalizzazione delle querele temerarie.
L’arretramento del nostro Paese in materia di libertà di stampa si inserisce in una generale difficoltà che l’informazione incontra a livello globale, con un “livello critico senza precedenti” determinato principalmente dalle difficoltà economiche che attanagliano le redazioni e che pongono i media davanti alla scelta se preservare la propria indipendenza o se garantirsi la sopravvivenza economica. “Quando i media sono in difficoltà finanziarie - denuncia Anne Bocandé, direttrice editoriale di Reporters sans frontières - vengono trascinati in una corsa per attrarre pubblico a scapito di un’informazione di qualità, e possono cadere preda degli oligarchi e delle autorità pubbliche che cercano di sfruttarli. Quando i giornalisti sono impoveriti, non hanno più i mezzi per resistere ai nemici della stampa: coloro che promuovono la disinformazione e la propaganda”. La crisi delle redazioni non ha risparmiato neanche gli Stati Uniti che, passando dal 55° al 57° posto, registrano quest’anno “il primo significativo e prolungato declino della libertà di stampa nella storia moderna, mentre il ritorno di Donald Trump alla presidenza sta aggravando notevolmente la situazione”.
L’Europa non è estranea a questa battuta d’arresto, nonostante continui a costituire il luogo più sicuro per i giornalisti. Ciò sarebbe da ricondurre all’adozione, lo scorso anno, dello European Media Freedom Act da parte dell’Unione europea, ossia quella normativa volta a rafforzare l’indipendenza delle redazioni, a tutelare le fonti, a garantire una maggiore trasparenza sulle proprietà dei media e a proteggere i giornalisti dalle forme di spionaggio. Tuttavia, non tutti gli Stati membri la applicano allo stesso modo. Sono proprio alcuni paesi Ue a dominare la classifica di RsF, ossia Norvegia, Estonia e Paesi Bassi, mentre la chiudono Cina (178° posto), Corea del Nord (179°), Eritrea (180°). Rispetto al 2024, la Danimarca è uscita dal podio (2° posto), scendendo in sesta posizione, così come la Svezia che dal terzo posto è attualmente quarta. Tra le sorprese, Trinidad e Tobago al 19° posto davanti al Regno Unito, Taiwan al 24° prima della Francia. All’interno dell’Unione europea è la Grecia a far peggio. Secondo Pavol Szalai, responsabile della regione balcanica di RsF, “in Grecia, la libertà di stampa è minacciata dall’impunità sui crimini commessi contro i giornalisti. Mi riferisco all’assassinio del reporter Giorgos Karaivaz nel 2021. Finora c’è stato un solo processo e gli imputati sono stati assolti. Nel Paese si riscontra anche la più grande sorveglianza su giornalisti all’interno dell’Ue: più di dieci professionisti sono stati presi di mira attraverso il software di spionaggio Predator, che ha dato il nome all’ormai famoso Predatorgate”. Sempre nell’Ue, si registra la retrocessione della Germania che scende all’11° posto a causa di un “clima di lavoro sempre più ostile per i professionisti dei media, in particolare a causa degli attacchi dell’estrema destra”. Mentre l’Ungheria si colloca al 68esimo posto dal momento che il governo ha un controllo di circa l’80 per cento delle redazioni grazie a persone vicine al primo ministro Viktor Orbán.
Allargando lo sguardo a livello globale, RsF denuncia che ad Haiti (112°, in calo di 18 posizioni) l’instabilità politica ha trascinato nel caos anche l’economia dei media. In trentaquattro Paesi si sono registrate chiusure di massa delle testate giornalistiche, con conseguente esilio di giornalisti negli ultimi anni. Ciò è particolarmente evidente in Nicaragua (172°, in calo di 9 posizioni), Bielorussia (166°), Iran (176°), Myanmar (169°), Sudan (156°), Azerbaigian (167°) e Afghanistan (175°), in cui “le difficoltà economiche aggravano gli effetti della pressione politica”. E “disastrosa” è la situazione in Palestina (163° posto) per Rsf: a Gaza, l’esercito israeliano ha distrutto redazioni, ucciso quasi 200 giornalisti e imposto un blocco totale sulla Striscia per oltre 18 mesi.
 di Alida Federico

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