La forma dell’acqua o l’uomo-anfibio che ha commosso Hollywood
Cultura | 22 febbraio 2018

La Bella e la Bestia (qui in versione acquatica) colpisce ancora. E fa centro sommando ben 13 nomina tion agli Oscar, ma invertendo il fantasmagorico happy end in altro del tutto simile (se non fosse per una sostanziale variante) alla celeberrima fiaba della francese Jean-Marie Leprince de Beaumont, che già di più fortunate versioni cinematografiche targate USA ha goduto. Gulliemo del Toro, regista, soggettista, sceneggiatore e produttore messicano, più volte candidato all’Oscar senza mai esser stato premiato, stavolta “rischia” davvero di farcela (qualcuna delle nomination, con ogni probabilità, si trasformerà nell’aurea statuetta). Il suo ultimo lavoro La forma dell’acqua (del quale oltre ad essere regista è anche soggettista e sceneggiatore, già Leone d’Oro alla 74.a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, marcia infatti trionfalmente (aiutato dal box office) verso la fatidica notte delle stelle fissata per il 4 marzo. Protagonista del film è la “figlia di un dio minore”, Elisa Esposito (chiaramente d’italiche origini), una donna affetta da mutismo, addetta alle pulizie di un segretissimo laboratorio USA (dove comunque lei ha accesso pressoché incontrollato) gestito da scienziati assegnati ad altrettanto celatissimi esperimenti e controllato dal cattivissimo e spietato colonnello Strickland, armato di micidiale mazza elettrica (coniugato con moglie-oggetto-bambola-sessuale, sulla quale rovescia la sua potenza di macho). Costui risponde delle sue azioni soltanto al similmente inumano, truce e ottuso generalissimo Hoyt. Fin qui tutto secondo copione. La sorpresa sta in una “creatura” imprigionata nel grigio laboratorio: un uomo-anfibio, una specie di enorme rospo con cui Elisa Esposito entra in contatto usando il linguaggio dei segni e che andrebbe incontro a morte certa per vivisezione - in modo da poterne studiarne i segreti - se appunto la “muta” non decidesse di sottrarlo, riuscendoci, a tal fine miseranda. Bella e bestia, come è d’uopo, finiranno per innamorarsi (lui è provvisto di organo riproduttivo “retrattile” e quando si eccita è attraversato da onde blu-elettrico). Fine metamorfosante e cattivi, come accade in tutte le favole, sconfitti. Metafora sulla tolleranza e la diversità (l’unico amico della donna è un affabile anziano omosessuale dalle straordinarie doti di disegnatore, ma a sua volta emarginato; mentre la sola amica è una donna di colore) La forma dell’acqua rivela sottotraccia (ma neanche tanto) non soltanto l’allucinato clima della guerra fredda, bensì un intelligente capovolgimento degli stereotipi (la spia russa, uno scienziato infiltrato nel, si fa per dire, “segretissimo” team americano, è il solo dotato di pietas umana; la natura della creatura creduta inferiore si rivela invece dotata di poteri divini…, ecc). Una gradevole fiaba acquatica per adulti e adolescenti, con sul finire alcune sequenze pulp; una bizzarra love story che ha commosso a tal punto le “entità divine” (i votanti) da “meritare” una messe di nomination…in attesa di Oscar.
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