«Sub tutela dei», a 30 anni dalla morte un film inchiesta su Livatino
Cultura | 28 agosto 2019

In fondo alle sue agende, gli inquirenti che indagavano sulla sua morte trovarono una sigla misteriosa, «s.t.d.», che li tenne a lungo in scacco finché non scoprirono il significato di quelle tre lettere: «sub tutela dei», nelle mani di Dio. Si intitola proprio «Sub tutela dei, il giudice beato», il nuovo film, in uscita a settembre, del regista Francesco Millonzi dedicato al giu dice Rosario Livatino, passato alla storia come "il giudice ragazzino", perché quando morì, freddato da quattro killer per ordine della Stidda, la mafia agrigentina, lungo la statale 640 che ogni mattina percorreva da Canicattì ad Agrigento, aveva 38 anni appena. Un film -inchiesta di 58 minuti di cui 32 di ricostruzione cinematografica e i restanti dedicati al racconto di personaggi che hanno personalmente conosciuto il giudice: i procuratori Nunzio Sarpietro, Vittorio Fontana, Michelangelo Patané, e Ottavio Sferlazza, il cardinale Francesco Montenegro, don Giuseppe Livatino, che si occupa della postulazione per la cau sa di beatificazione del giudice. Livatino, infatti, non faceva mistero di una profonda fede cristiana, che conciliava rigorosamente con la laicità della sua funzione. Tra gli attori, Fabrizio D' amico è il protagonista mentre Flavio Misuraca lo interpreta da piccolo e ad Angelo Maria Sferrazza è stato affidato il ruolo del killer Gaetano Puzzangaro, detto "a Musca". «All' interno del film - spiega il regista - è inserito un piccolo servizio dedicato al giudice Antonino Saetta, con l' intervento del figlio Roberto, che racconta la morte del padre e del fratello uccisi dalla mafia sulla stessa strada. Il film è stato ambientato sui posti reali legati al giudice: la casa paterna a Canicattì, le chiese dove pregava tutte le mattine, l' ufficio del tribunale dove lavorava ad Agrigento, la Stele costruita in sua memoria, nel luogo dove è stato ucciso, la cappella gentilizia dove riposa. Contemporaneamente ho mostrato la Sicilia che dobbiamo far conoscere: c' è una scena in cui Livatino da piccolo sfugge alla sorveglianza paterna e si perde tra le vie e le chiese di Canicattì: una sequenza di bellezze. Vorrei che questo lavoro servisse a risvegliare le coscienze e fare riflettere sui valori dell' onestà, in quel seme che ha piantato chi ha donato la vita per la nostra libertà».
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