I troppi ostacoli che frenano le imprese siciliane
Fare impresa in Sicilia è un percorso accidentato, mentre il Trentino Alto-Adige offre l'habitat più favorevole. Lo rivela l' Indice di disagio imprenditoriale 2015 elaborato da Fondazione Impresa su un mix di 12 indicatori con un focus sulle imprese fino a 20 addetti. Se nel mondo il nostro Paese, secondo il rapporto «Doing Business» della Banca Mondiale, si situa al 56° posto dopo il Rwanda e la Bulgaria, la mappa territoriale mette in luce numerose sfumature.
Quest' anno, per esempio, non mancano le sorprese: tra le regioni dove è più difficile fare impresa spuntano al quarto posto le Marche, accanto alle aree del Mezzogiorno. Tutte accomunate da una recessione che ha lasciato il segno, combinata ad altri fattori in parte collegati, come il credit crunch, il tasso di mortalità delle imprese o il grado di innovazione.Rispetto all' edizione del 2014 la Sardegna ha "scalato" ben cinque posizioni, ottenendo la maglia nera del disagio con un indice che sfiora i 70 punti.
«Il risultato - spiega Daniele Nicolai di Fondazione Impresa, che ha curato lo studio - è frutto di un mix tra il contesto macroeconomico, con un Pil in discesa del 13% dall' inizio della crisi, l' intensificazione della stretta del credito e i tassi d' interesse praticati alle piccole imprese più elevati d' Italia. Pesa inoltre la bassa densità di autostrade e ferrovie».
Tanto che la regione si trova ai primi posti nelle classifiche per otto dei 12 indicatori esaminati.In seconda posizione si piazza la Sicilia, al top nella scorsa edizione, che sconta un sensibile calo delle imprese attive (circa l' 8% dall' inizio della crisi) e un tasso elevato di procedure concorsuali, unito alla recessione prolungata, con un Pil in caduta libera del 13% dal 2008 a oggi e alla stretta creditizia. La Calabria, che primeggia in quattro indicatori negativi, sale al terzo posto, seguita dalle Marche.
La regione ha sofferto più di altre la coda della recessione: il Pil ha registrato una frenata dell' 11% dall' inizio della crisi, ha subìto una stretta creditizia troppo soffocante rispetto a contesti produttivi simili (-8,6% rispetto al -7,12% del Veneto e al -7,18% dell' Emilia-Romagna) e presenta tassi di innovazione bassi (27,2% rispetto al 35,5% della media italiana). Seguono, poi, Campania, Molise e Abruzzo. La prima registra un miglioramento rispetto allo scorso anno grazie all' attenuarsi del credit crunch e a timidi segnali sul versante della creazione di imprese.
L' Abruzzo scala invece la classifica di otto posizioni a causa del raddoppio della stretta creditizia per le imprese con meno di 20 addetti e al peggioramento dei dati sul tasso di sopravvivenza delle imprese. Umbria, Puglia, Lazio, Liguria, Lombardia e Basilicata mostrano invece un livello medio di disagio. La prima segna un forte miglioramento rispetto al 2014, quando occupava la seconda posizione, grazie all' attenuarsi della crisi e dei costi del credito.
Il Lazio risulta, invece, maglia nera per il tasso di sopravvivenza delle imprese e per le procedure concorsuali.Per trovare una regione del Nord bisogna guardare all' undicesimo posto della Liguria. Qui pesano lo scarso utilizzo della banda larga e gli indicatori del credito, con alti tassi d' interesse praticati alle imprese più piccole. In lieve miglioramento, invece, è la Lombardia, con un indice di disagio imprenditoriale (54,3) in linea con la media italiana (54,2). Restano però alcune ombre, come il numero di fallimenti e la concentrazione del credito sulle imprese più grandi.
La classifica mostra anche la rinascita del Nord-Est: Emilia-Romagna (al 15° posto), Veneto (17°) e Friuli Venezia-Giulia (18°) scendono nel ranking del disagio rispetto alla precedente edizione. Peggiorano invece il Piemonte e la Toscana. In fondo alla graduatoria e con un distacco di oltre 13 punti dalla Valle d' Aosta si conferma il Trentino-Alto Adige. «Merito - conclude Nicolai - di una performance eccellente in quasi tutti gli indicatori presi in esame: rispetto al 2008 il Pil è rimasto sostanzialmente stabile, il credit crunch è ai minimi e la banda larga ha un grado di utilizzo elevato». Un habitat davvero naturale per fare impresa. (Il Sole 24 Ore)
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