Stranimali in cammino, bestiario scultoreo e ritratti illusori

Cultura | 12 maggio 2017
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Affonda le radici nel passato, vive nel presente e si proietta nel futuro la mostra 'Stranimali in cammino' a cura di Concetto Prestifilippo e Giovanni Monasteri, progetto espositivo-emozionale del bestiario scultoreo dell'artista Cateno Sanalitro e dei ritratti illusori del fotografo Stefano Aspiranti con le realizzazioni video di Miriam Raccah, ideazione di luce ed ombra robotica di Simone Garagnani, Alessandro Menegoli e Lucia Trebbi, co-fondatori dell'associazione Duepuntilab.
    La mostra è a Bologna in via Solferino 17 e sarà aperta fino al 25. Combina richiami preistorici, ambientazioni contemporanee, materiali riciclati rinati con nuove identità. 'Stranimali in cammino' è una mandria di 3.500 esemplari, frutto di un incontro di idee ed esperienze che abbracciano scultura, video, architettura, fotografia, narrazione, musica. Forme di arte diverse che dialogano e interagiscono in un 'art network' che viaggia anche sui social e dai social si alimenta. Pubblichiamo la presentazione di Concetto Prestifilippo.



ERETICI STRANIMALI


Bologna 1549. Il budello tortuoso è soverchiato da alti edifici. Notte fonda in vicolo de’ Pepoli. Un omone possente, la barba già incanutita, con andatura furtiva guadagna la vicina piazza. Scapita un foglio dalla sua cartella di cuoio. È carta di Amalfi, stampata in quarto. Reca di spalla un’immagine eccentrica: uno strano animale. Il bolognese Ulisse Aldrovandi è in odore di eresia. Lui e l’amico siciliano Camillo Renato, sono accusati di anabattismo. L’entomologo, esploratore, negromante, porta in sicurezza il suo bestiario fantastico. Palazzo Poggi sarà il rifugio sicuro di centinaia di xilografie e incisioni che raffigurano animali immaginifici, draghi e mostri. Gli altri strani animali, quelli scivolati dal maletin di cuoio spagnolo, al galoppo, guadagnano furtivi il capo opposto della città. Fuggono in direzione di Porta Castiglione.

Cinquecento anni dopo, tornano in vita gli strani animali. Per cinque secoli sono rimasti aggrottati nell’antica via Mirasol Grande. Un branco ordinato di misteriosi animali si mette in mostra nell’odierna via Solferino. Ancora una volta, protagonisti due eretici: il siciliano Cateno Sanalitro e il bolognese Stefano Aspiranti. Sono gli autori della mostra “Stranimali in cammino”. L’evento si inquadra nel novero delle attività “Di verde in verde”, la manifestazione organizzata dalla Fondazione Villa Ghigi. Luogo dell’esposizione, la galleria “Duepuntilab” di via Solferino. In mostra le sculture di Cateno Sanalitro e le fotografie di Stefano Aspiranti.

