Angelo Meli, il siciliano che viveva in fretta

Dicono di noi siciliani che amiamo fare le cose lentamente senza troppa fretta, ma allora non eri siciliano. Angelo, te ne sei andato troppo in fretta. Talmente in fretta che non mi hai nemmeno salutato. E un siciliano al saluto ci tiene. A distanza di quasi cinque mesi ricordo l'ultimo tuo messaggio, dopo aver ricevuto un mio pezzo per A Sud’Europa, diceva: "Grazie sempre, alla prossima. Salutoni alla signora". Ma "alla prossima" non doveva essere quello che è stato.
"Vivi veloce, muori giovane e...." diceva John Belushi e tu lo ha ascoltato alla lettera, ma Belushi non era siciliano, tu sì.
Non mi va di dire che non è cambiato niente e che tutto prima o poi passerà.
Oggi mi manchi tantissimo e il vuoto che hai lasciato nessuno lo potrà colmare.
Gustave Flaubert diceva: “Un amico che muore, è qualcosa di te che muore”. Aveva ragione. Qualcosa in me è morto. Certo restano i ricordi e con quelli ora convivo. Tanti ricordi.
Al Giornale firmammo assieme, lo stesso giorno, la lettera di assunzione.
Oltre trent'anni fa. E come non ricordare il lavoro mattutino interrotto per andare alla Kalsa. Bastava uno sguardo e già eravamo sulle scale, direzione pane e panelle. Anche lì avevi fretta. Io per mangiare la mafalda imbottita ci impiegavo un bel po’, tu in tre bocconi finivi. Mi giravo e ti vedevo che accartocciavi il foglio di cartapaglia che avvolgeva il panino e lo gettavi nel cestino.
E anche quando dal Giornale di Sicilia mi hanno trasferito a Caltanissetta non mancava la telefonata mattutina. Allo stesso orario della pausa palermitana. “Lo sapevo che eri lì” mi dicevi e partiva la risata alla mia risposta “Anche io lo so che sei li”. Appuntamenti quotidiani per non dirci nulla o tanto. Volevamo solo sentirci, ci bastava.
Ti conoscevo da anni, da una vita.
E sapevo quando potevo parlare e quando dovevo stare zitto. Sapevo che quando mi rispondevi “È urgente?" ad una mia telefonata, non potevi o volevi parlare e allora chiudevo, ti avrei richiamato.
Oscar Wilde diceva che "certi uomini migliorano il mondo solamente lasciandolo" e tu lo hai peggiorato di molto andandotene. Tu eri l'amico che dava senza mai chiedere.
Mi hai dato tanto. Spero, me lo auguro, di averti dato qualcosa anch'io.
In molti sono stati sconvolti dalla tua morte e ancora oggi il nome di Angelo Meli non passa inosservato, anzi.
Vengo spesso a trovarti dove ora riposi, a Canicattì, per avere l'illusione di potere scambiare quattro chiacchiere come abbiamo fatto per decenni. Prima di andarmene da quel luogo chiudo gli occhi e ti rivedo, ma so che ora stai camminando accanto alla mia nostalgia.
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