Falcone, una strage
per piegare lo Stato
Società | 22 maggio 2025

Ogni anniversario antimafia, per non essere pura formalità, deve essere attualizzazione della memoria storica. Nell’attuale fase politica nazionale si registrano ogni giorno attacchi governativi contro la democrazia parlamentare, la magistratura, il libero giornalismo, la moderna legislazione antimafia nata con la legge Rognoni-La Torre del 1982, tentando di negare ogni rapporto delle mafie con settori della politica e della classe dirigente. Queste azioni vanno contrastate con la mobilitazione democratica della società civile, della politica e di quanti siano interessati a un cambiamento dell’epoca che superi la crisi dei sistemi democratici, elimini ogni ingiustizia sociale e tutte le povertà, solleciti la partecipazione dei cittadini alla vita politica, sconfiggendo populismi e sovranismi.
Nella ricorrenza della strage di Capaci del 23 maggio 1992 ricordiamo tutte la vittime delle stragi di mafia del 1992-1993 e della seconda guerra di mafia del 1978-1983. Da quest’ultima nacque la Rognoni-La Torre, prima legge antimafia dopo 122 anni dall’Unità d’Italia e promosse un nuovo movimento antimafia popolare, sociale, politico, istituzionale, religioso.
Le stragi del 92-93 non furono solo una vendetta della mafia per le condanne definitive del maxi-processo, reso possibile dalla legge Rognoni-La Torre e dal coraggio e onestà intellettuale dei giudici e del pool antimafia voluto da Rocco Chinnici di cui fecero parte Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, Giovanni Falcone, Leonardo Guarnotta. Furono anche il tentativo fallito di piegare lo Stato democratico, confermando la tesi che la mafia è un fenomeno “riguardante le classi dirigenti” (Relazione La Torre, Commissione antimafia nazionale 1976).
La mafia stragista storicamente è stata sconfitta, ma le sue propaggini moderne si sono riprodotte nelle nuove forme d’intimidazioni più silenziose e corruttive (sparano di meno ma corrompono di più). Le mafie non sono antistato, per arricchirsi hanno bisogno di un rapporto con la politica e il mondo degli affari disponibili e collusi per riciclare nell’economia, nella finanza internazionale gli enormi profitti dei loro affari illeciti. Tutto ciò senza abbandonare il controllo dei territori con le più antiche pratiche estorsive.
L’attuale tentativo della maggioranza governativa di ridurre le mafie a fenomeno tutt’al più locale o regionale, negando la sua globalizzazione e lo storico rapporto mafia-politica, deve essere fortemente contrastato a livello politico, sociale, istituzionale, economico.
Le più recenti operazioni repressive antimafia delle forze dell’ordine e della magistratura meritano priorità politica a cominciare dalle forze di sinistra più sensibili storicamente. Se le guerre di mafia sono ridotte a un banale contrasto per qualche appalto, si cancellano 164 anni di antimafia compresi quelli che anche recentemente hanno visto e vedono scuole, chiese, sindacati, associazioni antimafia in piazza come il 6 gennaio, il 30 aprile o il 23 maggio o 19 luglio o in marcia antimafia nell’ex Triangolo della morte oggi di vita (Bagheria-Casteldaccia).
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