L’8 luglio dei ragazzi
che cercavano la libertà

Società | 6 luglio 2025
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L’8 luglio 1960 è una di quelle date della “via crucis” italiana, sospesa tra l’attacco alla democrazia repubblicana e, ancora una volta, la sua difesa. È, questa, la peculiarità tutta italiana dalla sconfitta del nazismo e del fascismo. Nessun altro paese dell’Europa ha subìto la sorte di un continuo processo di destabilizzazione come l’Italia in tutte le forme: il banditismo, la mafia, l’eversione nera, il terrorismo brigatista, settori e apparati dello Stato infedeli, la repressione di chi invocava diritti e condizioni di vita migliori. Negli anni ’50 e ’60, in italia, succedeva anche questo. Diciamolo con chiarezza, l’anticomunismo, ovvero la paura di cadere sotto l’influenza di Mosca, ha giustificato molte nefandezze e troppi soprusi.
La storia dell’8 luglio 1960 è nota ed è nelle coscienze di milioni di cittadini, con il suo carico di morte, di omicidi premeditati, di cariche spietate verso i manifestanti in virtù di un ordine inequivocabile del presidente del Consiglio, Fernando Tambroni. Era il tempo, dopo quella dei braccianti nelle campagne negli anni ’50, della repressione operaia nelle città. Per costituire quel governo, Tambroni cercò e ottenne il supporto del Msi, diretto erede del Partito nazionale fascista. Era e resterà l’unica volta dopo la Liberazione di un appoggio parlamentare fuori dal novero dei partiti che avevano combattuto il fascismo ed avevano realizzato la Costituzione italiana.
Palermo e Reggio Emilia furono le città in cui, a causa degli attacchi violenti della polizia, si registrarono morti: 6 a Reggio Emilia e 4 a Palermo.
Ma mentre le manifestazioni in tutta Italia erano operaie, a Palermo furono sostenute dalla presenza spontanea di migliaia di ragazzi dei quartieri del centro storico che solidarizzarono con gli operai impegnandosi negli scontri con la polizia. Emerse, cioè, quella Palermo dei “vicoli” e dei mille mestieri, dei giovani disoccupati che, di fronte agli attacchi violenti ed all’uso delle armi da parte delle forze dell’ordine, iniziarono quella “guerriglia” urbana che durò per l’intera giornata.
Tambroni dovette dimettersi, il governo cadde e a soli 15 anni dalla caduta del fascismo fu respinto, dai manifestanti nelle piazze e poi dagli elettori, un ambiguo tentativo di restaurare un modello di democrazia autoritaria.
Ogni anno, nelle città coinvolte, doverosamente ricordiamo quei fatti e quei morti, ne rievochiamo il ricordo, li consacriamo eroi dell’età repubblicana. Erano persone umili, lavoratori e giovani in crescita, ma diventarono subito eroi della libertà.
 di Emilio Miceli

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