Miceli, criminalità diffusa
nel giro di cosa nostra
Società | 13 ottobre 2025

Ci sarà sicuramente tempo e modo per interrogarsi sulle cause della violenza giovanile, sul disagio e sui modelli educativi. Oggi, nel giorno in cui è stato versato ancora una volta il sangue dell’ennesimo giovane, abbiamo bisogno di rispondere a domande più immediate.
Ci sono troppe armi in circolazione. A quanto pare è facile procurarsele e probabilmente c’è qualcuno che ne ha disponibilità.
Ci sono troppo poche forze dell’ordine mobilitate in città e ci sono falle nel sistema di sicurezza: Palermo non è mai stata così indifesa e così fragile.
La mafia, ovvero le cosche mafiose della città, che governa l’insieme dei traffici illeciti, ha qualcosa a che fare con questa sorta di licenza di uccidere che sembra essere ormai la normalità per la delinquenza cittadina? Delle due l’una: o la mafia è presente nel territorio e dunque tollera, ammicca, lascia fare e asseconda; oppure è un soggetto ormai marginale che vive di ricordi ma in effetti non ha più “presa” nel territorio.
Io credo che quella che vediamo sia violenza diffusa di ragazzi che orbitano nel mondo di cosa nostra. Sono la manovalanza futura, e forse presente, rappresentano una delle aree di reclutamento di cosa nostra. Separare cosa nostra dalla violenza contro inermi cittadini è sbagliato. Non sarebbe la prima volta che recluta ragazzi di quartiere, violenti e disposti a tutto, per rafforzare la sua presenza e la sua capacità di intimidazione. Qualcuno pensa che quando una attività commerciale sarà presa di mira l’organizzazione mafiosa farà fatica a piegarla alla logica del racket? L’insicurezza e la violenza hanno sempre reso più forte cosa nostra. E così è ancora oggi, in questi giorni, in questi mesi.
Palermo è in bilico: in forme e modi diversi può tornare a vivere un nuovo assoggettamento, nuova violenza, una intimidazione generalizzata. Siamo in emergenza: la società civile, la convivenza e la sicurezza di migliaia di giovani sono a rischio.
O si è in grado di fare una analisi compiuta, seria e ragionata, con le conseguenti decisioni operative, oppure manifesteremo tutta la nostra incapacità di governo di una città che rischia di ripiombare in un clima tetro e nero.
Diamo per scontata la convocazione di un comitato per l’ordine e la sicurezza, magari una ulteriore visita del ministro dell’Interno e tutte le cose che conosciamo ormai a memoria. Ricordiamo che già dopo i fatti di Monreale si riunirono i vertici politici e delle forze dell’ordine. Da quel giorno non un uomo, non un poliziotto né un carabiniere in più per portare sicurezza a Palermo.
Una città violenta allontana le persone, entra nelle “black list” delle società che muovono uomini e donne nel mondo, scompare dai radar di milioni di persone. Una città che è sotto pressione per la presenza della mafia, per la violenza e l’intimidazione verso le attività economiche non ha futuro. È tornato il momento di gridare e di chiedere. E’ il momento di pretendere.
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