Alla Sicilia dei disastri ambientali record di soldi disponibili per la prevenzione, minima spesa

Società | 27 ottobre 2021
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Mentre mezza Sicilia è sott'acqua, con immensi disastri economici e di nuovo siamo costretti a piangere morti e dispersi; e nel momento in cui l'altra metà dell'isola guarda preoccupata il cielo affollato di nubi di tempesta, ci pensa la Corte dei Conti a mettere in luce le responsabilità di chi poteva agire per la salvaguardia del territorio e non l'ha fatto, E’ quanto emerge dalla relazione su “Gli interventi delle Amministrazioni dello Stato per la mitigazione del rischio idrogeologico”, approvata dalla Sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti, dove viene, fra l’altro, sottolineato come l’Italia, con circa i 2/3 delle frane censite in Europa, sia il Paese maggiormente interessato da fenomeni franosi. Il “Piano nazionale per la mitigazione del rischio idrogeologico, il ripristino e la tutela della risorsa ambientale”, che ha mobilitato risorse economiche, nazionali e comunitarie, pari a 14,3 miliardi di euro in 12 anni, dal 2018 al 2030, destinate alle Regioni e agli enti locali, ha avuto il pregio di unificare il quadro generale dei finanziamenti, ma non ha risolto i problemi dell’unificazione dei criteri e delle procedure di spesa, dell’unicità del monitoraggio e dell’accelerazione della spesa. I motivi vanno dal ritardo nella progettazione alla complessità delle procedure di spesa, alla mancanza di coordinamento tra i vari organismi istituzionale, a livello nazionale, regionale e locali chiamati a comporre la governance del programma.

Cosa è avvenuto nella nostra isola? Quale percentuale delle rilevanti risorse a disposizione è stata spesa? In che tempi? Per fare cosa? Dall’esame delle tabelle allegate al testo si rileva come la Sicilia sia la regione cui sono state assegnate le maggiori risorse con circa 789 milioni di euro, seguita dalla Lombardia con 598 milioni di euro, dalla Toscana (591 milioni), dalla Campania (486 milioni) e dalla Calabria con 452 milioni di euro. Le tabelle allegate alla Relazione forniscono alcune, utili, tracce per rendersi conto dei colpevoli ritardi e delle occasioni sprecate.

La Sicilia ha avuto assegnate risorse a carico dei programmi finanziati dal FESR 2014-2020 attinenti al rischio idrogeologico ed all'erosione costiera per 227,28 milioni di euro. Risultano impegni per 45,33 milioni pari al 19,9% e pagamenti per 28,66 milioni pari al 12,6%.

Per quanto riguarda i cosiddetti patti per lo sviluppo (ricordate il battage pubblicitario della firma apposta da Crocetta e dal ministro della Coesione dell'epoca all'ombra dei templi di Agrigento?), dai dati forniti dall'Agenzia per la coesione emerge che dei 585,3 milioni di euro di interventi contro il dissesto idrogeologico finanziati nel patto regionale siciliano su fondi FSC 2014-2020 ne sono stati impegnati solo 25, 9 e pagati appena 9. In compenso il Patto Città di Catania e quello di Messina 19,4, che avevano finanziamenti rispettivamente per 31,3 milioni di euro e 19,4 risultano non aver impegnato- e tanto meno speso - un solo euro. Un poco meglio (per modo di dire...) va Palermo che su 40,2 milioni assegnati è riuscito ad impegnarne 2,5, tuttavia si segnalano pagamenti pari a zero euro.

Che dire dei programmi operativi complementari 2014-2020 finanziati con le risorse rinvenienti dall'abbattimento del cofinanziamento nazionale ai fondi strutturali europei? Per la tutela del territorio all'isola sono spettate risorse per complessivi 40,50 milioni di euro, ma nella banca dati unica (BDU) non è presente alcun pagamento o impegno di spesa. Ci accuseranno, com'è già avvenuto, di essere aprioristicamente nemici dell'attuale governo della Regione (ma le responsabilità ricadono anche su quelli che l'hanno preceduto) o di interpretare in modo capzioso le affermazioni della magistratura contabile per confermare il pregiudizio che nutriremmo nei confronti di chi governa attualmente la Regione.

I numeri tuttavia hanno la testa dura e parlano chiaro: i soldi per intervenire c'erano, sono stati utilizzati poco e male. Anche le amministrazioni centrali dello Stato hanno le loro colpe ma la Regione a statuto speciale ha tra le proprie potestà esclusive la tutela del territorio e dell'ambiente e la gestione della lotta al rischio idrico e geologico. Ed è gravissimo che abbia fatto poco e niente per prevenire rischi ripetutamente annunciati Per quanto straordinari siano gli eventi meteorologici di queste ore, non v'è dubbio che i danni sono stati moltiplicati dalle condizioni fatiscenti dei sistemi idrici e da interventi sul territorio che hanno compromesso irrimediabilmente gli equilibri tra la natura e gli insediamenti umani. Un antico proverbio catanese recita: “Prima arrubbaru a Sant'Agata e poi ci ficiru i porti di ferru”. Anche a palermo si dice “Doppu ca arrubaru a Santa Rosalia ci ficiru li porti di ferru”. E' amaro constatare ancora una volta che i soldi per le “porte di ferro” c'erano ma non si è stati capaci di usarli per il bene della collettività.

Il presidente della Regione, Nello Musumeci, si difende:  «Dal 2014 al 2018 la Struttura contro il dissesto idrogeologico in Sicilia aveva speso solo 28,66 milioni di euro. Dal 2019 ad oggi la stessa Struttura ha speso ben 421 milioni. La puntuale relazione della Corte dei Conti, pubblicata alcuni giorni fa è infatti riferita - basta leggerla - all’anno 2018. Siamo orgogliosi di tanto lavoro! Gli sciacalli, singoli o associati, se ne facciano una ragione».  Musumeci dal 2018 è commissario della Struttura contro il dissesto idrogeologico. 

Post scriptum alla difesa di Musumeci

"Ma io non sono Toto'" 

Conosco da molti anni il presidente Musumeci. Ne ho sempre apprezzato la signorilità e l'aplomb da uomo della vecchia destra "per bene". Per questo mi ha meravigliato l'utilizzo di termini che sarebbero eccessivi anche per qualche "scanazzato"  che lo accompagna nella sua faticosa avventura di presidente della Regione in questi anni così difficili. Certamente non si riferiva a noi che abbiamo fatto una mera operazione di trasparenza chiarendo in tutte le sedi che le responsabilità sono da ripartire tra il suo governo,  quelli precedenti ed anche sulle amministrazioni centrali dello Stato. La sua dichiarazione ci ha ricordato l'antica barzelletta di quello che pigliava schiaffi da uno che gli ripeteva " Toto' curnuto". All'ennesimo schiaffo, a chi gli chiedeva perché non reagisse rispose : "Ma io non sono Toto'".



 di Franco Garufi

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