La ricchezza delle donne, con la parità il Pil crescerebbe del 7%

"Se ci fosse parità di accesso al lavoro il Pil del nostro paese crescerebbe del 7%. Invece le donne continuano ad avere difficoltà ad inserirsi nel mondo del lavoro e quando riescono continuano ad essere pagate meno”. Questi i dati di una ricerca della Banca d'Italia illustrati da Gianna Fracassi della segreteria nazionale della Cgil durante la conferenza “La differenza di genere nell’affermazione dei diritti di cittadinanza nella scuola e nella società Italiana" svoltasi stamane presso il Cinema Rouge et Noir di Palermo e facente parte del ciclo di incontri del Progetto educativo antimafia e antiviolenza promosso dal Centro Studi Pio La Torre. Il dibattito è stato moderato dalla giornalista Marina Turco, direttrice del Tgs.
“Per lo stesso lavoro, se un uomo guadagna un dollaro, una donna riceve 0.77 dollari. È un insuccesso democratico il fatto che ancora oggi nel 2018 si parli dell'uguaglianza di genere come un obiettivo da raggiungere nonostante 139 paesi nel mondo abbiano leggi che favoriscono o addirittura obbligano la parità di genere. Anche in Italia l'articolo 3 e l'articolo 51 della Costituzione stabiliscono dei principi e impongono la rimozione di ogni ostacolo. Ma purtroppo questi articoli in Italia e nel mondo non vengono attuati. Tanto che l'Onu tra gli obiettivi primari da raggiungere entro il 2030 ha inserito proprio la parità di genere e l'enpowerment delle donne. Obiettivi che dovrebbero essere alla base dell’agenda di governo degli esecutivi di tutto il mondo".
“È necessaria una sinergia tra Stato, datori di lavoro, lavoratori, giornalisti e società per abbattere stereotipi e vincoli alla mancata realizzazione della parità di genere - sottolinea Mimma Argurio, della segreteria regionale della Cgil. Tanto lavoro ancora rimane da fare ma è un obiettivo raggiungibile”.
“Il fenomeno della violenza estrema sulle donne si è imposto da qualche anno all’interno dell’agenda dei mezzi di informazione italiani (prima era considerato questione “privata” poco notiziabile nello spazio pubblico)”. La professoressa Pina Lalli, del Dipartimento Scienze Politiche e Sociali dell'Università di Bologna ha così illustrato i risultati di una ricerca condotta sui principali quotidiani italiani su come i media raccontano i femminicidi. "Nel periodo analizzato dalla ricerca, il 2012, sono stati compiuti 72 femminicidi “domestici”, compiuti cioè da partner o ex partner. Di questi, 53 casi hanno avuto copertura nazionale in almeno uno di 3 quotidiani Il Corriere della Sera, Repubblica, La Stampa per un totale di 166 articoli. Quattro casi attirano quasi un quarto degli articoli: storie dai risvolti particolarmente efferati, o vittime multiple, o donne molto giovani. Oltre la metà (92) dei 166 articoli raccolti collegano i femminicidi a una dimensione di amore deluso, mentre in 102 articoli su 166ì si fa ricorso ad un termine di uso corrente privo di evidenza medico-scientifica: "raptus". Solo 17 articoli su 166 accompagnano il racconto evocando una dimensione di dominio maschile ma di solito il racconto riguarda cittadini stranieri.
La prossima conferenza si terrà il 9 marzo sul tema “Il ruolo della Chiesa di Papà Francesco nel contrasto alle mafie, alla corruzione, alla povertà e alle diseguaglianze sociali”.
Ultimi articoli
Femminicidi, qualche ragionevole proposta
L’8 luglio dei ragazzi
che cercavano la libertàLo Monaco, la mafia
braccio armato
della classe dirigenteLa Sicilia cuore della lotta per la pace
Decreto sicurezza, il volto repressivo dello Stato
Brusca e gli altri, l’apporto prezioso dei pentiti
Caritas, cresce la povertà nel paese reale
Miceli alla procuratrice
minacciata: "Suo lavoro
sottrae ragazzi alla mafia"Stipendi bassi e i giovani laureati vanno via
Referendum in archivio, democrazia debole