Le piccole donne di Schmitt crescono in fretta

Le piccole donne di Eric-Emmanuel Schmitt – che ha una quarantina d'anni più di loro – crescono in fretta. Dove eravamo più o meno, più o meno, con il prolifico autore francese? Poco più di un anno fa le edizioni e/o avevano pubblicato “La giostra del piacere”, un grosso tomo che grondava sesso, fantasie ed equivoci.
Mai fedele a se stesso – come ogni buon artista dovrebbe essere – Schmitt si rigenera con i turbamenti adolescenziali di quattro piccole donne, i cui diari e le cui chat via telefonino costituiscono “Veleno d'amore” (154 pagine, 12,50 euro), il suo agilissimo ultimo racconto, pubblicato da e/o, tradotto da Alberto Bracci Testasecca (con un'unica pecca editoriale, il refuso alla diciottesima riga di pagina 74). Prima di arrivare velocemente al finale a sorpresa, Schmitt mette in scena la disilusione dell'amicizia, le invidie e i tradimenti, a dispetto di quello che sembra dalle prime pagine. Le liceali Julia, Anouchka, Colombe, Raphaelle sono ragazze che non sanno mai che cosa c'è nel loro cuore, cercano risposte a tutti gli interrogativi della vita, scoprono il corpo, hanno identità in fase di formazione, incappano in amarezze e si crucciano, perché non riescono a risolvere problemi che... la maggior parte degli adulti si trascina ancora dietro.
S'alternano i punti di vista, emergono contraddizioni nel rapporto fra le quattro ragazze, e si sfilacciano certezze che sembrano indissolubili. Gli adulti – docenti, genitori – stanno sullo sfondo, piccoli e gretti, grondano retorica, sono affetti da incomunicabilità acuta. Il colpo di scena, in un crescendo di rivalità, arriva nelle ultime pagine e c'entra la rappresentazione di “Romeo e Giulietta” che le quattro, a vario titolo, preparano da tempo, con due di loro (entrambe donne) nei ruoli dei protagonisti. Notevole l'idea che s'è fatta Julia del testo del Bardo, convinta com'è che Shakespeare non ami l'amore: «Romeo e Giulietta, tragedia romantica, è in realtà una cartella clinica, il resoconto di una patologia della quale impersono la paziente principale.
Mi domando se non mi sono precipitata su quel ruolo per immunizzarmi. Più andrò avanti, più produrrò anticorpi. Ancora uno sforzo e sarò vaccinata contro l'amore». Non sarà la sola a vaccinarsi, e non ci sarà nulla di semplice in questa faccenda...
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