Mattarella, il mondo
ha bisogno dell'Europa
Società | 12 settembre 2025
Da una parte i conticini della serva e i tornaconti da avidi bottegai dei partiti. La navigazione, a vista, l’assenza di orizzonti e strategie. I balbettii, i post, gli spot, le dichiarazioni ripetitive, pappagallesche ai Tg di Stato che sanno tanto di insulto all’intelligenza dei cittadini. Da una parte, in buona sostanza, tutta la pochezza dell’attuale classe politica italiana. Dall’altra la capacità di analisi storica e politica, l’europeismo vissuto come fede e proposto con spiegazioni dimostrate e plausibili, la franchezza all’indirizzo di leader potenti e prepotenti che maramaldeggiano nel mondo, il rifiuto di vecchie e nuove autocrazie, anche in paesi dove meno te le aspetti, ex fari della libertà. Su tutto l’incrollabile certezza del primato della democrazia. È nutrita di tutto questo e molto altro la pedagogia politica che ricorre negli interventi di Sergio Mattarella. Temi che sostanziano la sua visione delle relazioni internazionali ogni giorno di più brutalmente sotto attacco.
Il presidente della Repubblica in questo momento in Italia dà dignità più di chiunque altro alla giustamente famosa espressione di Alcide De Gasperi “Un politico pensa alle elezioni. Uno statista alle prossime generazioni”. Mattarella “è” uno statista, uno dei pochissimi se non l’unico del confuso panorama italico. Il gap tra il presidente e il raccogliticcio equipaggio imbarcato per far navigare il paese appare incolmabile. Attestato dalle evidenze pubbliche di stima dei cittadini così come dagli indici statistici di apprezzamento del personale politico che da anni lo vedono primeggiare.
Le periodiche “lezioni” di relazioni internazionali del capo dello Stato, dopo la “lectio magistralis” nell’Università di Marsiglia il 5 febbraio 2025 in occasione della cerimonia di consegna della laurea honoris causa, hanno avuto due nuovi momenti di particolare rilievo questa estate. Il 30 luglio al Quirinale nella tradizionale cerimonia del Ventaglio e il 6 settembre nel videomessaggio al 51° Forum Ambrosetti. Naturalmente, specie nel primo intervento, il capo dello Stato ha parlato anche di altri temi determinanti per la nazione: giustizia, economia, lavoro, rapporti sociali, libertà di stampa. Noi qui ci addentreremo solo nella pedagogia mattarelliana su europeismo, organizzazione internazionale, conflitti, analisi dei rapporti tra stati. Come dire il “sancta sanctorum” di tutti i crescenti rischi dell’impazzito mondo del dopo 2022, l’anno detonatore, quello dell’aggressione russa all’Ucraina.
“Nella consapevolezza – premette il presidente - del dovere di non superare i limiti delle mie attribuzioni e di rispettare gli ambiti di competenza del Governo e del Parlamento, cercando di sviluppare – com’è sempre auspicabile – attitudine a riflettere e a esortare a riflettere”.
Proprio quella che manca – “l’attitudine a riflettere e a fare riflettere” – nel pensiero sbrigativo delle forze politiche nel nostro tempo, infarcito di slogan, post e spot. In Itala e non solo in Italia.
Sostiene Mattarella: “Talvolta, in questo periodo, penso a un elemento che, nei decenni scorsi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – contribuiva a sorreggere la pace sul piano mondiale e ad agevolare lo sviluppo nel mondo: l’aspirazione di numerosi Stati – grandi, medi e piccoli – a essere, piuttosto che temuti, come avveniva nel passato, ammirati per il loro sistema e stile di vita; ed essere, di conseguenza, ascoltati e seguiti. Oggi molti protagonisti della vita internazionale aspirano a essere temuti più che stimati e ammirati.
Questa scelta può, forse, produrre qualche vantaggio nell’immediato ma colpisce, incrina ampiamente e forse azzera, per il futuro, fiducia, prestigio, autorevolezza; e, quindi, stabile ed effettiva influenza nella comunità internazionale. Vengono ignorate le esperienze che la storia presenta con evidenza: autentiche lezioni, da non dimenticare; perché la vita del mondo non inizia oggi e tanto è stato già visto nel passato”.
