Decreto sicurezza, il volto repressivo dello Stato

Politica | 26 giugno 2025
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14! 14 è il numero che rimarrà scolpito nella storia politica del governo di destra. 14 sono le leggi approvate dal Parlamento in 14 articoli del decreto sicurezza. Tutte in un sol giorno.
Non ricordo che sia mai accaduto che tante leggi fossero promulgate nello stesso giorno. Ma, si sa, questa maggioranza è capace di tutto e fa di tutto per stupirci. Noi però ormai non ci stupiamo più, semmai ci indigniamo ogni giorno che passa per vedere come il governo consolida i propri programmi proponendo leggi che stanno in linea con la propria cultura autoritaria; e soprattutto, lo fa ricorrendo alla copertura del voto di fiducia.
Comunque, la legge è stata contestata in Senato anche dopo il voto; la contestazione è proseguita, con i senatori che non se le mandavano a dire e che, in più occasioni, hanno sfiorato il contatto fisico.
Il Senato ha approvato il decreto sicurezza e lo ha fatto in tutta fretta, superando qualunque ostacolo al fine di non fare scadere – da lì a qualche giorno – il tempo massimo previsto per la conversione in legge. Per sicurezza (evidentemente, temendo qualche colpo basso da parte di non improbabili senatori disubbidienti), il Governo pone la questione di fiducia. Il gioco è fatto. Il decreto legge è blindato e così viene approvato dal Senato, con una maggioranza schiacciante. La controversia maggioranza-opposizione è ufficialmente aperta dentro e fuori dall’aula del Senato. Lo scontro fisico diviene sempre più possibile ma per fortuna l’intervento dei questori riesce ad evitarlo. Tuttavia le opposizioni proseguono nella loro protesta.
Insomma credo che il quadro che viene fuori dalla lettura della legge sulla sicurezza non sia molto tranquillizzante e, non tanto – o non solo – per gli aumenti di pena o l’introduzione di nuovi reati, ma perché, con questa legge, l’esecutivo conferma con acclarata chiarezza, la propria cultura. Una cultura da Stato di polizia, che potrà intervenire non solo nei casi di manifestazioni violente ma anche e soprattutto nel caso di manifestazione di idee contrarie a quelle della maggioranza che governa.
Si riduce il campo dei diritti
Da oggi, dunque, verranno punite le idee. Noi e le generazioni che ci hanno preceduto ci eravamo dimenticati di questa possibilità esercitata durante il periodo fascista ma purtroppo dobbiamo nuovamente prendere atto della volontà del governo di sterilizzare il popolo soffocando il diritto di protestare. La questione è inerente proprio quei 14 articoli della legge sulla sicurezza che limitano la libertà dei cittadini, la libertà di potere esprimere il proprio dissenso e di non vedere tagliata la voce della collettività. A ben giudicare si tratta proprio di un disastro che conferma, ancora una volta, la tendenza assolutista dell’esecutivo.
Le leggi antimafia, la legge Rognoni-La Torre e tutte le altre che ruotano intorno a quest’ultima costituiscono l’àncora di salvezza per la lotta alla criminalità organizzata. E ciò è ancor più provato dall’interesse dimostrato da un pezzo di mondo della cultura, che ha apertamente manifestato propositi di rimettere tutto in gioco, per la riforma del sistema antimafia. Dunque non sono più soltanto i criminali o comunque le famiglie mafiose a lamentare il rigore delle leggi antimafia; oggi assistiamo a una vera e propria azione di disturbo da una parte dell’intellighenzia della società civile, che intende mettere mano a questa legge in nome della tutela delle vittime che hanno subito sequestri e confische patrimoniali. Ma fino a quando queste presunte vittime potranno considerarsi tali e non, piuttosto, soggetti che hanno infranto la legge, per procurarsi benefici economici e patrimoniali, molto spesso in nome e per conto delle famiglie mafiose?
In Senato lo scontro è stato duro; quei 14 articoli introducono nuovi reati e aumenti di pena che riducono il campo dei diritti fino a prevedere severe pene addirittura per la manifestazione di dissenso anche non violento, pacifico e silenzioso.
