L'antimafia "rovesciata" di Corleone

Società | 25 settembre 2025
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D’accordo, la mafia è una montagna di merda. E poi? Con l’antimafia-spettacolo, gridata da un palco, non si costruisce futuro, si fa solo un po’ di spettacolo, che lascia il tempo che… lascia.
Certo, è bene che ci sia stata una reazione allo Sperone-Podcast e ai suoi improvvidi conduttori. È bene che si sia rintuzzata l’arroganza del giovane Riina che pensava di cambiare la storia. Male, invece, “la piazza rovesciata” di Corleone che abbiamo avuto modo di osservare. Sul palco Ismaele La Vardera, Stefania Petyx, il sindaco Walter Rà, che hanno chiamato accanto a loro familiari di vittime innocenti di mafia ed altri testimoni, e tutti insieme a ri-sottolineare la “montagna di merda” che è la mafia. A dire dei due conduttori incapaci di fare domande, vere domande, a Riina. A dire che il giovane Riina è un pregiudicato che è stato in carcere per mafia, che il padre è stato peggiore, molto peggiore del figlio. E tutti a solidarizzare e ad incoraggiare Corleone e i corleonesi. Si tratta di cose note, certo, ma che ri-dette nella piazza di Corleone hanno un grande valore.
Ma sotto il palco, in piazza Garibaldi, c’erano dirigenti scolastici, professoresse e professori, maestre e maestri, studentesse e studenti, ragazze e ragazzi, i frati minori rinnovati, quelli del Cidma, altre associazioni, esponenti sindacali, insieme a cittadine/i, fieramente a resta alta e orgogliosi della loro Corleone.
Ecco, proprio quelle/i sotto il palco bisognava far salire sul palco. Sarebbe stato giusto, significativo e bello. Perché proprio loro avrebbero potuto raccontare (aiutandosi con i libri di storia e/o con la loro memoria) la Corleone che ha prodotto un’antimafia antica quanto la mafia, un’antimafia che ha combattuto e combatte con coraggio la mafia. La Vardera e la Petyx tutto questo non lo sapevano e non lo sanno. Nessuno gliel’ha spiegato. Entrambi sono venuti ad incoraggiare Corleone. Ed è un fatto lodevole. Ma Corleone il coraggio di combattere i mafiosi l’ha avuto già nel 1889 col coraggioso comandante delle guardie rurali, il corleonese Giovanni Frisella Vella. E poi con i Fasci dei lavoratori guidati da Bernardino Verro, che poi fu il primo coraggioso sindaco socialista e antimafioso della nostra città. Con Luciano Nicoletti, Andrea Orlando, Giovanni Zangara. Con Placido Rizzotto e migliaia di contadini che nel secondo dopoguerra hanno lottato a pugni nudi contro i mafiosi e per la Corleone del lavoro, dello sviluppo e del progresso.
Il coraggio l’ha avuto ancora con i cattolici democratici come Bruno Ridulfo, Carmelo Comaianni (ed altri), capaci negli anni ‘60 (con l’aiuto dei comunisti Peppino Di Palermo, Totò Mannina e Tanino Marabeti) di mettere fuori dall’amministrazione comunale Vito Ciancimino e i suoi sodali.
Il coraggio l’ha avuto con i comunisti corleonesi, stretti attorno a Pio La Torre, che il 30 settembre 1978, dal palco del cinema Martorana hanno lanciato l’allarme sulla pericolosità di mafiosi in carriera come Totò Riina e Bernardo Provenzano, allora sottovalutati da tutti.
Con i ragazzi delle scuole corleonesi che alla vigilia del Natale 1991 hanno scritto delle lettere ai mafiosi, invitandoli a cambiare vita, a deporre le armi. Con i bambini che nei loro temi hanno scritto di voler diventare magistrati e poliziotti per combattere e sconfiggere la mafia.
Con “Il Giornale del Corleonese” prima e con “Città Nuove” dopo, che hanno dato voce a chi non ha voce.
Ai bambini delle scuole elementari con le loro maestre e la direttrice Gina Scalisi, che manifestarono con coraggio contro i mafiosi all’indomani della strage di Capaci, gridando: “Giovanni, non dovevi morire!”
E ancora con il movimento di popolo che nel 1993, dopo la terribile stagione delle stragi, ha eletto sindaco Pippo Cipriani, che si costituì parte civile contro i mafiosi, diede inizio alla stagione della gestione dei beni confiscati alla mafia e lanciò un messaggio positivo all’Italia e al mondo.
E poi ancora con i giovani delle parrocchie e con i frati minori rinnovati di fra’ Paolo, che si battevano per la buona politica, per l’ambiente e cantavano i dieci consigli scomodi nei presepi antimafia itineranti della Sicilia.
E infine, ormai da anni, con le nostre scuole - dalle elementari alle superiori - che partecipano al ricordo dei nostri eroi antimafia, approfondendone lo studio e indicandoli come modelli a cui ispirarsi. Ancora suonano nelle mie orecchie le parole dei nostri bambini in questa stessa piazza Garibaldi: “Di Placido Rizzotto e Bernardino Verro siamo orgogliosi; di Totò Riina e Bernardo Provenzano ci vergogniamo ”.
Ecco, questa è l’antimafia che ci piace, l’antimafia corleonese di cui sono protagonisti i corleonesi. A questa antimafia si sarebbe dovuto dare spazio. Invece — nostro malgrado - siamo stati “colonizzati” da un’antimafia più spettacolo che occasione per maturare la coscienza civile dei nostri giovani.
Peccato, un’occasione sprecata…
Speriamo che adesso almeno si riunisca il nostro consiglio comunale per deliberare che i mafiosi (con Riina in testa) non sono graditi a Corleone. E che lo Stato e la Regione devono garantire davvero lavoro, servizi (a cominciare da un ospedale potenziato) e sviluppo alle nostre popolazioni.
 di Dino Paternostro

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