"Io, Walter Veltroni e Giuseppina Zacco, la moglie di Pio La Torre"
22 ottobre 2022
«Una sorta di magia mi ha concesso di interpretare un personaggio ammantato di nobiltà». L’attrice Silvia Francese, 38 anni, siciliana ma ormai romana d’adozione, commenta così la sua ultima partecipazione cinematografica. È lei l’interprete di Giuseppina Zacco La Torre nell’ultima produzione cinematografica firmata da Walter Veltroni. “Ora tocca a noi” è il titolo del docufiction che racconta la tragica fine del segretario regionale del Partico comunista siciliano. La pellicola è stata presentata in anteprima come special screening alla festa del cinema di Roma. Il film andrà in onda su Rai Tre nel corso di una prima serata firmata Rai documentari. Sono ormai trascorsi quaranta anni dalla tragica mattinata del 30 aprile 1982, quando a Palermo, in piazza generale Turba, un commando di killer uccise, barbaramente, Pio La Torre e il suo autista Rosario Di Salvo.
«Un’autentica magia mi ha condotto al cospetto di questo straordinario personaggio – spiega Silvia Francese, studi in Politiche internazionali e un diploma al Centro sperimentale di cinematografia di Roma – È stata una fortunata coincidenza. A cominciare dal provino iniziale. Il giorno prima avevo scoperto di essere positiva al Covid. Ho deciso lo stesso di sottopormi alla selezione ma in videocollegamento. Ero amareggiata. Temevo di perdere questa grande opportunità. Ma è entrata in gioco una strana fatalità. Alla fine la parte era mia. Felicità iniziale che è diventata autentica ammirazione studiando il personaggio. Giuseppina Zacco La Torre è stata una donna di grande fascino e di straordinaria passione civile. La sua vita è un susseguirsi di strani accadimenti. A cominciare dal primo incontro con Pio La Torre. Una mattina dell’ottobre del 1948, uscì di casa per andare al circolo del tennis, ma stranamente decise di tornare indietro e iscriversi al Partito comunista. Ad aprire la porta della sezione del Pci palermitano fu il giovane Pio. Un autentico colpo di fulmine. Lui rispose che prima dell’iscrizione al partito avrebbe dovuto leggere un libro sull’emancipazione della donna. Prima di congedarla si offrì di accompagnarla a casa. Da quel momento non si separarono mai più».
Come è stato lavorare con Walter Veltroni regista?
«Avevo già visto e apprezzato i suoi precedenti lavori. Lavorare sul set con Veltroni è stato un continuo arricchimento. Possiede una fenomenale padronanza e conoscenza degli argomenti trattati. È riuscito a intercalare, con raffinata delicatezza, la sezione fiction tra gli inserti documentaristici, quelli tratti da congressi, comizi, interventi al Parlamento. Ma il suo merito è stato quello di non fare un racconto sulla Sicilia. Ha strutturato una narrazione che possiede un respiro più ampio, più vasto».
Perché è rimasta così affascinata da Giuseppina Zacco La Torre?
«Un aspetto mi ha colpito in particolar modo. Giuseppina proveniva dal mondo nobiliare palermitano. Nonostante queste sue origini aristocratiche è riuscita a trovare la forza e la capacità di compenetrarsi con il mondo contadino, quello che suo marito difendeva strenuamente. Ha imparato a lottare con ostinata caparbietà per il riscatto sociale degli ultimi. Una cosa assolutamente impensabile a quel tempo».
Quando è stato ucciso Pio La Torre lei non era ancora nata. Quando si è imbattuta in questa storia?
«Anche questa è una storia magica. Devo tutto a un’altra grande donna: Diana Cassarà, una mia insegnante di Bagheria. Erano gli anni Novanta, lei mi ha segnato profondamente. Insegnava educazione civica a scuola parlandoci apertamente del fenomeno mafioso e di tutte le sue spaventose conseguenze».
Vicende mafiose che hanno segnato tragicamente anche la sua famiglia. Il giornalista Mario Francese, suo nonno, è stato assassinato a Palermo da Leoluca Bagarella, la sera del 26 gennaio del 1979.
«E anche questo aspetto contribuisce ad ammantare questo mio ultimo ruolo di una strana fatalità. Mio padre mi ha educato a vivere questa storia dolorosa in maniera diversa. Lui ha reagito al suo immenso dolore per la tragica perdita del padre, parlandomene continuamente, con gioia. Nel corso degli anni, ho avvertito la figura di mio nonno come un uomo lontano ma presente. Fino a quando ho trovato un suo filmato su Youtube, altra casualità. Ho sentito per la prima volta la sua voce. Una sensazione straniante. Aveva un accento del siracusano, dove lui era nato. Nel mio immaginario lo avevo sempre percepito come un uomo di Palermo. Realizzai dunque la sua scomparsa. Con una magia tutta legata alla voce, ai timbri. Tutti aspetti che sono poi diventati il mio mestiere di attrice. Sono orgogliosa di portare il suo cognome, mi identifico nel suo agire e detesto con tutta me stessa i soprusi, quelli che lui denunciava con i suoi articoli. Visto che mio padre mi ripeteva sempre che io dovevo essere la generazione della gioia, oggi continuo in questo gioco di rimandi magici. Racconto spesso a mia figlia che ha quattro anni la storia di Mario Francese, cronista indomito e coraggioso».
Serve ancora il cinema di impegno sociale?
«Sono sicura di si. Anche se viviamo in un’epoca digitale che ha segnato la fine della partecipazione attiva. Ci si limita solo a qualche click sui social. Ma sono certa che chi vedrà questo film, sarà affascinato dai protagonisti. Uomini e donne che hanno pagato, anche con la vita, pur di tenere fede ai loro ideali».
“Ora tocca a noi”, ci spiega il titolo del film?
«Era la frase che Pio La Torre confidò all’amico Emanuela Macaluso, pochi giorni prima del suo omicidio. Ma significa anche che ora tocca a tutti noi continuare a lottare».
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