Quando la mafia arriva sulla tavola, la passione dei coprofagi

Quando si discute di mafia e dintorni è sempre bene partire dalla definizione di Peppino Impastato: “La mafia è una montagna di merda”. Il coraggio di gridare questa verità da una radio libera, in faccia a don Tano Badalamenti e a tutta la banda mafiosa di Cinisi, Impastato lo pagò con la vita. Anche per questo le sue lapidarie parole sono imperiture. Esprimono una realtà che vale in ogni ambito. Anche per il dibattito sui film e sulle serie tv che offrono un’immagine stereotipata e romanzata delle mafie (al riguardo, come dissentire dall’opinione di Nicola Gratteri espressa mercoledì su questo giornale?).
MA ANCORA DI PIÙ vale nel campo dell’alimentazione. Pensare di sfruttare la mafia (una montagna di merda) per vendere qualcosa di più, può andar bene per gli alienati che soffrono di coprofagia. Ma per le persone con un minimo di buon senso e di buon gusto dovrebbe suonare come un’intollerabile offesa. Eppure, il malvezzo di accostare la “montagna di merda” al cibo dilaga. Lo sfruttamento ignobile di un brand infame come la mafia va di moda. In Europa e nel mondo è un tripudio di “caffè mafiozzo”, “fernet mafiosi”, “chilli m af ia ”, “maffia saus”, “ma fi a store”e via seguitando con nauseabonde etichette o insegne. C’è anche un “Palermo mafia Shooting” con incorporato l’av - vertimento “stile italiano”: come a suggerire (o imporre) la becera equazione mafia = Italia. Ma poiché non v’è limite al peggio, ecco un caso di demenziale inciviltà e barbarie, il massimo possibile di aberrazione. Verificatosi in Austria, dove si vende un “Panino Falcone, che purtroppo sarà grigliato come un sa lsi cci ott o” (Re pub bli ca d el 12.11.17). Il catalogo delle nefandezze comprendeva anche il marchio di una quarantina di ristoranti e pizzerie spagnoli. L’insegna della catena era “La mafia se sienta a la mesa” (la mafia si siede a tavola). Con un sito internet che decantava locali arredati in perfetto stile mafioso; resi piacevoli da gigantografie alle pareti raffiguranti i protagonisti de il Padrino di Francis Ford Coppola; allietati da piatti cucinati secondo tradizionali ricette italiane e con materie prime importate dall’Italia; con la possibilità, per chi volesse farsi un drink, di accedere a esclusivi “Club La Mafia Lounge”. Un messaggio tanto chiaro quanto osceno: volete provare il brivido di sentirvi mafiosi? Uccidere non potete, ma almeno mangiate come loro… Ma questa volta l’Eu r op a (colpevolmente distratta sul “caso Contrada”) ha funzionato. E l’Ufficio della proprietà intellettuale ha annullato il marchio, motivando che non ci si può avvantaggiare nell’e se rc izio di un’attività economica servendosi di un nome che evoca la pratica sistematica del terrore e viola i principi fondamentali della convivenza civile e democratica.
ATTENZIONE però che la decisione, del 2016, non è definitiva, avendo il titolare del marchio fatto ricorso. Da ultimo, la vicenda, per vari profili anomala, del “Caffè zu’ Totò”, reclamizzato sul web con tanto di ritratto stilizzato del “capo dei capi”". L’iniziativa commerciale (che peraltro sembra rientrata) è di alcuni parenti del defunto. Una parabola surreale: un boss che nella sua feroce organizzazione criminale aveva ricoperto un ruolo di assoluta supremazia, capace di piegare ai suoi disegni anche uomini delle istituzioni, ridotto a figurina per la réclame delle cialde di un nuovo caffè… Paradossale, segno che in Cosa Nostra un’era si è davvero chiusa? O anticipazione di quello che sarà il giudizio della Storia? (Il Fatto Quotidiano)
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