Progetto educativo, c’è
il vuoto dietro la violenza
che brucia tanti giovani
Società | 28 ottobre 2025

Mai tema fu più attuale di quello che ha aperto la ventesima edizione del “Progetto educativo antimafia” del Centro studi Pio La Torre. Nell’aula magna dell’Istituto tecnico industriale “Vittorio Emanuele III” di Palermo si è discusso attorno a "La questione giovanile tra disagio e violenza di strada", prima conferenza alla quale si sono collegati oltre 180 istituti scolastici d’Italia. Non una partecipazione passiva, quella degli studenti, che hanno avuto la possibilità di porre domande ai relatori: il sociologo del diritto e della devianza dell’Università di Palermo, Giovanni Frazzica, e il parroco della comunità pastorale Roccella-Sperone Palermo, don Ugo Di Marzo, moderati dalla giornalista Silvana Polizzi.
Il tema era stato scelto già prima che la cronaca facesse riflettere sull’ondata di violenza che ha stretto Palermo il 25 aprile con la strage di Monreale e in una notte di ottobre nel cuore della movida palermitana. Coinvolti sempre giovani in una spirale che suscita domande come questa posta da uno studente: “Perché non si pensa che, a fronte di tanti ragazzi che non hanno voglia di costruire nulla, ce ne sono tantissimi altri che credono nella legalità e nella possibilità di cambiare il nostro futuro?”.
“Il motto del nostro progetto educativo è antimafia e antiviolenza - ha detto in apertura dell’edizione 2025/2026 del progetto, Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro La Torre - ma le nostre manifestazioni aggiungono sia il tema della droga sia quello della pace, perché in un mondo pieno di guerre la violenza individuale, i femminicidi, sono frutto di un clima generale nel nostro pianeta. Il problema è costruire politiche di misure, di prevenzione, per impedire che i sistemi mafiosi possano attecchire nel tessuto sociale. Lo dico perché è sotto gli occhi di tutti che le organizzazioni criminali sono mafiose se mantengono il collegamento con il territorio e con la politica, se sono protette da una parte della politica, quella corrotta, che della corruzione fa uno strumento di potere, come vediamo dalle scene della vita democratica. È importante che oggi con noi, oltre al sociologo Giovanni Frazzica, ci sia un prete di quelli in cui convive la sintesi dell'impegno sociale e dell'impegno religioso. Bisogna aiutare i deboli, i poveri, come dicono i papi degli ultimi tempi, sottolineandolo con più forza rispetto all'ingiustizia sociale, ma soprattutto dobbiamo avere il coraggio di mobilitare la gente dei quartieri in cui la mafia ha prosperato e ha avuto un suo ruolo”.
Difficili tanti territori di Palermo, non solo lo Zen, da cui provengono i protagonisti degli ultimi fatti di cronaca. Don Ugo Di Marzo arriva proprio da lì. "Io sono cresciuto pure per la strada – racconta – e però in un quartiere che mi permetteva di essere al sicuro con valori condivise e famiglie alle spalle. Non è la strada in sé che fa la differenza, ma quello che vi si trova. Ci sono periferie che non sono solo fisiche ma, come diceva papa Francesco, esistenziali, che stanno diventando un serio problema se non le vediamo nell'ottica di una vera sfida educativa. E da prete dico che la Chiesa tante volte è mancata nelle periferie. Proprio le periferie, però, ci interpellano, perché abbiamo tanti esempi anche a Palermo, in tante parti d'Italia, di periferie esistenziali anche nel cuore del centro storico delle città con la presenza di figure positive per tutti i nostri ragazzi”.
Sogni, desideri che si annullano quando la rete, Internet, i social propongono una realtà falsata. Ma quali sono le risposte giuste da potere dare ai ragazzi che chiedono di capire?
“Generalmente ho sempre più domande che risposte – sottolinea il sociologo Giovanni Frazzica – e non ho tanta fretta di scoprire le risposte perché il rischio è che se ne possano trovare di frettolose. Ma ci chiediamo chi sono questi giovani? Che vuol dire disagio giovanile, violenza di genere. Quale genere? Quali generi? Il problema dei disoccupati. Quali disoccupati? Le periferie. Quali periferie? Le periferie esistenziali, le periferie geografiche, le periferie culturali. Sono tutti problemi che vengono declinati diversamente. Gli episodi che hanno investito Palermo hanno coinvolto ragazzi che si sfidavano per le strade per mettersi in mostra, per dimostrare di essere forti e che hanno portato in alcuni casi a delle uccisioni. Sono episodi che fanno pensare, che mettono paura, ma anche tristezza, perché dietro quella violenza si nasconde spesso un grande vuoto. Noi ci chiediamo cosa spinga giovani che dovrebbero avere sogni, passioni e voglia di vivere a scegliere la rabbia, la forza o l'aggressività per sentirsi qualcuno? Forse il bisogno di appartenere a qualcosa, di farsi notare, di trovare un'identità in una realtà che troppo spesso ti fa sentire invisibile, inadeguato, sbagliato. Provo paura perché potrei trovarmi anche io nel posto sbagliato al momento sbagliato. Certamente, per contrastare la violenza, sono necessari strumenti di repressione e di controllo del territorio che dovrebbero essere garantiti dallo Stato. Tuttavia, non credo che questo sia sufficiente".
Ultimi articoli
Giovani e violenza Progetto educativo antimafia
Azzolini, così Tele L'Ora accese le luci sui missili
Lo Monaco, dai missili tracce del delitto La Torre
I fronti sempre caldi di Gaza e Ucraina
Si ferma (per ora)
il ddl contro
Roberto Scarpinato
L’uccisione del procuratore Costa, un’inchiesta
nella palude
Lo Stato si è fermato
al ghetto dello Zen
Miceli, criminalità diffusa
nel giro di cosa nostra
Comiso, il ricordo della stagione pacifista
All’Europa serve il dialogo con il Sud del Mondo