Gli stranimali sono presenze misteriose. Hanno fattezze oscure. Contorni indefiniti. Sono quadrupedi sconosciuti. Nelle descrizioni scientifiche del buon Aldrovandi guadagnerebbero il titolo di Ungulati, Proboscidati, Iracoidei, Artiodattili, Perissodattili. Ma gli stranimali non appartengono alle scienze naturali. Sono esseri che attengono all’inconoscibile non dominabile. Gli stranimali sono esito finale di verità occulte, magismi, esoterismi. Gli stranimali hanno fattezze arcaiche. Le minuscole sculture metalliche di Cateno Sanalitro, hanno un rimando antico. Il loro profilo è quello tracciato dagli sciamani infervorati. Sono le stesse bestie dipinte nelle grotte di Lascaux e di Pech-Merle. Gli stranimali sono cavalli possenti, bufali inferociti, rinoceronti iracondi, elefanti vigorosi, cervi leggiadri, cinghiali inferociti, unicorni alati, minotauri minacciosi, chimere letali, centauri biformi, arpie tempestose, grifoni rapaci. Gli stranimali animano un bestiario trasognato. Sono bestie sgraziate, deformi, mostruose. Eppure, emanano un’energia vitale incontenibile, sfoderano una leggiadria insospettabile, scatenano una forza selvaggia. Nel corso dei secoli hanno trovato rifugio nelle sapienze più alte. Erano custoditi nei bestiari miniati medievali di Abeerden e Ashmole. E, prima ancora, erano i buoi del Sole che pascolavano nelle pianure dell’isola di Trinacria. Erano le mandrie di Lampezia scannate dai compagni dell’Odisseo. Stranimali erano i leoni, gli orsi e i lupi della rapinosa Circe. Stranimali furono le mandrie di Gerione ai limiti del mondo conosciuto. Erano i buoi rossi trafugati da Eracle. Sono mandrie impazzite fuggite in Tracia. Gli stranimali sconfinano da palacinte disusate. Hanno divelto malghe irraggiungibili. Sono armenti, branco, orda, torma selvaggia, incontenibile. In epoche remote della memoria sono state divinità votive di Corinto, leoni dei Sumeri, destrieri degli Assiri. I loro mugghii spaventevoli, giungono fino ai miti mediorientali di Gilgamesh, nell’antica città di Uruk:

Di strano c’era – continua il cacciatore – che in mezzo alle mandrie vidi un mostro, non so se uomo o animale: le sue fattezze, per quanto orrende, erano umane, ma egli si comportava e agiva come un animale e gli animali stessi sembravano considerarlo uno di loro”.

Le sculture metalliche di Cateno Sanalitro sono un fitto intrico di filamenti. Forme scattanti e nervose, innervata su una struttura portante. Gli stranimali sembrano scarabocchi nell’aria. L’artista ha ridato vita, vigore, ai filamenti inermi. Erano scarti di avvolgimenti elettrici. Rimasugli di bobine di rame smaltato. Sono ciò che resta di inanimati motori elettrici. Sono rotoli, matasse che Sanalitro impernia, sovrappone, intesse. L’approdo finale è un reggimento di misteriose, strane bestie. Filamenti che non trovano più alloggio ordinato nelle cave degli statori, nelle carcasse dei motori asincroni. Le matasse dell’inedito avvolgimento sanalitriano, si addensano con nevrosi, fino a darsi forma compiuta. L’artista inanella febbrilmente un’infinita sequela di animali misteriosi. Infine, lo scultore-elettrotecnico-alchimista ammanta, coibenta, riveste, il rame dorato e lucido delle bobine modellate. Sormonta gli stranimali di resine avvolgenti. Il gesto creativo di Sanalitro, conferisce all’insulso isolante di gomma la parvenza di gualdrappa, groppiera, bardatura. Una pelle squamata ricopre dunque gli stranimali. Gli strati di plastica lasciano baluginare piani di rame, come lacerti di carne viva. Inserti di tessuti muscolari tra le gomme. Sventramenti che rimandano alle lotte inenarrabili dei tempi immemori. Gli stranimali elettrici, si animano d’un tratto. Misteriosamente. Incedono, avanzano, procedono, marciano, sfilano. Sembrano vivificati da una forza inclassificabile. Sono percorsi da energia inoculata per mutua induzione. Gli antichi e dismessi avvolgimenti elettrici, sussultano, sgroppano, scalciano. Sono attraversati da una rinnovata forza elettromotrice. Non è flusso di elettroni. Non è intensità di corrente. Non è differenza di potenziale. È un flusso vitale primitivo. Magarìa, magismo. Questi minuscoli esseri, vibrano di energia vitale. Diffondono, nello spazio che li circonda, imperscrutabili linee di forza. Gli ex filamenti di rame innescano tremiti inspiegabili. Sono sussulti, singulti che sfuggono alla legge di Lenz. Gli stranimali sono animati da palpitazioni vitali, contrazioni, spasmi, non forze controelettromotrici. Il finale di partita vede il branco di stranimali guadagnare l’orizzonte sconosciuto. Procedono al galoppo.