“Guerre di conquista territoriale”
Così riflette Mattarella: “Nemici allarmanti e comuni dell’umanità – di qualsiasi Paese e di qualsiasi regime politico – si sono presentati in questi anni – e vanno contrastati e prevenuti con strumenti comuni, inevitabilmente globali. Dopo la pandemia da covid, i pericoli di nuove pandemie, in un mondo sempre più raccolto nella vita e sempre più unito nelle comunicazioni: aspetto irreversibile, che richiede strumenti comuni come quello, prezioso, dell’Oms – l’Organizzazione mondiale della Sanità – punto di riferimento fondamentale per la sicurezza di tutti e particolarmente irrinunziabile per l’Africa. Le catastrofi ambientali, sempre più frequenti, con le conseguenze drammatiche che anche in Italia abbiamo subito. Attività economiche di grande impatto sociale che vengono esercitate al di fuori di qualunque regola di legge o di mercato, perché si sono sviluppate – e si ampliano sempre di più – al di fuori di qualsiasi ordinamento statale, sovranazionale, globale. La crescente polarizzazione delle ricchezze, con un numero molto ristretto di persone che dispone di immensi patrimoni, a fronte oltre che di grandi sacche di povertà, di una tendenza alla progressiva riduzione delle prospettive della gran parte delle società e dei giovani, in particolare, di ogni nazione, con grave, molto grave, aumento di insicurezza sociale. Una tendenza diffusa alla contrapposizione irriducibile, alla intolleranza alle opinioni diverse dalle proprie, al rifugio in slogan superficiali, in pregiudizi, tra i quali riaffiora, gravissimo, l’antisemitismo, che si alimenta anche di stupidità. L’Intelligenza Artificiale, strumento affascinante, di portata immensamente positiva nell’ambito della salute, che – come tutte le nuove opportunità che la scienza consegna all’umanità – pone di fronte alla responsabilità di uso positivo e non perverso, particolarmente perché, per la prima volta, viene investita la sfera intellettiva.
La tendenza, da più parti coltivata, di accantonare l’irrinunziabile centralità del multilateralismo. Anche attraverso il tentativo di screditare e demolire il ruolo dell’Onu, dei suoi organismi, delle sue Agenzie, facendo perno su lacune e scarsa efficacia della sua azione, condizioni che, in larga misura, derivano da limiti e privilegi prodotti da egoismi di potenza di singoli stati, a partire dall’antistorico diritto di veto. Ottanta anni fa, nel 1945, a San Francisco, veniva adottata la Carta delle Nazioni Unite. Chiediamoci: il mondo sarebbe stato migliore senza l’Onu?”.
Di fronte a questi fenomeni – come da più parti viene sempre ricordato – nella comunità internazionale vi è chi appare distratto, inconsapevole. Vi è chi si dedica a guerre di conquista territoriale, a prove di forza, a perseguire il dominio sui propri vicini. (…) Sembra diffondersi la convinzione che la storia abbia ripreso a scorrere dopo anni di ristagno. Non ho questa impressione ma, comunque, la direzione giusta non può essere quella di tornare indietro, con la scelta di un mondo sempre in perenne conflitto”.
Gaza e Ucraina
La posizione del capo dello Stato su Ucraina e Medio Oriente è nota, ribadita in più occasioni. Ripresa con estrema chiarezza, coerenza, decisione. Tanto da essere finito iscritto a Mosca nel libro rosso dei “nemici” della Russia: “Sul Medio Oriente è persino scontato, purtroppo, affermare che la situazione a Gaza diviene, di giorno in giorno, drammaticamente più grave e intollerabile; e speriamo che alle pause annunziate corrispondano spazi di effettivo cessate il fuoco. Due mesi addietro, in una delle occasioni più solenni del Quirinale – l’incontro, per la nostra Festa nazionale, con gli ambasciatori che rappresentano in Italia i Paesi di ogni parte del mondo – dopo avere ricordato l’orrore del barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre di due anni fa, con tante vittime tra inermi cittadini israeliani e con l’ignobile rapimento di ostaggi, ancora odiosamente trattenuti, ho sottolineato come sia inaccettabile il rifiuto del governo di Israele di rispettare a Gaza le norme del diritto umanitario, ricordato pochi giorni fa – appunto - da Leone XIV. Ho aggiunto, in quell’incontro, che è disumano ridurre alla fame un’intera popolazione, dai bambini agli anziani e che è grave l’occupazione abusiva, violenta, di territori attribuiti all’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania. Ho espresso l’allarme per la semina di sofferenza e di rancore che si sta producendo, che, oltre ad essere iniqua, contrasta con ogni vera esigenza di sicurezza. Quel che è avvenuto nelle settimane successive è ulteriormente sconvolgente. Sembra che sia stata scelta la strada della guerra continua e ovunque, dimenticando che la guerra suscita nuove schiere avverse, nuovi reclutamenti di nemici, indotti anche dal risentimento, dalla frustrazione, dalla disperazione.
