Scegliere il silenzio e non sfuggire al destino

È il momento dell’Ucraina. Indubitabilmente per il Nobel a Svetlana Alexievich, dietro la quale ci sono voci di valore, alcune non ancora sbarcate in Italia, altre poco tradotte (un esempio è quello di Yuri Andrukhovych). Le eccezioni, di valore, sono rappresentate da Katja Petrowskaja, autrice di “Forse Esther” (Adelphi), e da Marija Matios, che sbarca in Italia grazie a una sigla editoriale di qualità come Keller. Tradotto da Francesca Fici, “Darusja la dolce” (215 pagine, 15,50 euro) di Marija Matios è un romanzo che colpisce al cuore per come racconta la Bucovina – angolo di mondo tra Ucraina e Romania martoriato dalla storia e dalle dittature, con frequenti modifiche dei confini – incarnata da Darusja, una giovane solitaria e silenziosa, presa in giro da chi vive nel suo minuscolo villaggio e la considera anche una svitata o, nella migliore delle ipotesi, una mezza scema.
Non parla per scelta, Darusja, è il suo modo di
ribellarsi al mondo che periodicamente impone alla sua terra violenze e lingue
diverse; si scioglie solo, e poco, davanti alla tomba del padre, in un muto
dialogo senza interlocutore che però le dà pace. Come le darà pace e amore –
piccola parentesi di una vita disperata, idillio di meno di cinquanta pagine,
che sostituiscono la seconda parte del volume – cavandole anche una voce
dall’anima Ivan Cvyčok, musicista girovago, con cui vivrà una breve
tenera storia.
Darusja, le sue emicranie (nate al solo vedere
caramelle e che vanno via con un'immersione nell'acqua di qualche
fiumiciattolo) e il suo mondo – uno spazio rurale, sospeso nel tempo, almeno
fino alla parte finale del volume – sono raccontati con una sensibilità,
un’umanità e una scrittura lieve che fanno a pugni con i drammi che si
susseguono in un microcosmo esemplare di un mondo ormai inghiottito, stretto
fra alcune superpotenze tra le due guerre mondiali. La protagonista, tuttavia, non
riesce a sfuggire al proprio destino, all’eco della atroce tragedia che
colpisce i suoi genitori – prima Matronka, poi Michajlo – a un
dolore che si perpetua negli anni e sembra scontare sulla propria pelle. Una delle
due comari che sono la voce fuori campo del romanzo sintetizzano bene l'anima
di questa storia: «Ci ha pensato Iddio, a escogitare castighi per tutti».
Ultimi articoli
La Sicilia nei nuovi scenari militari
Femminicidi, qualche ragionevole proposta
L’8 luglio dei ragazzi
che cercavano la libertàLo Monaco, la mafia
braccio armato
della classe dirigenteLa Sicilia cuore della lotta per la pace
Decreto sicurezza, il volto repressivo dello Stato
Brusca e gli altri, l’apporto prezioso dei pentiti
Caritas, cresce la povertà nel paese reale
Miceli alla procuratrice
minacciata: "Suo lavoro
sottrae ragazzi alla mafia"Stipendi bassi e i giovani laureati vanno via