Gioventù bruciata dall'indifferenza
L’ottimismo del ministro Saccomandi non è di maniera. È fondato su dati di fatto che comunque non cancellano la sensazione che essi misurino solo la diminuzione della recessione.
Ad oggi, sembra che possa esserci una ripresa economica senza occupazione. Il dato misurato dall’Istat della disoccupazione giovanile in Italia quasi pari al 38%, che in Sicilia significa una cifra vicina al 50%, ci dà la prova del fallimento delle misure adottate dai governi dell’ultimo ventennio. Soprattutto mostra il vero dramma dell’attuale fase storica nella quale per incapacità, egoismo, populismo, inconsistenza della classe dirigente, un’intera generazione d’italiani vede bruciare, impotente e passiva(ma fino a quando?),la propria prospettiva di vita attiva. Non riuscire a creare lavoro produttivo per questa generazione è negare il futuro all’intero Paese. Un Paese sempre più caratterizzato dell’ingiustizia distributiva e sociale con pochi ricchi sempre più ricchi e con molti poveri sempre più poveri.
I dati che consentono a Saccomandi di dire che la crisi è ormai finita hanno tutti il segno meno: il Pil è diminuito meno delle previsioni iniziali- dal 2% all’1,7%-, il Valore aggiunto è in calo, la produzione è diminuita del 2.1% invece del 4,2%, la Cassa Integrazione è inferiore dell’11% rispetto a Giugno. L’unico segno più purtroppo riguarda la disoccupazione che è aumentata a causa dei molti lavoratori passati dalla Cassa Integrazione alla disoccupazione per la chiusura definitiva di imprese. A Giugno sono state segnalate 830mila domande di sostegno di lavoratori che hanno perso il lavoro.
In conclusione registriamo un calo dei redditi negli ultimi due decenni del 14%, mentre negli USA nello stesso periodo si è avuta una loro espansione del 12%. In questo quadro la crescita economica che si sta manifestando a livello globale e, con molte differenzazioni tra paese e paese, nell’eurozona, quanto velocemente inciderà sull’Italia i cui problemi economici fondamentali sono di natura strutturale e non congiunturale? Ad oggi, se possiamo constatare che ben poco è stato fatto nell’ultimo ventennio per incidere sulle cause strutturali della crisi italiana, i primi cento giorni del Governo Letta sono apparsi di melina. Soggetto al ricatto quotidiano dei falchi del Pdl, alle incertezze interne del Pd, Letta, pur consapevole che il “governo di servizio” è nato per fronteggiare l’emergenza economica e istituzionale, dopo il fallimento del centrodestra, e non per galleggiare, ancora deve concretizzare quella svolta per la quale è stato eletto. Essa ci vedrà dal momento in cui il sistema bancario e creditizio sarà in grado di finanziare la ripresa, quando la spesa pubblico e il sistema pubblico d’intervento nell’economia non saranno tagliati in maniera lineare ma rivisti in relazione alla loro produttività sociale, quando il peso fiscale sulle imprese e sul lavoro saranno alleggerite non per favorire il profitto, ma l’occupazione e i salari.
Se il Governo Letta saprà affrontare in modo incisivo nelle prossime settimane questi problemi eviterà più facilmente le trappole messe dal Pdl, a sua volta imbottigliato, oltre il diritto e il buon senso, nella difesa del condannato Berlusconi e dal folle tentativo di elezioni anticipate prima dell’abolizione del Porcellum.
Per fortuna il Parlamento ha deliberato la corsia preferenziale per una nuova legge elettorale. Speriamo che prevalga la responsabilità per approvare una riforma elettorale che rafforzi la democrazia e riavvicini i cittadini alla politica.
Sul Pd grava la responsabilità di garantire un cammino spedito alle riforme senza farsi paralizzare dalle dispute interne né dai ricatti dei falchi del Pdl o dell’opposizione. Insomma la gente si aspetta che il Pd discuta ma poi decida.
Per ultimo ci sembra paradossale che ancora non sia stata insediata la Commissione bicamerale della Antimafia né prospettate soluzioni amministrative e legislative per l’aggressione all’economia criminale e alla corruzione. La lotta alla corruzione è il veicolo principale per colpire il rapporto della politica con le mafie. Non è un problema secondario della nostra democrazia come ha fatto rilevare il nuovo Procuratore nazionale antimafia, la cui nomina era stata sollecitata anche da noi, ma semplicemente di volontà politica della classe dirigente. Il voto di scambio complicato da arzigogolamenti strumentali, va ricondotto alla semplicità della proposta iniziale avanzata dal movimento antimafia, e ora ripresa dal nuovo Procuratore: si aggiunga al testo attuale del 416 ter la parola “altre utilità”, e basta.
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