Lo Stato ha saputo rispondere a questi attacchi imbastendo una serie di leggi modificative della legge originaria (Rognoni-La Torre) dimostrando quanto fosse vera la percezione che lo Stato stesse facendo sul serio. Fu in quel periodo che furono introdotte nuove leggi, fino a giungere alla formulazione del cosiddetto codice antimafia. In effetti il Decreto legislativo 159/2011 non è mai stato un codice perché manca di organicità e presenta lacune molto importanti. Però è servito in ogni caso e la lotta alla mafia mediante la confisca dei beni appartenenti al sodalizio mafioso ha mostrato risultati importanti. Ma adesso bisogna intervenire di nuovo per difendere questo codice al quale bisogna dare il corpus di codice. E dobbiamo farlo subito senza perdere altro tempo considerato che alcune forze politiche di appartenenza a varie culture stanno presentando progetti di legge che hanno il fine di smantellare un sistema di norme che, pur con tutte le lacune e difetti, sono state idonee a condurre una seria lotta alla criminalità organizzata. Leggi che si sono formate sul sangue sacrificale di onesti magistrati, poliziotti, giornalisti, politici. L’appello di Emilio Miceli – dalla sua nuova posizione di presidente del Centro di studi e ricerche Pio La Torre – rappresenta una “chiamata alle armi” (ovviamente in senso metaforico) indirizzata alle coscienze della cittadinanza perché ci sia una partecipazione unanime a una rivoluzione culturale che cancelli proposte opportunistiche finalizzate al salvataggio di patrimoni apparentemente legali ma in effetti facenti parte del sodalizio mafioso di cosa nostra.
Ma torniamo ai 14 articoli della legge sulla sicurezza.
Abbiamo avuto modo di commentare e siamo giunti a un risultato abbastanza attendibile. Le dichiarazioni rilasciate dai vari esponenti della maggioranza ne sono la più ampia dimostrazione. Una cultura che fonda le proprie idee sulla repressione, sulla limitazione della libertà, sullo stroncamento delle idee che siano lontane da quelle dell’esecutivo. Matteo Salvini sostiene che la difesa dei diritti e delle norme di civiltà si ottengono mediante il controllo sui cittadini fino al punto da ottenere una sorta di profilo storico-anagrafico di ciascuno di essi; e in proposito promette l’incremento delle forze di polizia alle quali affidare più poteri autonomi.
Nella legge sulla sicurezza vengono presi di mira soprattutto i ladruncoli, i borseggiatori, i truffatori di anziani, gli occupanti abusivi di case. E tutte queste norme di legge verranno garantite dall’assunzione di nuove forze di polizia fornite però di poteri più forti.
Ma davvero il cittadino è più tutelato?
Quello che oggi contestiamo non è solo l’introduzione di una legge repressiva quanto piuttosto il cambiamento di cultura che illude la cittadinanza di essere tutelata da un governo democratico finalizzato alla difesa della collettività e del bene comune mentre, invero, l’attuale legiferazione presenta concreti elementi di ipocrisia e inganno nei confronti della comunità e la legge sulla sicurezza fa credere al cittadino di essere tutelato e garantito dallo Stato. E certamente l’elenco dei nuovi reati introdotti – che andremo adesso a commentare – dà questa impressione, se non fosse che contestualmente massicce fronde di politici della destra – come già detto – lavorano indisturbate per la cancellazione (o per la loro riduzione a norme senza senso) delle leggi antimafia come l’art. 416 bis, la separazione delle carriere della magistratura, l’obbligatorietà dell’azione penale? Per fortuna possiamo ancora contare su uomini di alta levatura etica e culturale che si mettono sempre in prima linea per difendere quel patrimonio legislativo che nessuno dovrà screditare. E comunque, ripercorrendo i fatti storici – soprattutto quelli che riguardano la mafia e le stragi, si ha la netta impressione che tutte le modifiche migliorative delle attuali leggi antimafia siano frutto di momenti particolarmente tragici nei quali l’intervento dello Stato si rendeva necessario quanto meno per motivi di propaganda.
Per maggiore chiarezza e trasparenza sarà bene entrare nel merito della legge appena approvata così da potere commentare, ove necessita, articolo per articolo perché ciascun cittadino facente parte della società civile si renda conto del danno che saremo costretti a valutare e possa avere la piena consapevolezza della rovina irreversibile del Paese per mano dell’esecutivo e del Parlamento, come lo stroncamento dei diritti dell’uomo, l’occultamento delle perverse manovre governative in termini di economia e finanza, di diritti sociali, di sviluppo della produttività e della competitività del nostro Paese con gli altri Paesi europei e oltre Oceano.
