Tre ragazzi su cinque vittime di discriminazioni ed emarginazioni

Secondo un sondaggio diffuso da Save the Children in occasione della Giornata internazionale contro le discriminazioni, più di 3 studenti su 5 dichiarano di essere stati vittime di discriminazione e hanno vissuto sulla propria pelle violenze o minacce, sono stati derisi ed emarginati dai loro coetanei o messi al centro di voci negative sul loro conto. Quasi 9 su 10 sono stati testimoni diretti, soprattutto a scuola, di comportamenti discriminatori nei riguardi dei loro amici e compagni. L’omosessualità, l’appartenenza alla comunità rom, l’obesità o il fatto di essere di colore sono le principali “etichette” per le quali le persone rischiano di essere discriminate, secondo più dell’80% degli intervistati. A queste seguono l’essere di religione islamica, l’essere povero o disabile (per il 70%).
Il 61% degli studenti intervistati– secondo quanto emerge dal sondaggio- ha subìto direttamente situazioni di discriminazione dai propri coetanei. Tra questi, il 19% ha dichiarato di essere stato emarginato ed escluso dal gruppo, mentre il 17% è stato vittima di brutte voci messe in giro sul proprio conto, il 16% deriso e 1 su 10 ha subito furti, minacce o pestaggi. Tra chi ha subito discriminazioni, il 32% ha scelto di rivolgersi ai genitori, un altro 32% ha preferito parlarne agli amici, mentre un significativo 31% non si è rivolto a nessuno. Solo 1 intervistato su 20 ha scelto di rivolgersi agli insegnanti: un dato che assume ancor più peso se si pensa che proprio la scuola si configura, secondo i risultati dell’indagine, come il luogo principale (45% dei casi) dove gli studenti assistono a discriminazioni nei confronti dei loro compagni di pari età, seguita dal contesto della strada (30%) e dai social (21%). A giocare un ruolo determinante nelle discriminazioni che i giovani subiscono - secondo quanto da loro stessi dichiarato- sono soprattutto le etichette e gli stereotipi che ad essi vengono affibbiati. Tra gli studenti che hanno dichiarato di essere stati testimoni di un comportamento discriminatorio verso un loro coetaneo – quasi il 90% degli intervistati - il 16% ha detto che la vittima era tale perché omosessuale o giudicata grassa, in più di 1 caso su 10 perché di genere femminile, mentre nel 9% dei casi si è trattato di una discriminazione dovuta al colore della pelle, nell’8,5% a una condizione di povertà economica e nel 7% perché la vittima era disabile.
Gli studenti intervistati hanno anche stilato una scala dettagliata di quelle che sono, per loro, le categorie di persone che nella loro vita rischiano maggiormente di essere discriminate per via dell’etichetta che viene loro associata, relativamente all’orientamento sessuale, all’aspetto fisico, alla disabilità, alla religione o alla provenienza. In cima, nello specifico, tra coloro che corrono il rischio di subire comportamenti discriminatori, per l’88% degli studenti, sono le persone omosessuali, seguite da persone di origine rom e persone grasse (entrambi all’85%), persone di colore (82%), di religione islamica (76%), poveri (71%), persone con disabilità (67%), arabi (67%), asiatici ed ebrei (53% per entrambi).
Dall’indagine, infine, emerge come sia complesso combattere gli stereotipi proprio perché sono difficili da stanare e perché, alle volte, si tende a giustificare o sminuire le proprie azioni o quelle commesse da altri. Quasi il 13% dei ragazzi intervistati, infatti, ha risposto che “picchiare i compagni di classe odiosi significa solo dargli una lezione”, quasi 1 su 5 pensa che “ai ragazzi non importa essere presi in giro perché è un segno di interesse” mentre quasi 1 su 3 ritiene “giusto maltrattare qualcuno che si è comportato come un verme”.
L’indagine, che ha visto coinvolti più di 2.000 studenti e studentesse di scuole secondarie di secondo grado in tutta Italia, è stata realizzata da SottoSopra, il Movimento Giovani per Save the Children con il sostegno dell’Invalsi, che rientra nell’ambito della campagna “UP-prezzami” contro gli stereotipi, la prima campagna nazionale ideata e lanciata dagli oltre 400 ragazzi e ragazze tra i 14 e i 22 anni coinvolti nel Movimento giovanile dell’Organizzazione e impegnati in azioni di sensibilizzazione e cittadinanza attiva in 15 città italiane.
L’immagine simbolo della campagna è un codice a barre che rappresenta le etichette con le quali si giudicano gli altri in modo superficiale, limitandosi al loro aspetto esteriore, accompagnato dallo slogan “Non fermarti all’etichetta”. Un simbolo che tutti sono chiamati a condividere sui social utilizzando l’hashtag #UPprezzami e sfidando i propri amici e familiari a postare foto e video disegnandosi un codice a barre sulla guancia. Un invito a liberarsi dalle etichette e a dire no alle discriminazioni, che è anche il messaggio veicolato da un video costruito e realizzato dai ragazzi di SottoSopra, in cui ciascun giovane viene letteralmente imprigionato in uno scatolone che rappresenta lo stigma di cui è vittima.
“È
fondamentale che iniziative di questo tipo- ha affermato Raffaela
Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children-
partano dai ragazzi, perché
sono
loro per primi a vivere queste situazioni spesso drammatiche.
Sappiamo che il coinvolgimento dei “pari”
è fondamentale per isolare chi compie atti discriminatori, per non
minimizzare qualsiasi segnale di chiusura verso le diversità
e
per diffondere una cultura di rispetto dei diritti di tutti, a scuola
e negli altri luoghi di incontro”.
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