Rifiuti in mare, aumentano reti da pesca e polistirolo
La plastica è sicuramente il rifiuto più
presente in mare, un materiale che è tra i più pericolosi: viene ingerita da
cetacei, tartarughe e uccelli marini causando danni spesso letali e la sua
frammentazione genera micro-particelle che, ingerite dai pesci, posso arrivare
fino alle nostre tavole.
Per questo motivo da
Goletta Verde, la storica campagna di Legambiente a difesa del mare, viene lanciato
il progetto "Sviluppo sostenibile delle attività di pesca nelle
Regioni ricadenti nell'Obiettivo Convergenza attraverso interventi ambientali,
informazione e sensibilizzazione, anche con il coinvolgimento della ricerca
scientifica", promosso
dall'Alleanza delle Cooperative Italiane
coordinamento Pesca (composta da Agci
Agrital, Lega Pesca, Federcooppesca). Obiettivo, sensibilizzare i pescatori di
alcune regioni costiere (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia) per
ridurre l’impatto degli attrezzi da pesca abbandonati, attivando vere e proprie
bonifiche dei fondali marini, avviando a un corretto smaltimento i rifiuti
marini e prevenendo il problema.
“L’aumentata frequenza degli
attrezzi da pesca abbandonati, persi o dismessi in mare (Ghostfishing, reti
fantasma, il termine utilizzato nella letteratura scientifica) comporta un
aumento degli impatti sugli habitat costieri interessati da attività di pesca –
sottolinea Serena Carpentieri,
responsabile Goletta Verde -. Si tratta di una situazione che sta peggiorando a
causa dell’aumento delle operazioni di pesca e all’utilizzo di attrezzature in
materiali sintetici resistenti ed estremamente durevoli, basti pensare che
nylon ed altri materiali plastici una
volta persi, persistono nell'ambiente per secoli. Spesso nasse e reti vengono
smarrite durante tempeste o in presenza di forti correnti, abbandonate o addirittura
rimangono incagliate in altre reti o trappole precedentemente poste sui
fondali. Tale fenomeno genera inoltre altre conseguenze, perdite economiche
dirette e indirette per gli operatori del settore e danneggiamento dei
principali habitat bentonici. Proprio per questo attraverso la realizzazione di
questo progetto vorremmo sensibilizzare i pescatori a denunciare la perdita
delle attrezzature e, parallelamente, promuoverne così il recupero”.
Secondo il
Consiglio Generale della Pesca nel Mediterraneo (FAO) - che ha calcolato in oltre 6 milioni di tonnellate i materiali
solidi e pericolosi di origine umana che vengono scaricati ogni anno nei mari
del mondo - ben il 10% è costituito dalle “reti fantasma” e dagli attrezzi da
pesca che vengono persi o abbandonati. Adagiandosi sui fondali, questi attrezzi
causano un notevole impatto sulla biodiversità perché continuano a catturare
pesci, danneggiando e ostacolando la vita di tutti gli organismi marini. Un esempio per capire la vastità
del fenomeno è riscontrabile anche
dall’attività di recupero degli attrezzi e reti perse in Adriatico nell’ambito
del progetto IPA dove in meno di un anno di indagine, sono stati raccolti quasi
due tonnellate di reti e attrezzi persi in mare.
Nello specifico il progetto mira
al raggiungimento dei seguenti obiettivi: bonificare porzioni costiere di mare
in alcune regioni ricadenti nell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania,
Sicilia) dagli attrezzi e reti fantasma disperse durante le attività di pesca;
formare ed informare gli operatori della pesca per una loro crescita
professionale; sensibilizzare target group privilegiati, sui temi della sostenibilità
delle attività antropiche e della loro compatibilità con la conservazione delle
risorse ed il rispetto dell’ambiente; promuovere un partenariato attivo tra
scienziati ed operatori della pesca.
Sono diversi i danni causati
dalle reti abbandonate o perse, ad esempio la cattura continua di pesci -
conosciuta come "pesca fantasma" - e di altri animali quali
tartarughe, uccelli marini e mammiferi marini, che rimangono intrappolati e
muoiono che continuano a pescare, sottraendo risorse all’ambiente senza che
nessuno ne tragga beneficio; l'alterazione degli ecosistemi dei fondali marini;
la creazione di rischi per la navigazione in termini di possibili incidenti in
mare e danni alle imbarcazioni.
Il progetto prevede, inoltre, l’individuazione,
la mappatura e il recupero degli attrezzi da pesca coinvolgimento i pescatori e
i subacquei nelle fasi di recupero degli attrezzi fantasma e della loro
localizzazione in mare. Il recupero consentirà di bonificare e ripristinare le
naturali condizioni ambientali, contribuendo a ridurre il rischio di ulteriori
incidenti e perdita degli attrezzi da pesca, a tutelare la sicurezza del lavoro
dei pescatori.
Grande importanza sarà data alla gestione a terra delle reti e attrezzi recuperate che verranno avviati ad un corretto smaltimento ed al contempo sarà possibile istituire nei porti coinvolti nel progetto delle procedure pilota di raccolta delle reti da pesca che attualmente è carente in gran parte delle nostre marinerie. Tale approccio, consentirebbe di avviare ad una corretta gestione anche tutto il materiale plastico o di altra natura, che viene rinvenuto nelle reti da pesca e che, attualmente, proprio a causa della mancanza di una filiera per il recupero di questo materiale, viene rigettato in mare.
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