• Cominciamo con l’applicazione di pene più severe per chi occupa case abusivamente. Qui viene punita l’arbitrarietà con cui l’abusivo compie il reato che può comportare anche violenza, minacce, inganno se non addirittura una sorta di commercio delle case libere già assegnate avvalendosi talvolta del proprio potere intimidatorio.
• Un’altra norma riguarda il termine entro cui lo Stato può revocare la cittadinanza dopo la commissione di reati; il termine viene ampliato da tre a dieci anni.
• C’è un nuovo reato che il Governo ha previsto e che ha fatto molto discutere perché mette in contraddittorio l’esercizio dei diritti dell’uomo: il diritto di parlare e manifestare il proprio dissenso contro disposizioni del Governo anche se la protesta è pacifica e non produce alcun danno. Ciò soprattutto se le manifestazioni di protesta vengono esercitate all’interno delle stazioni ferroviarie, metropolitane, o nei convogli passeggeri. Questa norma in particolare impedisce alle donne incinte di essere trattate in condizioni disumane. La norma prevede lo sfruttamento dei minori nell’accattonaggio. Tale norma è molto articolata perché prevede una serie di valutazioni circa le condizioni per il differimento della pena per donne madri sottoposte a custodia cautelare.
• Più poteri alle forze dell’ordine (polizia, forze armate, vigili del fuoco ecc.) con aggravamento delle pene per violenza o resistenza a pubblico ufficiale o a danno di agenti di polizia. Tale tutela viene estesa anche al personale sanitario o socio-sanitario per motivi inerenti alle loro funzioni pubbliche. Infine aumentano le pene per chi incita, induce o partecipa a rivolte all’interno degli istituti penitenziari.
• Pene più severe per chi partecipa a rivolte all’interno dei centri di trattenimento per migranti.
• Divieto di informazioni su come costruire armi.
• Norme sul noleggio di autoveicoli per rafforzare la prevenzione del terrorismo.
• Rafforzamento dei controlli antimafia sulle imprese. In questa norma viene introdotto lo strumento della misura interdittiva per le aziende in odore di mafia.
• Il decreto in esame modifica anche la legge sulla filiera agroindustriale della canapa ed impone nuove restrizioni per quanto riguarda l’uso, la detenzione e la commercializzazione.
• Sono previsti aiuti e benefici per le vittime della mafia, con severi controlli sui percipienti di tali benefici.
• La legge introduce modifiche anche alle norme per la protezione dei collaboratori di giustizia.
• Infine sono previste nuove norme sui beni sequestrati e confiscati alle famiglie mafiose. Le novelle norme si riferiscono al miglioramento della gestione di tali beni.
• Altre norme vengono introdotte, inerenti nuove regole sulla detenzione di armi per gli agenti di polizia; sull’acquisto di Sim card; tutele per le vittime di usura.
Ebbene, a voler leggere, anche con particolare attenzione la legge sulla sicurezza, chiunque sarebbe portato a ritenere che il Governo abbia agito in favore della comunità, cercando di tutelare quanto più possibile i cittadini dall’imperversante attività criminale di cosa nostra e della criminalità comune, anche minorile.
Ma l’attenta analisi dei vari provvedimenti, non sfugge alla constatazione che gli stessi abbiano una funzione ingannevole nella popolazione; è più che ovvio infatti che ciascun cittadino che sia a conoscenza di queste nuove leggi senza avere un briciolo di informazione giuridica, si senta molto tutelato, perché quelle novelle norme sembrerebbero garantire ai cittadini una vita serena e tranquilla, lontana da aggressioni stradali, da rapine in casa, da violenze e stupri, da furti e rapine, da intimidazioni e soprusi di usurai. Ma se facciamo una valutazione complessiva, non possiamo fare a meno di riscontrare che tutte le nuove norme si fondano sul principio della repressione e sull’aumento delle pene: aumenti di poteri e funzioni alla polizia, introduzione di nuovi reati, aumenti delle pene; mentre di converso sono previste maggiori tutele per la polizia e per gli altri agenti dell’ordine pubblico. Proprio come si fa nei Paesi autoritari, nei quali tutti i poteri per l’incriminazione di soggetti autori di illeciti o di reati è gestito dalla polizia.
