Il rischio povertà un incubo che cresce
Società | 4 novembre 2024
In Italia un bambino su tre nato in una famiglia con difficoltà economiche è diventato un adulto che resta a rischio povertà. È quanto emerge dai dati del 2023 raccolti da Eurostat riguardanti uomini e donne di età compresa tra i 25 e i 59 anni. In Europa uno su cinque di coloro che hanno dichiarato di aver vissuto in famiglie con situazioni economiche disagiate, una volta cresciuto si trova a fronteggiare lo stesso problema dei genitori. A livello nazionale, l’Italia è fanalino di coda (con una percentuale del 34%, a fronte del 20% della media europea). Fanno peggio di noi solo Bulgaria – dove è il 48,1% dei rispondenti a dichiarare di continuare a vivere in condizioni disagiate - e Romania – con una percentuale pari al 42,1%.
Si tratta del fenomeno noto come ‘trasmissione inter-generazionale degli svantaggi’ economici che, tradotto in altri termini, indica la mancanza di ascensore sociale un po’ ovunque. Sembra, dunque, che la povertà si erediti; che il disagio economico della famiglia di origine abbia inevitabilmente oggi un peso sul rischio povertà.
In questa dinamica pesa sicuramente l’accesso all’istruzione. Il rischio di povertà è più alto per chi proviene da famiglie in cui i genitori hanno un titolo di studio più basso; mentre è più ridotto per quegli adulti i cui mamma e papà avevano una laurea o addirittura un master post-universitario.
“Nella maggior parte dell’Ue – sottolinea l’istituto di statistica europeo – nel 2023 il tasso di rischio di povertà per le persone di età compresa tra 25 e 59 anni era inferiore di 10,6 punti percentuali per coloro i cui genitori avevano un livello di istruzione superiore (8,5 per cento) rispetto a coloro i cui genitori avevano un livello di istruzione inferiore (19,1 per cento)”.
La Danimarca è l’unico paese in cui gli adulti che vivevano in famiglie finanziariamente svantaggiate non hanno affrontato un rischio maggiore di povertà in seguito: solo l’8,5% di coloro che provenivano da famiglie con una cattiva situazione finanziaria hanno continuato ad avere difficoltà economiche in età adulta, a fronte dell’8,9% di coloro che invece sono riusciti a riscattarsi economicamente. Anche in Slovenia e Finlandia l’ascensore sociale sembra funzionare meglio che nel resto dell’Ue.
di Alida Federico
Si tratta del fenomeno noto come ‘trasmissione inter-generazionale degli svantaggi’ economici che, tradotto in altri termini, indica la mancanza di ascensore sociale un po’ ovunque. Sembra, dunque, che la povertà si erediti; che il disagio economico della famiglia di origine abbia inevitabilmente oggi un peso sul rischio povertà.
In questa dinamica pesa sicuramente l’accesso all’istruzione. Il rischio di povertà è più alto per chi proviene da famiglie in cui i genitori hanno un titolo di studio più basso; mentre è più ridotto per quegli adulti i cui mamma e papà avevano una laurea o addirittura un master post-universitario.
“Nella maggior parte dell’Ue – sottolinea l’istituto di statistica europeo – nel 2023 il tasso di rischio di povertà per le persone di età compresa tra 25 e 59 anni era inferiore di 10,6 punti percentuali per coloro i cui genitori avevano un livello di istruzione superiore (8,5 per cento) rispetto a coloro i cui genitori avevano un livello di istruzione inferiore (19,1 per cento)”.
La Danimarca è l’unico paese in cui gli adulti che vivevano in famiglie finanziariamente svantaggiate non hanno affrontato un rischio maggiore di povertà in seguito: solo l’8,5% di coloro che provenivano da famiglie con una cattiva situazione finanziaria hanno continuato ad avere difficoltà economiche in età adulta, a fronte dell’8,9% di coloro che invece sono riusciti a riscattarsi economicamente. Anche in Slovenia e Finlandia l’ascensore sociale sembra funzionare meglio che nel resto dell’Ue.
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