Si ferma (per ora)
il ddl contro
Roberto Scarpinato
Società | 17 ottobre 2025
Chi chiederà scusa a Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Rhao? Con audacia e con il forte sostegno di Giorgia Meloni, la presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, ha portato avanti un disegno di legge, insieme ad altri firmatari della destra di governo, che ha dell’inverosimile: avrebbe dovuto estromettere dai lavori sulle stragi i due senatori del M5S. I più autorevoli costituzionalisti, come Michele Ainis, Roberto Zaccaria, l’hanno definita una legge “contra personam”, successivamente meglio battezzata “anti Scarpinato”. Secondo Zaccaria, il conflitto d’interessi prevede una “contraddizione fra funzione pubblica e un tornaconto privato”. Secondo Ainis, “il disegno di legge ha un sapore persecutorio; siamo di fronte ad una legge ad personam, o meglio contra personam, perché questo lo dichiara la stessa relazione illustrativa al disegno di legge”.
Il disegno di legge è andato in discussione martedì 13 e avrebbe dovuto concludersi con il voto bicamerale. Senonché il 14 ottobre è stato approvato il calendario per i mesi di ottobre e novembre, nel quale non appare il ddl in argomento.
Per dovere di chiarezza, trascrivo qui di seguito l’Ansa che ne dà notizia:
Dubbi ufficio studi Senato, pausa riflessione su ddl antimafia
La cosiddetta legge "anti Scarpinato" in stand by
(ANSA) - ROMA, 15 OTT - Pausa di riflessione sul ddl sul conflitto di interesse in Commissione anti-mafia, la cosiddetta "legge anti-Scarpinato". L'ufficio studi del Senato ha espresso dubbi di costituzionalità su due punti: non chiarisce in cosa consista il conflitto di interessi e lede le prerogative costituzionali dei parlamentari. Il provvedimento su cui ieri si è conclusa la discussione generale, e su cui si sarebbe dovuto iniziare a votare tra oggi e martedì, è invece uscito fuori dall'ordine del giorno e dal calendario di ottobre e novembre. Il ddl stabilisce che i componenti della antimafia possano sollevare il conflitto di interessi sugli atti della commissione contro un altro membro della Bicamerale, e che su tale istanza si vota a maggioranza. Una volta dichiarato il conflitto di interessi il parlamentare così colpito deve astenersi dagli atti della commissione riguardanti il dossier in questione. Il provvedimento è stato chiamato "Anti-Scarpinato" perché, come hanno dichiarato in aula ieri il capogruppo di Fi Maurizio Gasparri e Raoul Russo di Fdi, mira a escludere Scarpinato dalla discussione sulle stragi di mafia del 1994. Oggi la capogruppo ha approvato il calendario dei prossimi mesi proposto dal presidente Ignazio La Russa, dove per ottobre e novembre manca il ddl. Una decisione interpretata come una scelta del centrodestra di un periodo di riflessione, anche per non dover mettere in imbarazzo il Quirinale al momento della firma di un ddl su cui ci sono dubbi di costituzionalità (ANSA).
Fin dall’inizio, da quando siamo venuti a conoscenza del ddl 1277, sono stati espressi molti dubbi, che Scarpinato ha, con tutta la intensità possibile, tentato di spiegare a una commissione talvolta disattenta e talaltra impetuosamente contrastante adottando una strategia che aveva l’unico scopo di non mettere in discussione l’inchiesta sulle stragi del 1994.
A ben vedere, sembrava che la presidente della commissione parlamentare antimafia, opportunamente istruita dalla sua amica, Giorgia Meloni, manifestasse sentimenti di vendetta come una specie di “antica legge del taglione”. La lettura della nuova normativa non lasciava spazio a dubbi circa l’intento della legge pedissequamente orientata verso una sorta di punizione nei confronti di Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
È tanto vera questa convinzione quanto è vero che i proponenti del disegno di legge hanno inserito nel testo la sua validità anche retroattivamente.
Per quanto attiene ai motivi formali che sarebbero stati determinanti per la scrittura del disegno di legge, essi sono: De Raho, per essere stato procuratore nazionale antimafia durante l’inchiesta a carico del finanziere Pasquale Striano; Scarpinato per essere stato titolare dell’inchiesta su “mafia e appalti”. Su questa questione è d’obbligo fare una breve puntualizzazione: la maggioranza parlamentare, cominciando da Giorgia Meloni e Chiara Colosimo, ritiene da sempre che il dossier dei carabinieri sia stato la vera causa della strage di via D’Amelio, come da sempre sostenuto dall’ex generale Mario Mori, in ottimi rapporti con l’attuale coalizione governativa.