L’incredibile bombardamento della parrocchia della Sacra Famiglia a Gaza è stato definito un errore. Da tanti secoli, da Seneca a Sant'Agostino, ci viene ricordato che “errare humanum est, perseverare diabolicum”. Si è parlato di “errori” anche nell’avere sparato su ambulanze e ucciso medici e infermieri che si recavano per dar soccorso a feriti sui luoghi più tragici dello scontro, nell’aver preso a bersaglio e ucciso bambini assetati in fila per avere acqua, per l’uccisione di tante persone affamate in fila per ottenere cibo, per la distruzione di ospedali uccidendo anche bambini ricoverati per denutrizione. È difficile, in una catena simile, vedere una involontaria ripetizione di errori e non ravvisarvi l’ostinazione a uccidere indiscriminatamente. Una condizione raffigurata, in maniera emblematica, dal bambino ferito, accolto con sua madre in un ospedale italiano, dopo aver perduto il padre e nove fratelli – tutti bambini – nel bombardamento della sua casa.
Prosegue, angosciosa, la postura aggressiva della Russia in Ucraina: un macigno sulle prospettive del continente europeo e dei suoi giovani. (…) L’aggressione della Russia all’Ucraina – prosegue Mattarella – ha cambiato la storia d’Europa. Quel grande Paese, che tale rimane, malgrado le gravi responsabilità che la sua attuale dirigenza si è assunta di fronte alla storia, e sulla cui collaborazione avevamo nutrito ampia fiducia nell’Unione Europea, ha assunto sempre più una sconcertante configurazione volta allo scontro di potenza militare.
È ben noto che i Paesi dell’Unione e della Nato che, insieme alla Russia, si affacciano sul Mar Baltico nutrono la grave preoccupazione, se non – come viene enunciato – la convinzione che la Russia, dopo quella all’Ucraina, coltivi il proposito di altre, nuove iniziative di aggressione, a scapito della loro sicurezza se non addirittura della indipendenza di alcuni di essi.
Questi mutamenti – così profondi e inattesi - hanno provocato, tra le altre conseguenze, un comprensibile disorientamento nelle pubbliche opinioni. Disorientamento aggravato da una abile e perversa opera di diffusione di false notizie e di false raffigurazioni”.
Un equilibrio che non c’è più
“Sul piano della realtà delle relazioni internazionali la scelta e la postura della Russia hanno, più che stravolto, cancellato l’equilibrio; equilibrio che garantisce la pace e dissuade da avventure di guerra. È la storia – maestra di vita – che insegna che, fin tanto che non saremo riusciti a eliminare dalla vita internazionale le tentazioni di dominio su altri popoli (ciò che, più o meno, equivale a voler eliminare il male dall’umanità), è l’equilibrio che impedisce di seguire le tentazioni di dominio. Assumendo come punti iniziale e conclusivo il blocco di Berlino del 1948 e la caduta del muro di Berlino del 1989 – interessante notare che si va da un evento all’altro della medesima città – per alcuni decenni abbiamo vissuto – persino nella crisi di Cuba del 1962 – in condizione di pace o, se si vuole, di assenza di guerra di portata mondiale, per effetto dell’equilibrio nucleare tra i due grandi blocchi contrapposti. Successivamente, per un buon numero di anni, abbiamo vissuto nell’equilibrio determinato dalla rassicurante prospettiva di un ampio disarmo nucleare: dagli accordi per la riduzione degli arsenali, effettivamente realizzata, agli accordi di non proliferazione, alla scelta di dar vita, in Europa – tra l’altro con la partecipazione anche della Russia – a un organismo per una sicurezza continentale condivisa, l’Osce. Un equilibrio, questo, finalmente positivo, realizzato quanto meno tra quelli che erano stati i poli mondiali contrapposti dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dal 2022 questo equilibrio – già indebolito da alcuni ritorni indietro sugli impegni assunti – non c’è più. È urgente ripristinarlo. Non per coltivare prospettive e pericoli di guerra ma, al contrario, per preservare la pace. Da qui l’esigenza di adeguate capacità difensive dei Paesi raccolti nell’Unione Europea, affinché questa possa realmente svolgere il ruolo cui è chiamata: essere attrice di sicurezza e promotrice di pace”.