A cosa è servita la legislazione antimafia
Secondo il nuovo quadro legislativo potremo vivere tranquilli perché nessuno ci aggredirà per strada per compiere un furto o uno stupro, non avremo la triste sorpresa di trovare la nostra casa svaligiata al nostro rientro. E la mafia? Chi ha pensato al fenomeno-sistema mafioso? Chi ha pensato ai traffici di droga che attraversano impunemente i mercati delle nostre città? Chi ha pensato alle infiltrazioni dei sodalizi mafiosi nell’imprenditoria sana? Chi ha pensato al dominio incontrastato della mafia nel narcotraffico; e ai nostri giovani che vengono attratti dal canto delle sirene dei falsi benefici del maneggio di denaro (in cambio di servizi criminali resi ai capi-mafia?). E chi ha pensato a quei giovani che dalle periferie vengono mandati nei centri cittadini, in formazioni di squadracce, forniti di coltelli e rivoltelle, per procurare scompiglio nelle città (attività che viene organizzata in modo da potere successivamente controllare il territorio) tenuto conto della impunibilità dei minorenni?
Basteranno quei pochi riferimenti nella novella legge per creare nuovi strumenti di lotta alla criminalità organizzata?
Ebbene voglio, terminare questo intervento prendendo a prestito le conclusioni a cui è arrivato Giuseppe Bascietto giornalista e studioso della materia, che ha fatto una puntuale analisi del problema, che personalmente condivido e quindi la faccio propria.
“A chi conviene attaccare e demolire l’impianto della legislazione antimafia? […] Chiudiamo un’epoca e andiamo avanti, dicono i nuovi politici che consapevolmente o inconsapevolmente stanno favorendo la mafia e i suoi amici diventando in questo modo servitori occulti o palesi di un sistema illegale e criminale. È da questo ragionamento che parte l’attacco odierno alle misure antimafia. Forse sarà un ragionamento semplice e semplicistico ma rende l’idea dei motivi che stanno spingendo forze politiche eterogenee a presentare progetti di legge che mirano a smantellare un sistema di norme che è stato costruito con il sangue di poliziotti, carabinieri, magistrati, politici, giornalisti, prefetti uccisi per difendere uno Stato che in alcune sue ramificazioni è stato insabbiatore, ottuso, colluso. Se non ci fosse stato l’appello di Emilio Miceli e Franco La Torre nessuno avrebbe sollevato il problema. […] Fortunatamente a raccogliere e incanalare le grida di Miceli e La Torre ci sono pezzi del mondo della cultura, del giornalismo, della scuola, del mondo accademico e giuridico. Il mondo politico per adesso, tranne qualche rara eccezione, si tiene a debita distanza, sembra quasi che non voglia compromettersi con chi difende le norme antimafia”.
Ecco, tutto questo avviene: successi nella lotta alla criminalità organizzata e talvolta anche sconfitte. La cittadinanza dovrebbe aderire immediatamente al fronte antimafia, quello di Miceli e La Torre, perché l’esperienza ci ha dimostrato che quel sistema legislativo inventato da Pio La Torre, seppure fra mille difficoltà, quel sistema normativo ha avuto la sua ragion d’essere e ha mandato in galera uomini come Riina, Provenzano e Matteo Messina Denaro. Purtroppo però dobbiamo constatare che il mondo politico è distratto – o finge di esserlo – per non correre il rischio di dover subire reprimende dalle famiglie mafiose. Il mondo politico sta a distanza e vede con piacere questo stato di quiete in cui non si spara, non si registrano gradi movimenti per guadagnarsi la leadership nelle famiglie del sodalizio criminale.
Noi dobbiamo cogliere l’attimo, non dobbiamo rilassarci condividendo la tranquillità dell’odierna pace mafiosa; dobbiamo tenere la guardia sempre alta, perché la mafia è sempre lì, pronta ad intervenire; non la vedi ma c’è! Ormai si è infiltrata nella società civile della quale fa parte a pieno titolo. I figli dei mafiosi hanno studiato, non scelgono più di coltivare la terra e di fare sacrifici. Si sono laureati, sono avvocati, medici, manager, capitani d’industria e vivono costantemente accanto a noi.
Dunque qual è la cura se non quella che ci indica Bascietto: l’attivismo militante inviando mail di protesta alla Presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, a quella della Camera e del Senato e a tutte le segreterie di partito, di maggioranza e di opposizione per spingerli a schierarsi, a prendere una posizione.
Questa è la terapia. Questa è la risposta a quel grido di ribellione di Emilio Miceli e Franco La Torre che ci aiuterà anche a ricostruire quel movimento antimafia che in atto si presenta malmesso, spaccato e disunito.
 di Elio Collovà

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