Giustizia riformata, Costituzione demolita

Politica | 5 agosto 2025
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Ebbene, si! L’ombra di Silvio Berlusconi continua ad aleggiare sui palazzi delle istituzioni; quei palazzi da lui per lungo tempo frequentati e sui quali ha lasciato la sua impronta indelebile; quei palazzi nei quali, qualche giorno addietro, ha avuto inizio la più devastante demolizione del bene più prezioso di cui godiamo noi italiani, la Costituzione della Repubblica: quella Costituzione voluta dai nostri padri costituenti che avevano combattuto per la libertà e che avevano dato il via alla nostra democrazia.
Dopo ottanta anni, il Senato della Repubblica ha approvato la prima delle riforme costituzionali, quella della separazione delle carriere (che invero si tratterebbe piuttosto della separazione fra magistratura inquirente e magistratura giudicante). Per la maggioranza politica di destra deve essere stato un fatto considerevole, tanto da indurre il ministro Carlo Nordio a presentarsi nelle stanze del Senato con abbondanti vassoi di pasticcini (un po’ come faceva Totò Cuffaro). I colleghi hanno potuto apprezzare un Ministro giubilante, soddisfatto del successo ottenuto anche in nome del “padre celeste” Silvio Berlusconi. Invero quel godimento di Nordio a chi ben conosce la storia della magistratura non può che apparire quanto meno contraddittorio con quanto sostenuto dal ministro circa trent’anni fa, quando, durante il periodo di Mani pulite, ebbe a manifestare la sua contrarietà alla riforma sulla separazione dei magistrati.
“Ho cambiato idea”, ha detto Nordio. Qualcuno sostiene che cambiare idea debba considerarsi un segno di intelligenza, di saggezza perché sarebbero aperte nuove prospettive.
Tuttavia a noi non interessa sapere con quale ragione o approccio intellettivo sia stata pronunciata quella dichiarazione. Comunque sia, il ministro, dopo trent’anni, avendo cambiato poltrona, ritiene che sia più opportuno dichiararsi in modo diametralmente opposto.
In proposito è opportuno, per una migliore conoscenza del lettore, ricordare la lettera in questione, firmata da Nordio il 3 maggio 1994.
“I sottoscritti magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Venezia aderiscono al comunicato dell’Associazione nazionale magistrati in quanto contrari alla divisione delle carriere dei magistrati con funzioni requirenti e con funzioni giudicanti”.
Certo è che la questione appare assai singolare. Perciò vien da dire che la riforma Nordio non sia scaturita da riflessioni giuridiche e nell’interesse della popolazione, bensì per onorare la figura di Silvio Berlusconi con particolare riguardo alla riforma sulla Giustizia. Volendo anche esagerare, ma solo per rendere meglio l’idea, si tratterebbe di una sorta di rivalsa per tutte le “molestie” che Berlusconi avrebbe sopportato da “uomo di Stato”.
Ritornando al tema di questo intervento, occorre sottolineare quanto sia importante per la maggioranza di destra la riforma di cui argomentiamo, perché essa darebbe l’avvio alle successive riforme costituzionali il cui principio strutturale sarà certamente il trasferimento nelle mani dell’esecutivo di tutti i poteri dello Stato. “Governo con pieni poteri” dunque. Tutti i provvedimenti del Governo hanno portato questo marchio: abolizione del reato d’abuso d’ufficio, decreto sulla sicurezza, forti limiti ai mezzi di comunicazione, limiti all’uso delle intercettazioni e, adesso, la divisione della magistratura in due parti compresa la divisione del Consiglio superiore della magistratura.
Non finisce qui, perché la maggioranza di governo e parlamentare sembra che sia orientata a discutere, adesso, l’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale mentre spero fortemente che non venga mai toccato l’art. 416 bis del codice penale (associazione di tipo mafioso).
A questo punto, però, inevitabilmente entrano in discussione, in primo luogo, l’avvio a una disgregazione programmata della Costituzione allo scopo di instaurare uno Stato autoritario con pieni poteri al Governo e l’annientamento delle funzioni del Parlamento. La situazione si complica ulteriormente perché comincia a scricchiolare il sistema della separazione dei poteri: legislativo, giudiziario ed esecutivo. Perché se è vero – come è vero – che il pubblico ministero non farà più parte del Consiglio superiore della magistratura ma di un Csm al quale aderiranno solamente i magistrati requirenti, sarà vero che il pubblico ministero non potrà che essere sottoposto all’esecutivo e dovrà attenersi alle famose istruzioni – come già annunciate – che il governo emanerà periodicamente e che, rispetto alle indagini, dovranno avere priorità assoluta.