Roberto Scarpinato invece ritiene, come anche sostenuto dall’intero fronte antimafia (costituito da costituzionalisti, professionisti, esperti, giuristi) che la strage di via D’Amelio sia stata una strage di Stato.
Peraltro, come rivelato dalla trasmissione Report sulla Rai, Mori avrebbe pilotato la nomina di alcuni consulenti della Commissione antimafia.
Allora, alla luce di questo breve quadro, appare evidente che l’impostazione della pratica sottoposta all’esame della Commissione, era già compromessa da un pregiudizio che avrebbe inciso irrimediabilmente sui lavori futuri. Ma la Commissione procede a ritmi serrati per giungere alla conclusione voluta. E dunque decide di “licenziare” gli unici commissari a conoscenza di tutta questa capziosa storia politica. Gli unici in grado di condurre la Commissione parlamentare sulla strada della verità.
Ebbene, adesso è tutto cambiato, anche se il problema è solo rinviato a una nuova calendarizzazione dei lavori d’aula.
Però il rinvio della votazione del ddl in argomento fa legittimamente pensare a una pausa di riflessione, forse sollecitata anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è stato assolutamente silente per essere coerente con la sua conosciuta posizione di prudenza sempre abbondantemente entro i confini del ruolo istituzionale che ricopre. E quindi è probabile che la strategia del rinvio “sine die” sia stata decisa per non creare conflitti con il Quirinale.
E già; quel che è troppo è troppo. E il silenzio di Mattarella era giunto al termine, non solo per i dubbi di incostituzionalità del ddl, ma anche per il perseverare della discussione in commissione che aveva raggiunto livelli imbarazzanti.
Ma chi mai – e come – avrebbe potuto spiegare agli italiani che il Parlamento aveva messo alla porta due uomini delle istituzioni, con alle spalle un’esperienza inaudita su quell’argomento specifico – gli unici che avrebbero potuto offrire questo servizio allo Stato non senza rischi e sacrifici – senza una ragione precisa?
Ebbene, adesso aspetteremo la prossima calendarizzazione; forse sbaglierò, ma questo rinvio appare sempre più come quei provvedimenti legislativi che finiscono in un cassetto almeno fino a fine legislatura. Forse la presidente del Consiglio, per una volta, ha capito che era già nel guado e doveva necessariamente venirne fuori. Nel frattempo il ceto politico dovrà farsi capace di riunire tutte le forze in campo per rimediare ai clamorosi errori della destra che governa.
di Elio Collovà
Il disegno di legge è andato in discussione martedì 13 e avrebbe dovuto concludersi con il voto bicamerale. Senonché il 14 ottobre è stato approvato il calendario per i mesi di ottobre e novembre, nel quale non appare il ddl in argomento.
Per dovere di chiarezza, trascrivo qui di seguito l’Ansa che ne dà notizia:
Dubbi ufficio studi Senato, pausa riflessione su ddl antimafia
La cosiddetta legge "anti Scarpinato" in stand by
(ANSA) - ROMA, 15 OTT - Pausa di riflessione sul ddl sul conflitto di interesse in Commissione anti-mafia, la cosiddetta "legge anti-Scarpinato". L'ufficio studi del Senato ha espresso dubbi di costituzionalità su due punti: non chiarisce in cosa consista il conflitto di interessi e lede le prerogative costituzionali dei parlamentari. Il provvedimento su cui ieri si è conclusa la discussione generale, e su cui si sarebbe dovuto iniziare a votare tra oggi e martedì, è invece uscito fuori dall'ordine del giorno e dal calendario di ottobre e novembre. Il ddl stabilisce che i componenti della antimafia possano sollevare il conflitto di interessi sugli atti della commissione contro un altro membro della Bicamerale, e che su tale istanza si vota a maggioranza. Una volta dichiarato il conflitto di interessi il parlamentare così colpito deve astenersi dagli atti della commissione riguardanti il dossier in questione. Il provvedimento è stato chiamato "Anti-Scarpinato" perché, come hanno dichiarato in aula ieri il capogruppo di Fi Maurizio Gasparri e Raoul Russo di Fdi, mira a escludere Scarpinato dalla discussione sulle stragi di mafia del 1994. Oggi la capogruppo ha approvato il calendario dei prossimi mesi proposto dal presidente Ignazio La Russa, dove per ottobre e novembre manca il ddl. Una decisione interpretata come una scelta del centrodestra di un periodo di riflessione, anche per non dover mettere in imbarazzo il Quirinale al momento della firma di un ddl su cui ci sono dubbi di costituzionalità (ANSA).
