Giovani del Sud i nuovi migranti, 8 su 10 pronti a partire
Lavoro | 4 agosto 2015
I giovani del Mezzogiorno sono le prime vittime della crisi economica e occupazionale che
sta colpendo il Sud Italia, e questa situazione di incertezza sta trasformando il loro rapporto
con il mondo del lavoro in maniera radicale. Infatti, pur di trovare un impiego l'84,4% dei
giovani meridionali si dichiara disposto a trasferirsi in qualsiasi regione italiana o addirittura
all'estero (50%). Sono loro la nuova generazione di migranti. È quanto emerge un'indagine
promossa ed elaborata a partire da un panel di 5.000 giovani tra i 19 e i 32 anni dall'Istituto
Giuseppe Toniolo, in collaborazione con l'Università Cattolica e con il sostegno di
Fondazione Cariplo e di Intesa Sanpaolo.
Secondo l'indagine la disponibilità a spostarsi è più alta per chi ha titolo di studio
maggiore; ciò significa che la mobilità tende a impoverire non solo quantitativamente ma
anche qualitativamente la presenza dei giovani nel territorio di origine. In particolare, il 73%
di chi ha solo la scuola dell'obbligo è disposto a trasferirsi stabilmente contro l'86% dei
laureati. Inoltre, solo il 43% di chi ha titolo basso è pronto ad andare all'estero, contro il 52%
dei laureati.
La decisione di spostarsi dei giovani meridionali è legata non solo alle minori opportunità
di trovare lavoro, ma anche alla più bassa qualità e soddisfazione per vari aspetti del lavoro
svolto. Chi lavora al Sud, secondo l'indagine, si trova maggiormente a doversi adattare a
svolgere una attività non pienamente in linea con le proprie aspettative. In generale, circa un
giovane meridionale su tre non è soddisfatto del lavoro che svolge contro uno su quattro
nel Nord. Un motivo per andarsene è anche la bassa fiducia nelle istituzioni e in particolare
nella possibilità che la politica locale sia in grado di migliorare le condizioni di vita e lavoro
dei cittadini. La fiducia nelle istituzioni locali è pari al 23% per i giovani italiani in generale,
mentre scende al 17% per i giovani del Sud.
«Rispetto alla fiducia nelle proprie capacità e al considerarsi la principale ricchezza del
proprio paese - spiega il prof. Alessandro Rosina, tra i curatori dell'indagine - non c'è molta
differenza tra giovani meridionali e settentrionali.
Oltre il 90% degli intervistati è infatti convinto, con omogeneità su tutta la penisola, di
essere la risorsa più importante che l'Italia dovrebbe mettere in campo per tornare a
crescere. Quello che fa la differenza tra Nord e Sud sono, da una lato, le opportunità di
trovare lavoro e la qualità dell'occupazione. In particolare pesano l'instabilità e le basse
remunerazioni, indicati come aspetti problematici da oltre la metà dei giovani occupati nel
Sud. Inoltre maggiore nei ragazzi meridionali è la sfiducia nella classe dirigente locale e
nelle prospettive future di miglioramento. La conseguenza è che per i giovani del Sud risulta
molto più drastica la decisione tra rimanere ma dover rivedere al ribasso le proprie
aspettative lavorative e i propri obiettivi di vita, o invece andarsene altrove. Solo il 16% è
infatti indisponibile a trasferirsi. Se però in passato come destinazione prevaleva il Nord
Italia, ora più della metà degli under 30 meridionali punta a un possibile volo direttamente
all'estero».
«La sfida è quella di costruire condizioni per rimanere, oltre a quelle per riattrarre chi è
andato a studiare o a fare esperienze di lavoro al Nord o oltre confine. Molti giovani emigrati
sarebbero disposti a tornare anche con opportunità inferiori a quelle che trovano negli altri
paesi sviluppati, purchè però in presenza di un processo solido e credibile di miglioramento
a cui possano contribuire da protagonisti».
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