La Sicilia cuore della lotta per la pace

Società | 27 giugno 2025
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L’edizione di Palermo di Repubblica ha pubblicato il 26 giugno questo articolo di Emilio Miceli, presidente del centro Pio La Torre, sul presidio della Cgil a Sigonella.

Stiamo rivivendo gli anni di Comiso? Si torna improvvisamente a quel 1982 quando gli Usa decisero che la Sicilia avrebbe dovuto cambiare il ritmo della sua vita insieme a quella dei siciliani, decidendo di installare 112 missili Cruise? Che, beninteso, avendo una gittata di 2400 km, erano in grado di colpire sia le regioni caucasiche dell’Urss che quelle mediorientali del Golfo Persico. Oggi la situazione è diversa e per certi aspetti più inquietante. Prima del 1982 avevamo alle spalle due trattati di non proliferazione nucleare e la conferenza di pace di Helsinki del 1975. Certo, c’era la crisi dovuta alla decisione dell’Urss di installare gli SS20, ma le relazioni internazionali erano più solide. E c’erano anche altre classi dirigenti che avevano conosciuto l’orrore della guerra.
Oggi no: l’Occidente, come si suole definire l’area della democrazia globale di questo tempo, è frammentato, indebolito, sembra non perseguire più obiettivi condivisi; la Russia tenta di recuperare l’implosione dell’era post Gorbaciov attraverso politiche aggressive di espansione, come con l’Ucraina; la Cina è oggi una potenza di prima grandezza mentre la Ue è ancora lontana dall’essere una potenza globale nonostante ne abbia tutte le potenzialità. Insomma, avanzano sovranismi ed autoritarismi, arretra la democrazia, anche nei paesi dove si è affermata storicamente. È, per tutti, un quadro inedito e denso di rischi e di rotture incontrollabili.
Ma c’è una cosa che allora come oggi tende a ripetersi in condizioni sostanzialmente analoghe: è il ruolo della Sicilia.
Pio La Torre, che fu l’animatore delle battaglie pacifiste, il dirigente politico che raccolse faticosamente ogni singola traccia di forza democratica disponibile a fare la battaglia contro i missili, guardava contemporaneamente alla battaglia per la pace ed a quella per difendere la Sicilia dagli effetti della militarizzazione del suo territorio. Il no ai missili ed il futuro della Sicilia diventarono il cuore della battaglia pacifista. Chi c’era ricorderà che nei primi anni ’80, quando il ribellismo degli anni ’70, incluso lo sconfinamento terroristico, era ormai declinato;
quando scioperi e manifestazioni operaie e studentesche cominciavano ad essere solo un ricordo ed eravamo agli inizi di quella che sarà l’era del riflusso, dell’individualismo, degli yuppies e della rivoluzione informatica, magicamente a Palermo il 24 novembre del 1981, ed a Comiso il 4 aprile del 1982, sfilarono insieme studenti e operai, sindacati e giovani, contadini con le loro famiglie e bambini di ogni taglia. Cosa stava succedendo nell’Italia del pentapartito e di Lagorio, attivissimo ministro socialista della difesa che aumentò di 5000 miliardi delle vecchie lire le spese militari e teorizzò una Sicilia in cui i missili fossero distribuiti come aghi in un pagliaio? Successe che i siciliani capirono che sarebbe cambiata la loro esistenza, che il riarmo avrebbe riguardato la loro terra, la loro vita, il loro futuro. Che avrebbe preso il sopravvento l’infrastruttura militare piuttosto che l’agricoltura; i porti avrebbero accolto rifornimenti per gli aerei militari piuttosto che turisti; le raffinerie avrebbero rifornito gli aerei militari; Trapani, Ragusa, Niscemi, Palermo e Catania avrebbero subìto modificazioni sociali ed economiche profonde. E, per dirla sempre con La Torre, l’isola sarebbe inevitabilmente diventata terreno di confronto tra spie di nazionalità varia. Si preparava un’altra Sicilia, insomma. Un classico territorio di confine instabile ed insicuro, il primo a ricevere attacchi esterni ed intimidazioni (che dire del missile lanciato da Gheddafi al largo di Lampedusa?) su più fronti e sempre esposto agli eventi ed ai rischi. Questo fu il cemento che riunì, nelle stesse piazze, i giovani idealisti che volevano la pace ed i contadini che difendevano la loro terra.
Questo rischio lo corriamo ancora oggi. Sigonella è lì a ricordarci che la cultura della guerra può ancora una volta impossessarsi della Sicilia. Per questi motivi la Cgil fa bene a lanciare l’appuntamento di sabato a Sigonella. Serve alla pace e serve alla Sicilia.
 di Emilio Miceli

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