Fin dall’inizio, da quando siamo venuti a conoscenza del ddl 1277, sono stati espressi molti dubbi, che Scarpinato ha, con tutta la intensità possibile, tentato di spiegare a una commissione talvolta disattenta e talaltra impetuosamente contrastante adottando una strategia che aveva l’unico scopo di non mettere in discussione l’inchiesta sulle stragi del 1994.
A ben vedere, sembrava che la presidente della commissione parlamentare antimafia, opportunamente istruita dalla sua amica, Giorgia Meloni, manifestasse sentimenti di vendetta come una specie di “antica legge del taglione”. La lettura della nuova normativa non lasciava spazio a dubbi circa l’intento della legge pedissequamente orientata verso una sorta di punizione nei confronti di Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
È tanto vera questa convinzione quanto è vero che i proponenti del disegno di legge hanno inserito nel testo la sua validità anche retroattivamente.
Per quanto attiene ai motivi formali che sarebbero stati determinanti per la scrittura del disegno di legge, essi sono: De Raho, per essere stato procuratore nazionale antimafia durante l’inchiesta a carico del finanziere Pasquale Striano; Scarpinato per essere stato titolare dell’inchiesta su “mafia e appalti”. Su questa questione è d’obbligo fare una breve puntualizzazione: la maggioranza parlamentare, cominciando da Giorgia Meloni e Chiara Colosimo, ritiene da sempre che il dossier dei carabinieri sia stato la vera causa della strage di via D’Amelio, come da sempre sostenuto dall’ex generale Mario Mori, in ottimi rapporti con l’attuale coalizione governativa.
Roberto Scarpinato invece ritiene, come anche sostenuto dall’intero fronte antimafia (costituito da costituzionalisti, professionisti, esperti, giuristi) che la strage di via D’Amelio sia stata una strage di Stato.
Peraltro, come rivelato dalla trasmissione Report sulla Rai, Mori avrebbe pilotato la nomina di alcuni consulenti della Commissione antimafia.
Allora, alla luce di questo breve quadro, appare evidente che l’impostazione della pratica sottoposta all’esame della Commissione, era già compromessa da un pregiudizio che avrebbe inciso irrimediabilmente sui lavori futuri. Ma la Commissione procede a ritmi serrati per giungere alla conclusione voluta. E dunque decide di “licenziare” gli unici commissari a conoscenza di tutta questa capziosa storia politica. Gli unici in grado di condurre la Commissione parlamentare sulla strada della verità.
Ebbene, adesso è tutto cambiato, anche se il problema è solo rinviato a una nuova calendarizzazione dei lavori d’aula.
Però il rinvio della votazione del ddl in argomento fa legittimamente pensare a una pausa di riflessione, forse sollecitata anche dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che è stato assolutamente silente per essere coerente con la sua conosciuta posizione di prudenza sempre abbondantemente entro i confini del ruolo istituzionale che ricopre. E quindi è probabile che la strategia del rinvio “sine die” sia stata decisa per non creare conflitti con il Quirinale.
E già; quel che è troppo è troppo. E il silenzio di Mattarella era giunto al termine, non solo per i dubbi di incostituzionalità del ddl, ma anche per il perseverare della discussione in commissione che aveva raggiunto livelli imbarazzanti.
Ma chi mai – e come – avrebbe potuto spiegare agli italiani che il Parlamento aveva messo alla porta due uomini delle istituzioni, con alle spalle un’esperienza inaudita su quell’argomento specifico – gli unici che avrebbero potuto offrire questo servizio allo Stato non senza rischi e sacrifici – senza una ragione precisa?
Ebbene, adesso aspetteremo la prossima calendarizzazione; forse sbaglierò, ma questo rinvio appare sempre più come quei provvedimenti legislativi che finiscono in un cassetto almeno fino a fine legislatura. Forse la presidente del Consiglio, per una volta, ha capito che era già nel guado e doveva necessariamente venirne fuori. Nel frattempo il ceto politico dovrà farsi capace di riunire tutte le forze in campo per rimediare ai clamorosi errori della destra che governa.
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