Boom di donne con il voto di genere, ecco chi sono le signore al comando

L' 11 per cento prima, il 33 dopo. La doppia preferenza di genere - l' obbligo cioè di votare una donna e un uomo alle Amministrative - ha permesso negli ultimi anni di triplicare la presenza femminile nei consigli: lo dimostra uno studio di Sinistra italiana, che ha analizzato i risultati nei 15 Comuni maggiori andati al voto pochi giorni fa e nei 16 centri più grandi che hanno rinnovato il consiglio comunale dal 2013, quando la norma è stata introdotta. E in effetti, passando in rassegna le amministrazioni elette da tre anni a questa parte, le posizioni-chiave al femminile sono molte: da Anna Alba e Ida Carmina, le sindache di Favara e Porto Empedocle pochi giorni fa, a Francesca Raciti e Daniela Catalano, presidentesse dei consigli comunali di Catania e Agrigento, fino ad arrivare a una pattuglia di donne capogruppo. Fra le quali, però, prevale il sostegno alla proposta di eliminare la preferenza di genere, presentata all' Ars fra le polemiche dall' Udc e da Forza Italia.
PIÙ DONNE IN CONSIGLIO Eppure,
i dati di Sinistra italiana parlano chiaro. Nei 15 centri con più di
10 mila abitanti al voto nei giorni scorsi sono state elette 93
donne, il 32,75% del totale: la volta precedente i seggi rosa erano
stati 41, l' 11,71%. Il miglioramento più grande a Barrafranca,
passata da zero al 43,75%, ma un' altissima presenza femminile si
registra anche ad Alcamo, dove le donne sono il 41,67%.
Una
tendenza analoga si registra analizzando sedici Comuni andati al voto
fra il 2013 e il 2015, fra i quali Catania, Messina, Enna, Agrigento,
Siracusa, Marsala, Bagheria e Gela: le donne sono passate da 39 (il
7,57%) a 141, il 27,38%. Tanto basta al deputato di Sinistra italiana
Erasmo Palazzotto per chiedere che l' emendamento sia fermato, una
soluzione invocata anche dalla presidente della Camera Laura Boldrini
e dal ministro delle Riforme istituzionali Maria Elena Boschi.«Lo
spettacolo sconcertante offerto da consigli composti solo da uomini -
osserva Palazzotto - era una vergogna per la democrazia, che
finalmente è stata sanata».
POTERE AL FEMMINILE Un riscontro viene dalla percentuale femminile all' Ars. Alle Regionali, infatti, la doppia preferenza non era prevista, e le donne a Palazzo dei Normanni sono 15, il 16,6%, ma tre sono state elette col "listino" bloccato. Eppure anche fra l' Ars e la Regione la presenza femminile in ruoli-chiave non è ininfluente: in giunta sono donne la vicepresidente Mariella Lo Bello e altri due assessori (Vania Contrafatto e Luisa Lantieri), mentre in Parlamento è rosa la guida dei due principali gruppi (Pd, con Alice Anselmo, e M5S, con Angela Foti) e di due commissioni (Ambiente, con Mariella Maggio, e Unione europea, con Concetta Raia). Nessuna donna, invece, siede in consiglio di presidenza.
ARRIVANO LE SINDACHE Altra
musica nei Comuni. Dove la presidenza del consiglio è spesso al
femminile: succede, ad esempio, a Catania e ad Agrigento, dove fra l'
altro le presidentesse sono anche giovani. La catanese Francesca
Raciti (Pd, nella foto)), a 34 anni, è già al secondo mandato: ha iniziato a
fare politica dopo l' università ed è riuscita a farsi eleggere sia
con la nuova che con la vecchia legge.
«Però - dice - la doppia
preferenza è un bene. Per una donna è più difficile fare campagna
elettorale». L' agrigentina Daniela Catalano (Ncd) di anni ne ha 37
e mantiene una posizione prudente. «Il tema - taglia corto - è
troppo delicato perché possa essere liquidato con un 'sì' o un
'no'». Poco più anziana è la quarantenne Lucy Fenech, capogruppo
di "Cambiamo Messina dal basso" nella città dello Stretto:
«La doppia preferenza di genere - assicura - ha agevolato la
presenza femminile nelle istituzioni, ma non è la strada giusta.
Senti dire 'voto anche una donna perché sono costretto'». Dello
stesso parere la trentaduenne Anna Alba (M5S), neo-sindaca («La
parola giusta è questa, lo dice la Crusca», mette le mani avanti)
di Favara: «Non dovrebbe essere la legge a garantire la presenza
delle donne.
Non siamo solo casalinghe: siamo brave ad
amministrare. Il tempo ci darà ragione». (La Repubblica)
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