Perché l’Unione Europea è indispensabile
In questo contesto il bisogno d’Europa – pur nella consapevolezza dei suoi affanni, dello sgretolamento indotto da paesi che si allattano alle sue mammelle ma piangono e la contestano, dalle montanti ondate di populismo e nazionalismo, dall’insufficiente e di norma intempestivo sistema decisionale che, frenato o addirittura bloccato da veti, governicchia con tante inadeguatezze anche di profilo qualitativo del personale politico l’architettura istituzionale europea a Bruxelles – trova nel presidente della Repubblica uno dei più convinti fautori. Con tanto di spiegazioni e dimostrazione di questa necessità per noi europei e non solo per gli europei: “Sfugge, talvolta, una preziosa azione in corso: il numero e la vastità degli accordi commerciali e di libero scambio con tante, ampie, parti dei vari continenti. Dal Canada con il Ceta all’America Latina con il Mercosur, dal Giappone ai negoziati avviati con l’India e con altre aree di grande rilievo, si realizza una rete di collaborazioni economiche e commerciali che produce interessi comuni, prospettive condivise e, in tal modo, presidia la pace: un modello – in cui rientra il fondamentale riavvicinamento con il Regno Unito - alternativo a quello della contrapposizione economica che rischia, al contrario, di produrre altre forme, più rudi e pericolose, di contrapposizione. Un modello che trae ispirazione e forza da quanto avvenuto nel nostro Continente, avendo fatto della collaborazione di mercato la base per conseguire pace e benessere”.
Al bisogno di Europa Mattarella dedica praticamente l’intero secondo intervento, il videomessaggio al Forum Ambrosetti. “L’Europa, con la sua unità, è la possibilità offerta per essere presenti con efficacia e per poter incidere nel mondo che cambia così rapidamente. Una grande opportunità che il nostro Paese ha saputo intravedere e concorrere a costruire, con il decisivo contributo di uno statista come Alcide De Gasperi. È sorta sulla base di interrogativi elementari. È preferibile la pace o la guerra? È possibile costruire un mondo in cui gli Stati non vengano contrapposti in nome di artefatti, presunti, interessi nazionali e, al contrario, collaborino per il benessere congiunto dei loro popoli? A prevalere devono essere dignità, libertà, futuro delle persone, oppure, queste devono essere oggetto, strumento, delle ebbrezze di potere di classi dirigenti? Può apparire ovvio: un truismo. Eppure non è così. Perché è proprio avendo coscienza di queste alternative – che sembrano oggi ripresentarsi - che l’Unione ha saputo scegliere una strada completamente nuova, impensabile appena qualche anno prima, realizzando un percorso straordinario di pace e di affermazione dei diritti; mettendo in comune aspirazioni e risorse, a partire da quelle, fondamentali per la ricostruzione dopo il conflitto: il carbone e l’acciaio.
In quel momento, la condizione di deserto morale e materiale, in cui il continente era stato ridotto dal nazifascismo, fu risolutiva nell’orientare scelte di alta levatura. Basterebbe l’animo di quei tempi difficili per affrontare i temi di fronte ai quali siamo oggi. Non sono accettabili esitazioni.