Mentre Giorgia Meloni fa il giro del mondo con l’aereo di Stato financo specchiandosi nella copertina che Time le ha dedicato, i suoi fedeli preparano i compiti a casa per sottoporli – al suo ritorno – all’approvazione della presidente del Consiglio.
Le pressioni per mettere in piedi un laboratorio per le riforme, specialmente quella sulla Giustizia e sulla magistratura, erano tantissime, fin quando Carlo Nordio, chiamato dalla Meloni al Ministero della Giustizia, in nome di Silvio, in men che non si dica scrisse parecchie riforme, alcune delle quali prevedono di governare con pieni poteri. Importanti variazioni alla Carta costituzionale, con tutto ciò che ne consegue in termini di ricorso al referendum confermativo. A tanto si ricorre nel caso in cui la votazione in aula non raggiunga la maggioranza qualificata del 75%.
Credo che a tutti sia chiaro quanto possa, questa riforma, stravolgere il sistema giudiziario nel caso in cui dovesse superare indenne tutti i passaggi parlamentari previsti (doppia votazione in ambedue le Camere). In atto, dopo l’approvazione del Senato, la legge di riforma è ritornata alla Camera dei deputati per la seconda votazione, a seguito della quale dovrà passare nuovamente alla Camera dei deputati per la votazione finale.
E tanto sarà più grave il danno prodotto quanto vorrà il legislatore far seguire il percorso riforme da quelle previste nel programma di Governo: in primo luogo pare che sia il turno dell’abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. Lo abbiamo detto e scritto tante volte ma è giusto ripeterlo anche in questa occasione perché il lettore non rimanga privo delle necessarie conoscenze per comprendere meglio l’attuale crisi istituzionale. Con ciò non voglio assumere le vesti dei giuristi e studiosi della materia che analizzano tale riforma cercandone i punti di criticità. Mi è sicuramente concesso però di affrontare il tema trattato da addetto ai lavori e da semplice cittadino che si pone alcune fondamentali domande finalizzate alla conoscenza non solo della novella norma, bensì anche dei vantaggi o svantaggi che procurerà – eventualmente – con la sua applicazione.
Nel caso che ci riguarda, durante la seduta del Senato, sono stati bocciati circa 1300 emendamenti depositati dall’opposizione. E allora, tenuto conto della lungaggine procedurale per giungere all’approvazione della legge di riforma; tenuto altresì conto dell’enorme costo economico che le cancellerie andrebbero a sostenere in occasione di ciascuna variazione alla legge base; il cittadino culturalmente sprovveduto si chiederà legittimamente quali saranno, quando la legge sarà promulgata, i vantaggi che potrà recuperare per migliorare in genere la propria condizione di vita.
Allora, dobbiamo cominciare tutto da capo.
Abbiamo detto che è ormai più che un sospetto il fatto che la Meloni voglia governare con pieni poteri, senza alcun intralcio da parte delle opposizioni. In particolare possiamo senza alcun dubbio affermare che la toga meno gradita alla destra è quella del pubblico ministero e non certo e non solo perché costituisce l’accusa nei processi, ma perché nella recente storia giudiziaria molti soggetti delle istituzioni, molti colletti bianchi, molti manager, hanno dovuto scontare pesanti condanne per reati gravissimi (vedi abuso d’ufficio, corruzione, concussione e altri delitti). Fra questi, non possiamo non tenere conto delle gravose pene comminate per avere intrattenuto rapporti fra politica e mafia nei quali le famiglie del sodalizio mafioso potevano contare sull’aiuto della politica. Il tutto con buona pace per amministratori pubblici, corruttori e corrotti, bancarottieri.
E dunque un plauso a Carlo Nordio (sic!) che, da bravo ex-magistrato qual è stato, saprà ben districarsi per realizzare tutte quelle riforme che gli saranno utili per portare a buon fine il programma politico di Giorgia Meloni: autoritarismo!
 di Elio Collovà

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