La mafia non uccide più, ora corrompe

Società | 26 dicembre 2015
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Dalla recente relazione di fine anno della Dia si ricavano interessanti conferme sull’adeguamento criminale delle mafie nell’attuale fase e sull’oggettiva necessità di rivisitazione del modo di essere del plurale movimento antimafia. In sintesi, la Dia sottolinea come l’espansione delle mafie nelle aree più ricche del paese conserva e rafforza il loro profondo radicamento nelle aree storiche di origine. Tale processo è possibile per una loro capacità di accumulare capitali e “capitale sociale”, di “adattamento in vari ambiti territoriali e sociali” e di “travalicare i confini nazionali”.

È assente nella relazione della Dia una risposta convincente alla domanda del movimento antimafia più avvertito: come siano possibili processi di espansione, favoriti da corruzione e da relazioni con apparati amministrativi, senza una qualche responsabilità della politica?  Tra l’altro in varie occasioni la Procura antimafia, la Commissione Antimafia, i processi in corso (Mafia Capitale tra gli ultimi), la collusione conclamata di uomini politici con la criminalità organizzata, confermano che esiste il problema. Senza dimenticare che un’organizzazione criminale per essere definita mafiosa oltre l’omertà, l’intimidazione, l’assoggettamento (v. art. 416 bis) deve avere un rapporto organico con componenti della politica e delle istituzioni, oltre che dell’economia e della società.

Nell’analisi della relazione Dia è assente questa valutazione che noi auspichiamo venga, invece, assunta come linea guida di approfondimento organizzativo. D’altra parte la stessa Dia, sposando le stime della Banca d’Italia e dell’Istat sull’economia illegale -  10% del Pil dal 2005 al 2008 per la prima, 0,9% del Pil nel 2011 per la seconda – non sottovaluta il rilevante danno procurato allo sviluppo del nostro paese per la mancata realizzazione di investimenti interni e esteri a causa della condizione di insicurezza percepita. Ci auguriamo che il coordinamento interforze e la circolarità delle informazioni su appalti, antiriciclaggio, patrimoni illeciti, possa dare a breve risultati più evidenti sui rapporti mediati con le parti colluse della politica. Il rivelamento informatico di accesso ai contratti di opere pubbliche, attraverso il Sircac, l’Osservatorio Appalti Publici (Ocap), il monitoraggio finanziario delle grandi opere di interesse nazionale, la segnalazione di operazioni finanziarie sospette alla Banca d’Italia, hanno consentito di ottenere importanti risultati che però non evidenziano la relazione con la politica, invece messe al centro di molti procedimenti giudiziari ai quali avrà contribuito la Dia oltre che la Dna.

La stessa relazione con giusto orgoglio rivendica quanto sia vantaggioso finanziariamente per lo Stato oltre che per la democrazia seguire la “scia” dei patrimoni mafiosi, anche se non sono state evidenziate le relazioni tra politica, affari e mafia. Se la corruzione, in questa fase storica, è lo strumento duttile più usato dalle mafie preferito agli omicidi e ad altri atti delittuosi che invece mobilitano gli apparati dello Stato e scuotono l’opinione pubblica; se è vero che non tutti i corrotti sono mafiosi, ma che tutti i mafiosi corrompono, tale piano inclinato porta necessariamente alla collusione e alla reciprocità con la politica. È possibile un appalto senza consenso politico? È possibile un’operazione di riciclaggio senza supporto del mondo bancario e finanziario? Si apre una nuova occasione per arrivare più rapidamente al sequestro e alla confisca dei beni anche in tutti i paesi dell’Ue grazie all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca previsto dal d.lgs. n. 137 dell’agosto 2015. La maggiore consapevolezza sociale e politica di tali criticità non potranno che aiutare Dia, Dna, magistrati, impegnati a contrastare le mafie. Senza sottovalutare i progressi fatti, la questione mafie deve essere materia ordinaria, sempre tra i primi posti dell’agenda politica del Governo, del Parlamento, dei partiti e del movimento antimafia che non deve mai lasciarsi trascinare dalle beghe politiche né dalla antimafia retorica e di facciata. 
 di Vito Lo Monaco

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