L’Unione Europea si è affermata come un’area di pace e di cooperazione capace di proiettare i suoi valori oltre i suoi confini, determinando stabilità, benessere, crescita, fiducia. Non ha mai scatenato un conflitto, non ha mai avviato uno scontro commerciale. Al contrario, ha agevolato intese e dispiegato missioni di pace. Ha contribuito a elevare standard di vita, criteri di difesa del pianeta. Ha promosso incontri e dialoghi e ha alimentato libertà nei rapporti internazionali, eguaglianza di diritti tra popoli e Stati: condizioni e causa di progresso. Si pone, quindi, anzitutto, una domanda, prima di ogni altra. Come è possibile, su queste basi, che l’Europa oggi venga considerata da alcuni un ostacolo, un avversario se non un nemico? Quali sono – si chiede il capo dello Stato – le ragioni, gli interessi di fondo, i principi sui quali si basa la convivenza civile e i traguardi raggiunti dai popoli europei che qualcuno considera disvalori?
È soltanto affrontando con lucidità interrogativi di questa natura che potremo trovare risposte esaurienti, utili a illuminare le scelte che siamo chiamati a compiere, pena la irrilevanza e la regressione rispetto ai risultati sin qui raggiunti. Il mondo ha bisogno dell’Europa. Per ricostruire la centralità del diritto internazionale che è stata strappata. Per rilanciare la prospettiva di un multilateralismo cooperativo”.
Big Tech e AI, strapotere senza controlli
Il mondo ha bisogno dell’Europa “per regole che riconducano al bene comune lo straripante peso delle corporazioni globali - quasi nuove Compagnie delle Indie – che si arrogano l’assunzione di poteri che si pretende che stati e organizzazioni internazionali non abbiano a esercitare. L’incrocio tra le ambizioni di quelle, e l’impulso di dominio, di impronta neo-imperialista, che si manifesta da parte dei governi di alcuni Paesi, rischia di essere letale per il futuro dell’umanità”.
Queste ultime considerazioni sullo strapotere senza controllo delle Big Tech e dell’Intelligenza Artificiale erano già presenti come monito pesante quanto un macigno nell’intervento precedente, quello del 7 luglio: “L’imporsi dell’Algoritmia – e un uso spregiudicato dell’intelligenza artificiale - crea egemonie che negano il pluralismo, organizzando i contenuti della rete in modo da costringere gli utenti verso canali obbligati, agendo da mediatore occulto, di ignote caratteristiche e finalità, con caratteri distorsivi, lontani da quelli della libertà e del pluralismo dell’informazione. In tal modo Internet, dalla missione di libertà espressiva e diffusiva da parte di chiunque, si converte in luogo di organizzazione e scorrerie per i propalatori delle più incredibili fake news”.
Da Mattarella nel meeting Ambrosetti di Cernobbio viene un appello al mondo dell’economia, alla società civile, alle istituzioni per credere di più nella “decisiva leva europea” e spendersi per essa. Argomenta il presidente: “L’Europa è, al tempo stesso, necessità e responsabilità. Le forze imprenditoriali e quelle sociali, il mondo della cultura e la società civile europea devono avvertire la necessità e la responsabilità di sentirsi partecipi e costruttori, non spettatori inermi e intimoriti. Le democrazie dell’Europa sono capaci di trovare in sé motivazioni e iniziative per non soccombere alla favola di una superiorità dei regimi autocratici, per non cedere all’idea di un mondo lacerato, composto soltanto di avversari, nemici, vassalli o clientes, né all’idea di società frammentate. Il mondo delle imprese, i lavoratori, sono sempre stati protagonisti in questo senso. Creando benessere, favorendo l’innovazione, ampliando scambi e opportunità, hanno aperto nuovi orizzonti, generato e distribuito ricchezza, rendendo, al tempo stesso, più forti le democrazie con il capitolo dei diritti sociali. Oggi più che mai le forze dell’economia e del lavoro sono consapevoli che la leva europea è decisiva. C’è bisogno di istituzioni europee più forti, di volontà di governi capaci di non arrendersi a pericoli e regressioni che non sono ineluttabili. L’Europa, con i suoi traguardi di civiltà, è il testimone che possiamo, e dobbiamo, trasmettere alle nuove generazioni”.
Grazie, presidente, per queste lezioni di storia e di economia applicata. Se non si comprendono in tutta la loro decisiva importanza, se non si riesce a bloccare l’autolesionistica tendenza del ritorno al passato, a dividerci, a richiuderci ognuno nel nostro fortilizio piuttosto che aprirci a dialogo, contatti, multilateralismo non esisterà futuro. E non faremo altro che rimuovere macerie.
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