Se la processione si ferma sotto casa Riina non è un caso

A proposito della sosta della processione sotto la casa di Riina a Corleone.
Il Sindaco minimizza, come nella migliore tradizione culturale di depistaggio; i confratelli si sono fermati (proprio lì!), perché stanchi; la figlia di Riina pretende le scuse dei soliti giornalisti che travisano la realtà; il genero attacca pesantemente chi continua a “infangare” Corleone parlando di mafia (come se la mafia e i mafiosi non avessero loro infangato da sempre Corleone e la quasi totalità dei suoi cittadini con il loro “onore”, i tanti assassinii e l’esproprio della ricchezza alla moltitudine di onesti lavoratori, produttori, imprenditori).
Le scuse sono sempre accusatio manifesta. Questi signore e signori non hanno compreso che a Corleone e nel Paese il clima è cambiato. Papa Francesco, assieme ai suoi vescovi, latae sententiae, non ammette i mafiosi nell’ecclesia, cioè sono scomunicati in base al diritto canonico perché associati all’organizzazione mafiosa. Per rientrarci dovranno pentirsi.
Non a caso il Vescovo di Monreale, da cui dipende Corleone, propone comportamenti e percorsi di processione da concordare con le forze di polizia, coerente a tale impostazione canonica. Tra l’altro bisogna dare atto che tutte le forze investigative e inquirenti oggi, più di tanti anni fa, sono impegnate, coerentemente alle leggi e alla Costituzione, nel contrasto alle mafie.
È cambiato il clima sociale, anche perché ci si è riannodati alla storica cultura antimafiosa di Corleone: dall’opposizione dei Fasci Siciliani ai Fratuzzi alla mobilitazione di protesta per l’assassinio del sindaco Bernardino Verro e di Placido Rizzotto, socialisti impegnati entrambi nelle lotte per i patti agrari e la Riforma agraria e sostenuti dalla maggioranza di Corleonesi. Quelli stessi o i loro eredi che si sono battuti per una ricostruzione di Corleone veloce e trasparente dopo il terremoto del 1968 e hanno eletto amministratori negli anni ’90, di sinistra come di destra, senza farsi condizionare dal potere politico-mafioso o più recentemente alle cooperative sociali e di produzione e lavoro che utilizzano nell’interesse della comunità i beni confiscati ai mafiosi.
Ci sono tutte le condizioni per una risposta di massa alle minimizzazioni, ai depistaggi e alle intimidazioni e raccogliere quanto è stato seminato nel corso di questi anni anche attraverso le scuole del territorio e l’azione dell’associazionismo e del volontariato.
La cultura laica, quella religiosa, quella delle forze produttive e sociali sono capaci di isolare qualsiasi tentativo di controllo politico mafioso del territorio purché ne prendano coscienza e lo vogliano. Gli investigatori, gli inquirenti, i giudici hanno tutti gli strumenti per indagare e reprimere i fenomeni di illegalità e di criminalità. La società civile li prevenga. Il Centro Pio La Torre è pronto a fare la sua parte.
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