Caritas, cresce la povertà nel paese reale
Società | 20 giugno 2025
Sono oltre 5 milioni coloro che vivono in condizioni di povertà assoluta nel Bel Paese, quasi un residente su dieci. Un totale di 2 milioni e 217 mila famiglie che non riescono a garantirsi un’alimentazione equilibrata, un’abitazione sicura o un abbigliamento adeguato. La povertà non attanaglia solo chi un lavoro non ce l’ha, ma anche chi, pur potendo contando su un salario certo, non riesce a coprire le spese quotidiane a causa del ‘caro vita’ che ha progressivamente eroso il potere d’acquisto delle famiglie. E, dato ancora più allarmante, la povertà è un fenomeno in continua crescita – ma non per questo incontrovertibile – dal momento che in dieci anni i poveri sono aumentati del 62 per cento.
A mostrarci il Paese reale, e non quello offerto dalla propaganda di chi ci governa, è la Caritas con il suo Rapporto 2025, realizzato su 3341 centri di ascolto e assistenza in 204 diocesi italiane. Rispetto al 2023 il numero di assistiti dell’ente diocesano che promuove la carità e l’azione sociale è aumentato del 3%, mentre in dieci anni l’incremento è stato del 62,6 per cento. È il Nord Italia a registrare una crescita più significativa delle richieste d’aiuto (più 77 per cento), seguito dalle regioni meridionali (più 64,7 per cento). Un trend che è il risultato delle numerose crisi economiche e sociali che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni, inclusi la pandemia da Covid-19 e le recenti tensioni internazionali. Ad essere maggiormente inghiottiti dalla morsa della povertà sono i cinquantenni (l’età media delle persone accolte è di 47,8 anni), inclusi coloro che sono stabilmente attivi nel mercato del lavoro. Perché la povertà non ha a che fare solo con la disoccupazione (47,9 per cento), ma anche con il “lavoro povero” (23,5 per cento). Basti pensare che dal 2008 al 2024 la perdita complessiva del potere d’acquisto degli stipendi è stata dell’8,7 per cento, dato peggiore tra tutti i Paesi del G20. Ed è così che quasi un assistito su quattro rientra nella categoria del working poor, con punte che superano il 30 per cento nella fascia tra i 35-54 anni.
In crescita anche le situazioni di cronicità: oltre un assistito su quattro (26,7 per cento) si trova in uno stato di disagio stabile e prolungato. Inoltre, la povertà è diventata più intensa: il numero medio di incontri annui per assistito è quasi raddoppiato rispetto al 2012. Questo perché spesso la povertà non è legata solamente ad una difficoltà economica – il reddito, il lavoro, la casa - ma anche ad altre forme di disagio. Nel 56,4 per cento delle storie incontrate si sommano due o più ambiti di fragilità, e per il 30 per cento se ne cumulano tre o più. Tra i bisogni più frequenti, spesso correlati alle condizioni economiche, vi sono problemi sanitari (in forte aumento rispetto al 2023), problemi familiari (legati a separazioni, conflitti, lutti o maternità in solitaria) e difficoltà connesse allo status migratorio.
Anche a livello europeo la situazione è complessa. Il 21% della popolazione – oltre 93 milioni di persone, ossia più di un europeo su cinque – è a rischio povertà o esclusione sociale. Questi individui affrontano situazioni di grave deprivazione materiale o sociale, percepiscono salari non adeguati o vivono in condizioni a bassa intensità lavorativa. L’Italia è il settimo Paese per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale (al 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023). Peggio di noi solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania.
di Alida Federico
A mostrarci il Paese reale, e non quello offerto dalla propaganda di chi ci governa, è la Caritas con il suo Rapporto 2025, realizzato su 3341 centri di ascolto e assistenza in 204 diocesi italiane. Rispetto al 2023 il numero di assistiti dell’ente diocesano che promuove la carità e l’azione sociale è aumentato del 3%, mentre in dieci anni l’incremento è stato del 62,6 per cento. È il Nord Italia a registrare una crescita più significativa delle richieste d’aiuto (più 77 per cento), seguito dalle regioni meridionali (più 64,7 per cento). Un trend che è il risultato delle numerose crisi economiche e sociali che hanno colpito l’Italia negli ultimi anni, inclusi la pandemia da Covid-19 e le recenti tensioni internazionali. Ad essere maggiormente inghiottiti dalla morsa della povertà sono i cinquantenni (l’età media delle persone accolte è di 47,8 anni), inclusi coloro che sono stabilmente attivi nel mercato del lavoro. Perché la povertà non ha a che fare solo con la disoccupazione (47,9 per cento), ma anche con il “lavoro povero” (23,5 per cento). Basti pensare che dal 2008 al 2024 la perdita complessiva del potere d’acquisto degli stipendi è stata dell’8,7 per cento, dato peggiore tra tutti i Paesi del G20. Ed è così che quasi un assistito su quattro rientra nella categoria del working poor, con punte che superano il 30 per cento nella fascia tra i 35-54 anni.
In crescita anche le situazioni di cronicità: oltre un assistito su quattro (26,7 per cento) si trova in uno stato di disagio stabile e prolungato. Inoltre, la povertà è diventata più intensa: il numero medio di incontri annui per assistito è quasi raddoppiato rispetto al 2012. Questo perché spesso la povertà non è legata solamente ad una difficoltà economica – il reddito, il lavoro, la casa - ma anche ad altre forme di disagio. Nel 56,4 per cento delle storie incontrate si sommano due o più ambiti di fragilità, e per il 30 per cento se ne cumulano tre o più. Tra i bisogni più frequenti, spesso correlati alle condizioni economiche, vi sono problemi sanitari (in forte aumento rispetto al 2023), problemi familiari (legati a separazioni, conflitti, lutti o maternità in solitaria) e difficoltà connesse allo status migratorio.
Anche a livello europeo la situazione è complessa. Il 21% della popolazione – oltre 93 milioni di persone, ossia più di un europeo su cinque – è a rischio povertà o esclusione sociale. Questi individui affrontano situazioni di grave deprivazione materiale o sociale, percepiscono salari non adeguati o vivono in condizioni a bassa intensità lavorativa. L’Italia è il settimo Paese per incidenza di persone a rischio povertà o esclusione sociale (al 23,1%, in aumento rispetto al 22,8% del 2023). Peggio di noi solo Bulgaria, Romania, Grecia, Spagna, Lettonia e Lituania.
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