Il simbolismo animale è una dorsale portante nella storia dell’arte. Alla fine del secolo Decimonono, albergavano in un appartamento di Avenue de Wangram. Trovarono asilo nelle tele del suo proprietario, il protosurreale Odilon Redon. Emergevano dai frottages di Max Ernst. Popolarono l’immaginario visivo di Max Klinger e Arnold Böcklin. Leonardo li imprigionò nei suoi fogli. Dürer nelle matrici delle sue incisioni. Fino a giungere ai contemporanei filamenti di Tomohiro Inaba. Alle sculture bestiali di Mattia Trotta e Vettor Pisani. Stranimali randagi sono i cani di Velasco Vitali. Lo stesso magismo emanano gli strani cavalli di Mimmo Paladino.

Le immagini del fotografo Stefano Aspiranti testimoniano le infinite mete esotiche raggiunte dagli stranimali. Una sequenza di fotografie che giunge da ogni dove. Gli stranimali ricompaiono al cospetto di un sikh indiano, portiere di un albergo di New Delhi. Fanno da contrappunto alla silhouette della Sydney Opera House. Si aggirano tra le bancarelle del mercato della Vucciria di Palermo. Posano ai piedi di un tempio di Atene. Sfilano all’interno di un padiglione della Biennale di Venezia. Si stagliano al cospetto di un insegna al neon di San Francisco. In primo piano all’ingresso della sede della CNN. Circondano un soldatino di piombo all’interno di un appartamento di via Alloro. Troneggiano sul davanzale di un balcone di New York City. Signoreggiano in riva al mare di Santorini. Posano alteri a Budapest. Sgusciano furtivi a Lisbona.

Le immagini fotografiche di Stefano Aspiranti si proiettano sulle pareti della galleria “Duepuntilab” di via Solferino. Sono ritratti fotografici che fanno da contrappunto alle ombre proiettate degli stranimali. Le silhouette, le ombre, degli stranimali assumono connotazioni ancor più misteriose. Le minuscole sculture metalliche si ingigantiscono lungo le pareti. Le ombre oscure, sono generate da un impercettibile, minuscolo, robot. Macchina che ha assunto le stesse fattezze degli stranimali. Il robot-proiettore, si muove con fare metallico, a scatti. Scandaglia, scruta, illumina. Una performance emozionale di immagini fotografiche, ombre, suoni, intabarra la mandria magica degli strani animali.

Gli stranimali giungono per posta. Viaggiano confinati dentro scatole fustellate. Avvolti in carta velina. Quelli esposti in galleria, erano accucciati dentro una vecchia cassa di palissandro. Avvolti in carte antiche da stampa. I curatori dell’esposizione hanno liberato gli stranimali avvoltolati con carta di Amalfi, stampata in quarto. In uno dei fogli antichi campeggia la figura di un signore possente, la barba già incanutita. Un altro foglio, giallastro, aggredito, rosicchiato, lascia intravedere, a tratti, una scritta:

«Hoggi nel mio Microcosmo si possono vedere il numero di 18000 cose diverse e fra queste 7000 piante in quindici volumi, secche e incollate, parte delle quali ho al vivo dipinte […] il restante poi di animali sanguigni et esangui, sì terrestri come aerei et acquatili, et altre cose sotterranee […] Delle quali ho fatto una scelta di 5000 cose naturali, come di piante, animali di varie sorte e pietre, che possono aver figura, le quali da alcuno scrittore non sono stampate, e quelle ho fatto disegnare in legno di pero, parte delle quali sono intagliate, le quali tutte possono vedersi in quattordici armadi, da me chiamati Pinacotheche. E due sono nel me' Museo [...] dove sono 66 cassette, divise in 4500 cassettine dove sono 7000 cose sotterranee, con alcuni frutti, gomme et altre cose bellissime dell'Indie, coi lori nomi, acciò facilmente si possa trovare».



 di Concetto Prestifilippo

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