La sinistra italiana e il dilemma dei porcospini, ovvero l'arte della frammentazione
Diceva Einstein che “non si può risolvere un problema con la stessa mentalità che l’ha generato”. Si direbbe che il peccato originale di una buona parte della politica italiana sta qui, nel non (volere?) imparare dai propri errori: ma se c'è una forza politica che ha fatto della frammentazione un'arte, questa è la sinistra. A ricostruire l'impietosa “coazione a ripetere”, la tendenza propria alla divisione – ma anche le grandi battaglie della sinistra, i suoi protagonisti, la stagione delle lotte sindacali e la capacità di rinnovare un'intera società – è Franco Garufi, vicepresidente del centro Pio La Torre, nel suo libro “La sinistra italiana e il dilemma dei porcospini. L’arte della frammentazione a cent’anni da Livorno”, pubblicato dall'Istituto Poligrafico Europeo.
Un saggio che ricostruisce un secolo di battaglie, passando attraverso le promesse del socialismo reale, lo smarrimento di un Paese dopo la guerra fredda e il crollo del muro di Berlino fino al confronto/scontro tra le diverse anime della sinistra. A partire dal titolo del libro, una citazione di Schopenhauer sui porcospini (metafora degli esseri umani) che allude ironicamente a quelle relazioni nelle quali si cerca di stare insieme senza ferirsi reciprocamente. Eppure, prima di quello stallo perenne tra nostalgia e settarismo, c'è stato un tempo in cui i grandi ideali hanno trovato forza e rappresentanza nel Paese, rinnovandolo dal suo interno. Conquiste e lotte che oggi appaiono confinate a un passato irraggiungibile, complice forse una certa percezione del tempo dilatata e indotta anche dalla recente pandemia, come se non avessimo più memoria che ciò che siamo e abbiamo oggi è un tributo pagato a caro prezzo con il sacrificio personale di chi aveva chiara in mente una visione per il nostro Paese. E così i fatti della Storia si intrecciano con il vissuto personale dell'autore, dirigente sindacale, che di una fase di quegli anni è stato testimone.
C'è il respiro di un intero Paese che si ferma e sussulta al ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, un governo che vacilla, speranze che si frantumano, ma anche battaglie pacifiste che portano la Sicilia in primo piano, come quella contro l'installazione dei missili Cruise a Comiso e, ancora, il dramma che ferma il corso degli eventi nell'Isola, con l'uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo. In mezzo, il controcanto di Garufi, la sua percezione del contesto e degli eventi che lo circondano, prima bambino, poi protagonista diretto di alcune di quelle battaglie. Con uno sguardo particolare e partecipe verso una stagione poco indagata del sindacato siciliano, quella del ventennio 1960-1980 che, come ricorda l'autore, ha registrato una particolarità: “Il movimento sindacale siciliano fu chiamato a confrontarsi con problemi di natura assolutamente nuova. Primo tra tutti il rapporto con l’autonomia speciale e il progressivo crescere del ruolo della regione nell’economia siciliana. La Sicilia, prima ancora della Sardegna, è stata la prima regione a costituire una struttura regionale della Cgil (confederale e di categoria) dotata di reali poteri negoziali. Con i problemi posti dallo statuto speciale i dirigenti sindacali siciliani si sono confrontati in relativa autonomia rispetto agli stessi partiti di riferimento, naturalmente nei limiti non ampi in cui negli anni della guerra fredda tale articolazione di opinioni era possibile”. Misurandosi poi, come ripercorre Garufi, con diverse esperienze industriali, come l'Eni a Gela.
C'è poi la drammatica transizione dalla prima alla Seconda Repubblica, il suo dissolvimento con l'inchiesta di Mani pulite, la stagione delle “cose”, quell'ossessione per il nome e le etichette che tradirà un vuoto fatto di meteore e fenomeni transitori. E, ancora, codici che si rompono, la “rottamazione” di Renzi che gli vale la definizione di “Demolition man” dal Financial Times, il duello con Grillo, lo streaming surreale tra i Cinquestelle e Bersani alla ricerca di un dialogo tra mondi inconciliabili. Volendo riprendere Flaiano diremmo che “La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”, soprattutto alla luce di ciò che la sinistra ha attraversato fin qui. Eppure, questa incapacità di cogliere per prima le istanze di rinnovamento, elemento che ha determinato la sua specificità e il successo in passato e che oggi dovrebbe fare la differenza - specie in una società più complessa ma anche più povera e corporativa - il consenso crescente per le destre sovraniste pronte a stravolgere fatti e memorie consolidate, generazioni intere tradite nelle loro speranze e ideali, rendono più urgente una riflessione su questa parabola. E forse, anche tra i porcospini, un modo per vedere la luce in fondo al tunnel può esserci, a costo di fare attrito con gli altri.
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