Un’Europa solidale contro una nuova Grande Depressione
Economia | 13 luglio 2015
Cinque economisti scrivono ad Angela Merkel dalle pagine del «The Guardian». Si tratta di Heiner Flassbeck, già segretario di Stato al Ministero delle Finanze tedesco, Thomas Piketty, professore di Economia all’Ecole d’Economie di Parigi, Jeffrey D. Sachs, direttore dell’Earth Institute alla Columbia University, Dani Rodrik, professore di Economia politica internazionale alla Harvard University, Simon Wren-Lewis, professore di Politica economica all’Università di Oxford. La lettera aperta, ripresa dai principali organi di informazione europei, ha un titolo eloquente: “Angela Merkel deve agire adesso per la Grecia, la Germania e il mondo”. Dopo il referendum greco che con la vittoria del No ha segnato una presa di posizione forte contro l’austerity, anche dal mondo della scienza e dell’alta finanza arrivano voci critiche sulle politiche economiche dell’Unione e inviti a un radicale cambio di rotta. “L’austerità a oltranza che l’Europa ha imposto al popolo greco – affermano - semplicemente non funziona. […] Come la maggior parte del mondo aveva previsto, le richieste finanziarie da parte dell’Europa hanno schiacciato l'economia greca: disoccupazione di massa, collasso del sistema bancario, ulteriore aumento dell’esposizione debitoria sull’estero, con il debito pubblico arrivato alla percentuale incredibile del 175 sul Prodotto interno lordo. In questo momento l'economia è prostrata: le entrate fiscali sono in picchiata, la produzione e l’occupazione sono depresse e le imprese sono affamate di capitale.”Gli effetti sulla popolazione e sulle famiglie sono devastanti, segnando imponenti passi indietro anche rispetto ad ambiti che presentano in Europa un trend in miglioramento, tra questi un dato allarmante riguarda la crescita esponenziale della mortalità infantile in Grecia e l’incremento del numero di bambini che vivono in condizioni di povertà (il 40% del totale) con conseguenze umanitarie da non sottovalutare. In un Paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è quasi giunto al 50% e nel quale dilagano corruzione, evasione fiscale e si avvertono i retaggi di una cattiva gestione della cosa pubblica sedimentati nel tempo, gli esperti sottolineano come ci sia già stato un adattamento della popolazione all’austerità invocata dalla Merkel: tagli agli stipendi, riduzioni della spesa pubblica e delle pensioni, privatizzazione e deregolamentazione, aumento della tassazione. Tutto ciò avrebbe contribuito negli ultimi anni a “creare una Grande Depressione come non si era vista in Europa dai tempi della crisi del 1929-1933. La medicina prescritta dal Suo ministro delle Finanze e da Bruxelles – scrivono alla cancelliera tedesca - non ha curato la malattia, ha dissanguato il paziente.” A queste considerazioni segue un appello alla leader tedesca e alle istituzioni: “La esortiamo, cancelliera Merkel, e con Lei la Troika, a prendere in considerazione un cambiamento di rotta, per evitare ulteriori catastrofi e consentire alla Grecia di restare nell’Eurozona. Ora è stato chiesto al governo greco di portarsi una pistola alla tempia e premere il grilletto. Purtroppo, il proiettile non ucciderebbe solo il futuro europeo della Grecia. Il danno collaterale ucciderà l’Eurozona intesa come un faro di speranza, democrazia e prosperità, e potrebbe portare a conseguenze economiche assai significative in tutto il mondo.”Proprio gli economisti fanno riferimento a un punto che era stato già ripreso da Tsipras, e che era apparso ai più come una mera provocazione, che rimanda alle stesse origini della comunità europea: “Negli anni Cinquanta, l’Europa era fondata sulla remissione dei debiti pregressi, in particolare di quelli tedeschi, e ciò ha rappresentato un contributo enorme alla pace e alla crescita economica del dopoguerra. Oggi abbiamo bisogno di ristrutturare e ridurre il debito greco, dare ossigeno all’economia, e consentire alla Grecia di pagare un onere ridotto di debito per un lungo periodo di tempo. È questo il momento per ripensare il programma di austerità punitivo e fallimentare degli ultimi anni e per accordare una forte riduzione dei debiti della Grecia da accompagnarsi nel Paese con le riforme indispensabili.”La lettera si conclude con un ulteriore appello alla Merkel rivolto al futuro: “Le Sue azioni di questa settimana passeranno alla Storia. Puntiamo su di Lei per compiere passi coraggiosi e generosi verso la Grecia: serviranno all’Europa per le generazioni a venire.”Singolare che la lettera sia rivolta esclusivamente alla cancelliera, segno di una distribuzione del potere che nei fatti si è consolidata a favore di Berlino. Giudizi simili sulle politiche europee vengono espressi anche da economisti italiani come Gianfranco Viesti che nel sito della rivista il Mulino scrive: “Perseverare con la cieca austerità degli ultimi anni avrebbe solo distrutto ancor più la Grecia. Ma il punto è questo: l’Europa è sul baratro, indipendentemente dalle vicende elleniche. Ed è una gran fortuna che lo shock sia arrivato da un Paese con cittadini e governo che desiderano fortemente restare nell’Europa e nell’euro e non dai tanti, crescenti, movimenti nazionalisti e antieuropei. Siamo a un punto di svolta a cui saremmo comunque, prima o poi, arrivati.” Molti politologi invitavano a ripensare l’Europa già prima della crisi, oggi le parole di Beck e Grande appaiono quanto mai attuali: “Se l’Europa vuole fare pienamente giustizia della sua fama di organizzazione politica fallimentare, necessita di una nuova autocomprensione, che si articola in tre aspetti: in primo luogo, una narrativa che consenta di inquadrare e comprendere le realtà contraddittorie dell’Europa come momenti di un’impresa comune degli europei; in secondo luogo, una nuova visione politica; in terzo luogo, una nuova concezione della politica dell’integrazione” (Beck U., Grande E., L’Europa Cosmopolita. Società e politica nella seconda modernità, Carocci, Roma, 2006).L’Europa è dunque a un bivio. Dalle scelte di questi giorni verrà definito un nuovo corso per l’Europa che potrà essere orientato all’inclusione e ad un progetto politico unitario di sviluppo, oppure volto ad un irrigidimento di politiche, secondo molti osservatori già dimostratesi fallimentari, che escludono e rischiano di incrementare il divario tra cittadini e istituzioni europee alimentando diseguaglianze e rivendicazioni nazionali e locali a discapito di un progetto di solidarietà internazionale orientato alla crescita. Dalle decisioni di questi giorni l’opportunità di un risveglio del progetto europeo che già qualche anno fa Giddens definiva ormai “impantanato”, in una lotta per l’Europa che è scontro tra diverse maniere di intendere l’Unione, ma anche “una lotta in cui deve impegnarsi l’Europa per ritagliarsi un posto in un mondo di grandi trasformazioni” (A. Giddens, L’Europa nell’età globale, Laterza, Roma-Bari, 2007). Una lotta con un esito tutt’altro che scontato, in uno scenario che la crisi ha reso ancora più sconfortante rispetto a quello delineato da Giddens, mettendo in discussione la stessa possibilità di un modello sociale europeo come elemento identitario fondamentale.
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